Monti adesso ha paura di Bersani e, davanti a ogni telecamera, grida forte il suo «attenti al lupo». Pare che dietro il suo struggente innamoramento per i toni caricaturali, prediletti da certi media sia vecchi che nuovi, ci sia lo zampino del guru di Barack Obama. Sembra anche che proprio da oltreoceano gli sia venuto il suggerimento di surriscaldare ad arte il volume della polemica per conquistare così un po’ di visibilità. Certo, lascia sgomenti un senatore a vita che sale in politica perché i vecchi professionisti erano alla guida di macchine urlanti e rissose, e poi assume anche lui un tono muscolare e aggressivo degno del peggior tempo antico.
Il caldo febbraio del Professore, che preannuncia una inverosimile escalation della sua verve polemica, desta un immenso stupore. Poiché la comunicazione è sempre al servizio di una politica, altrimenti è solo una innocua esibizione in attesa di una porzione magica, non guasterebbe che Monti chiarisse a se stesso il senso della sua operazione politica. Che un tecnico, che ritiene giusto assegnare le pagelle sulla capacità e
sul rendimento degli altri politici, diventi all’improvviso il terminale irriflessivo di una strategia di marketing studiata in America è in fondo l’attestato di un fallimento. L’ethos con il quale Monti intende presentarsi all’opinione pubblica è quello del competente che sfida gli altri leader a un confronto serrato sui contenuti o è invece quello assai indefinito di un cavillatore eristico, lo chiamerebbe Aristotele, che fugge dalla referenzialità delle sue proposte economiche e fiscali?
La comunicazione è una sorta di rito sciamanico, e non porta ad alcun giovamento sul piano del consenso, se prima non si ha in mente una efficace strategia politica alla quale innervarla. E quale sia la reale proposta politica di Monti è oggi davvero un’impresa disperata comprenderlo. Recita un ruolo e simula un altro, annuncia aperture e poi fa marcia indietro, nello stile del
più vetusto teatrino della politica. D’accordo, i sondaggi non gli sono favorevoli, ma come è credibile una risalita ottenuta con delle figure mediatiche surreali che mettono Bersani e Berlusconi sullo stesso piano e civettano nientemeno con Grillo? Monti dovrebbe chiarire se intende giocare con la seduzione di un populismo mite e antipolitico, oppure assumere un ruolo costruttivo nell’uscita dalla crisi italiana con un bipolarismo ritrovato.
Forse sarebbe utile per il professore una vitale distrazione dal ruolo poco suggestivo di neofita dei media incantato dalle alchimie ingannevoli della comunicazione. Il ritorno ad un po’ di concentrazione sul pensiero delle cose della politica lo aiuterebbe a uscire dalle nebbie. Il «magismo» della comunicazione come arcana scienza lo danneggia, lo rende un apprendista stregone.
L’Unità 24.01.13