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"Bersani: il Prof usa le parole della destra", di Maria Zegarelli

Clima infuocato tra il premier uscente Mario Monti e il candidato del centrosinistra Pier Luigi Bersani. Dalla Cgil, al debito pubblico, al dopo elezioni, la giornata è scandita dal botta e risposta a distanza tra i due leader, in un dialogo Davos-Roma che manda in soffitta i toni pacati, le aperture e il fair play e mette non pochi puntini sulle «i» per il futuro. Monti attacca il sindacato e il Pd che ne subirebbe influenze? Bersani, ospite di Agorà, replica: «È ridicolo parlare di eterodirezione della Cgil sul Pd. Mi stupisco che Monti usi certi luoghi comuni sufflati dalla destra. Un’organizzazione come la Cgil con oltre 4 milioni di iscritti non puoi in premessa metterla fuori, dirti contro, è un sindacato non un partito, è un elemento del paesaggio, è pericolosa una linea di questo genere, caccia fuori in premessa un pezzo di Italia».
Scintille anche sul debito pubblico e i conti del Professore: «Speriamo non abbia messo polvere sotto al tappeto», dice Bersani di prima mattina. «Voglio rassicurare Bersani, non c’è polvere sotto il tappeto», manda a dire Monti invitando «a non spaventare i mercati» e spiegando che quello del segretario del Pd è un «atteggiamento standard perché Bersani crede di essere il prossimo premier, perciò è normale che voglia vedere conti anche se io nel novembre di un anno fa non l’ho fatto». «I mercati sanno leggere e scrivere e sanno che io rispetterò i patti» la controreplica del segretario che se non sospetta «nessun imbroglio e nessuna zona opaca» sottolinea che bisognerà comunque verificare «tra andamento dei tassi di interesse, andamento del ciclo e spese legate alla recessione».
Il leader Pd annuncia di non usare più metafore, da qui alla fine della campagna elettorale (chi lo conosce sa che questa sì sarà una promessa difficile da mantenere), ma dai toni che usa par di capire che non userà più neanche il fioretto se i centristi continueranno a usare argomenti «insostenibili». Così se Casini e Fini pensano di poter guidare la partita se i voti al Senato non dovessero regalare la maggioranza assoluta al centrosinistra e quindi dettare aut aut al Pd sulle alleanze chiedendo la cesura con Sel, Bersani stoppa sul nascere qualunque scenario «stellare», come lo definirebbe lui stesso. «Se lo tolgano dalla testa – dice più tardi in conferenza stampa insieme a Nichi Vendola e Bruno Tabacci – noi siamo persone serie, abbiamo stretto un patto».
Un patto siglato nei mesi scorsi e suggellato da una foto, Bersani-Vendola-Tabacci, (non c’è Riccardo Nencini, segretario del Psi, che non prende bene l’esclusione dai flash e non fa mancare la protesta del suo partito) che viene scattata al Residence Ripetta e manda in soffitta per sempre quella di Vasto.
«Noi abbiamo fatto la foto – dice Bersani – . Monti ne faccia una con Casini e Fini, Ingroia con Di Pietro e Berlusconi con Storace e Maroni… Qui esistono delle coalizione a confronto, ma vengano fuori in maniera chiara e trasparente, noi non abbiamo costruito la nostra in vitro», dice mentre Vendola annuisce e Tabacci sorride. Una coalizione, dice il segretario Pd, «che vuole lavorare per la vittoria, verificata da milioni di persone e quindi siamo in condizione di offrire una prospettiva di governo con vera proposta di governo».
Vendola sembra voler rispondere una volta per tutte al tormentone che lo perseguita dall’inizio di questo patto con il Pd: «Sel sarà un fattore di stabilità, mi fanno ogni giorno gli esami del sangue ma la mia Regione è un esempio di capacità di governo vista da qualuque indicatore economico: possiamo dare lezioni di buon governo. Vogliamo fare della prossima stagione una stagione di riformismo forte che aggredisca la crisi economica e sociale. Se usciamo dalla disputa ideologica ed entriamo nel merito delle cose forse è più facile capire le nostre intenzioni». Lavoro, equità e giustizia sociale al centro dell’azione di governo, di pari passi con leggi per i diritti civili.
Se non ci sarà la maggioranza al Senato Vendola come si rapporterà con i centristi di Monti? «Io sono vincolato dalla carta “Italia bene comune”, l’ho sottoscritta e la rispetterò dalla prima all’ultima riga. Se vincesse chi sta facendo campagna per impedire la vittoria del centrosinistra (il riferimento è sia a Monti sia a Ingroia, ndr) o per dare al centrosinistra una vittoria azzoppata, credo che Pier Luigi Bersani si debba presentare davanti alle Camere con il programma che abbiamo sottoscritto insieme e vedere se su quell’agenda ci possono essere i numeri per un’alleanza di governo». Non ci sarà «deflagrazione», promette il governatore pugliese, «le differenze saranno ricchezze tra di noi».
Quando è Tabacci a scavalcare a sinistra Vendola – prendendo il suo posto al tavolo per le spietate regole delle riprese tv – «vedrai quante volte ti scavalcherò a sinistra» si rivolge al Professore: «All’agenda Monti preferisco l’agenda Tabacci». Bersani sul tema: «Chi governa deve chiedere al Paese la forza per governare, dopodiché cercheremo il dialogo con le forze europeiste e moderate, ma chi vince deve condurre la barra politica. Se no, le elezioni che cosi si fanno a fare? Per sport?». Vendola sotto- linea: come controparte meglio la destra moderata ed europeista, quella di Monti, che la destra populista di Berlusconi e Lega.
Altro sassolino dalla scarpa sul cambiamento. Bersani ai centristi: «Il tema della presenza femminile è la cartina di tornasole del cambiamento. Ora per favore mi dicano Monti, Casini, Ingroia, quante donne sono in posizione eleggibile nelle loro liste. Il rinnovamento non si fa a chiacchiere». Vendola al vetriolo con Ingroia: «Le rivoluzioni fatte solo dai maschi sono incivili». A chi insiste sull’incognita Senato, e sul dialogo con l’ex pm, Bersani risponde con una do- manda: «E se vincessimo?».

l’Unità 25.01.13

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