«Che cosa è la discriminazione? È la condizione per la quale i “diversi” in qualche cosa sono discriminati dagli eguali che, in relazione a quella cosa, sono maggioranza. L’essere discriminati è una condizione di ingiustizia e di sofferenza.» Nella società del pubblico chi gode di fama può svolgere un ruolo rappresentativo di milioni di persone. Senza essere stati scelti o votati, è proprio l’essere sotto i riflettori del mondo che rende quel che le celebrità sono e dicono rappresentativo. Questa funzione di rappresentanza simbolica è stata perfettamente svolta da Jodie Foster che ha usato il palcoscenico più globale e popolare – la cerimonia di assegnazione del Golden Globe – per fare un’opera di testimonianza che ha un valore immenso per la vita ordinaria di molti uomini e donne, in tutti i paesi del mondo. Premiata per il film Modern Family,di cui è attrice, regista e produttrice, Jodie Foster ha pronunciato un discorso di ringraziamento personale che ha lasciato senza parole (e commossi) tutti i presenti. Per la prima volta ha parlato esplicitamente della sua vita privata, dei figli e della compagna di vent’anni (“gli amori della mia vita”), e infine della sua decisione di vivere come single. Ringraziandola ha definito la compagna «la mia eroica co-genitrice, la mia ex partner in amore e sorella dell’anima per la vita». Jodie Foster ha fatto questa sua testimonianza poche ore dopo che le agenzie hanno fatto circolare le immagini della manifestazione parigina contro il riconoscimento delle coppie omosessuali e lesbiche, proposta dal governo Hollande.
Di qua dell’Oceano, e a dispetto della diagnosi dei sociologi che parlano di quella europea come di una società secolarizzata, la vita per chi non è “regolare” è e resta durissima. Non soltanto perché chi non è eterosessuale non gode degli stessi diritti di chi lo è (come poter ereditare, poter far visita al proprio partner in ospedale, poter avere figli riconosciuti), ma anche perché deve in aggiunta subire la gogna della discriminazione nella vita sociale ordinaria da parte di quei tanti concittadini che sono convinti di essere dalla parte giusta (e quindi maggioranza), spessissimo offensivi e violenti nel linguaggio e troppo spesso anche nei comportamenti con coloro che hanno solo una colpa: quella di fare scelte secondo la propria autonomia di giudizio. Un diritto che le consuetudini e soprattutto le religioni, dalla musulmana alla cattolica, non riconoscono e anzi stigmatizzano come causa di disgregazione della famiglia.
Che cosa è la discriminazione? È la condizione per la quale i “diversi” in qualche cosa sono discriminati dagli eguali che, in relazione a quella cosa, sono maggioranza. L’essere discriminati è una condizione di ingiustizia e di sofferenza. Perpetrata sia dal potere che dall’opinione. Da chi gestisce i poteri dello Stato, soprattutto dal potere politico quando si oppone a leggi che possono rendere giustizia a tutti egualmente; e dai cittadini ordinari con il loro comportamento sociale discriminatorio per ragioni di mentalità. La denuncia della discriminazione presume sempre una rivendicazione di eguaglianza di dignità e di considerazione (la premessa morale di eguale valore di tutte le persone) ed è una denuncia degli effetti perversi che può avere un rapporto non equilibrato di potere, per cui chi è fatto oggetto di discriminazione è generalmente la parte debole o perché meno numerosa e con basso potere di contrattazione. Se la discriminazione è perpetrata dagli organi di uno Stato democratico costituzionale, la vittima ha per legge il diritto di appellarsi contro decisioni giudicate discriminanti e di usare gli strumenti giuridici per poter difendere le proprie ragioni e nel caso di vittoria di essere risarciti per l’offesa subita – ma si tratta di un diritto che si scontra spesso con l’opinione della maggioranza che alligna anche nella mente dei giudici. A questa condizione formale fa spesso seguito una situazione concreta densa di cultura che rende il diritto all’eguale trattamento da parte della legge, cioè il non essere discriminati, meno certo di quanto sia desiderabile. Questo è il caso della legislazione sul riconoscimento delle coppie omosessuali e lesbiche.
Inoltre, la discriminazione può anche manifestarsi in forma di ingiustizia morale attraverso comportamenti offensivi verso ciò che una persona è, il modo in cui vive (se omosessuale, membro di una comunità nazionale, razziale, linguistica, o di una classe sociale). Essere discriminati nelle relazioni quotidiane e di vita sociale può voler dire avere difficoltà a trovare un lavoro, ad affittare una casa, a svolgere bene le proprie funzioni lavorative o professionali, avere accesso alla formazione educativa, e infine avere poca voce nella rappresentanza politica.
Per chi la subisce, la discriminazione è una ragione di sofferenza poiché seguita dalla solitudine di chi non ha sufficiente potere. Per questo la rappresentanza simbolica è molto importante. Perché tra le altre cose dà a chi è rappresentato il senso di non essere solo, di non essere un’esigua minoranza, di avere testimonial che possono spendersi per loro.
La Repubblica 18.03.12