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Bersani: «Niente Imu per chi paga fino a 500 euro», di Maria Zegarelli

̀ E’ la pressione fiscale il tema caldo di questa campagna elettorale. Come alleggerirla e rendere meno duro per le famiglie italiane far quadrare il bilancio. Pier Luigi Bersani, ospite del salotto buono della Rai, Porta a Porta, non promette miracoli, «useremo parole di verità», aveva promesso subito dopo la vittoria delle primarie, e quindi punta a quello che è concretamente possibile fare. Primo: abolire l’Imu – «un calice amaro per il ceto medio e non solo per quello» – per chi ora paga fino a 500 euro, compensando il minor gettito nelle casse dello Stato con un innalzamento progressivo delle altre aliquote e inserendo «un’imposta personale sui grandi patrimoni immobiliari», quelli cioè che superano «1,5 milioni di euro catastali, che equivalgono a circa 3 milioni sul mercato. Mi pare che ci si può stare», dice rispondendo alle domande di Bruno Vespa. Eliminarla del tutto, come promette Silvio Berlusconi, sarebbe impensabile, «in tutti i Paesi del mondo c’è una tassazione sugli immobili e la tassazione sugli immobili ha una sua logica. Per noi bisogna alleggelirla: ma dire non alla prima casa non ha senso, perché uno può aver come prima casa anche la Reggia di Caserta». Secondo: detassare il lavoro stabile e rendere più oneroso per le aziende quello precario. Dunque, nessuna proposta rivoluzionaria, quella che l’altra sera il Cavaliere ha lanciato dagli stessi studi, «mi spiace che Berlusconi non abbia notato che una delle nostre battaglie in Parlamento, ai tempi della legge Fornero, era questa». E sulla tanto temuta patrimoniale, il leader del centrosinistra chiarisce: «Non ho mai parlato di patrimoniale in senso stretto. Io sto parlando di tassazione sugli immobili, credo che possiamo fare un’operazione redistributiva, non di aggravio nel complesso». Pensa anche ad una tassa sui valori mobili, purché affiancata da un meccanismo che consenta di fare «emergere la ricchezza», senza mandare al diavolo i ricchi (come ha detto l’alleato Nichi Vendola), ma facendogli pagare il giusto per restare qui nel loro Paese. Escluso il redditometro, «non lo ritengo efficace», niente affatto esclusa, invece, una nuova manovra correttiva nel 2013, « non la ritengo affatto inevitabile – spiega – . Certamente dovremo valutare il tema in base alla crescita e se c’è un po’ di polvere sotto il tappeto. A febbraio-marzo si vedrà, aspettiamo i dati. Io non dico niente, io non la indico».
Ma se agli italiani il messaggio che manda è di un centrosinistra al governo che punta all’equità e al lavoro, a Mario Monti e a Pier Ferdinando Casini ne invia diversi e tutti squisitamente politici. Innanzitutto: anche nella «denegata ipotesi» che il centrosinistra non riuscisse a raggiungere la maggioranza al Senato al governo andrà il leader che avrà preso più voti, perché «non mi piace l’idea che comincia a correre di nuovo che il business per l’Italia sarebbe azzoppare la vittoria di qualcuno per essere determinante, secondo lo schema logico che deve governare chi ha preso meno voti, lo schema-Casini. Io ho fatto le primarie per far capire che i voti ci vogliono». Dunque Casini e Monti non pensino di far pesare un eventuale terzo posto per reclamare Palazzo Chigi, anche perché «c’è un Presidente della Repubblica che guiderà il traffico».
Bersani pur senza risparmiare critiche al suo competitor – per il presente ma anche per il passato, compresa la spending rewiev di Bondi, «che assomiglia di più ai tagli lineari» – non chiude la porta. L’unica via che vede complicata è quella del Professore verso il Colle, ipotesi che oggi vede «meno probabile», come ammesso dallo stesso Monti.
Per il futuro, invece, dice Bersani, «l’Italia ha problemi tali da dover avere un governo con il 51% e chi governa deve saper ragionare come se avesse il 49%, quindi continuare a cercare quel dialogo «con tutte le forze che non sono antieuropee e populiste». Annuncia che sabato presenterà il programma della coalizione, anticipa le prime misure se vincerà le elezioni: «I primi provvedimenti li voglio dedicare al tema del civismo e della moralità pubblica. Per esempio ci vuole una legge sui partiti e norme più drastiche contro la corruzione, conflitto di interessi e norme antitrust perché i mercati funzionano. E poi alcuni diritti: io non sopporto che i figli di immigrati non sono nè immigrati nè Italiani».
Assicura: le tensioni con il Psi a causa delle liste sono ormai superate; aggiunge che Antonio Ingroia non lo convince, «la questione della legalità – spiega – non può diventare il tema di una fazione, di un magistrato contro l’altro. E brandire il tema della legalità in una maniera che non è coerente con la funzione di governo non mi convince». E all’immancabile domanda sulla sua alleanza con Vendola e i fantasmi dell’Unione replica: «Guardarci come fossimo quelli di una volta non ha senso, non ha senso guardare le cose con occhiali vecchi». Idem sentire con l’Ue: «rispetteremo gli impegni presi», ma qualcosa deve cambiare se è vero come è vero che adesso «l’Ue dice che alcune cose si possono fare, a differenza di un mese fa». Sì all’austerità ma anche misure per la crescita e l’occupazione. Per questo al presidente dell’eurogruppo, Jean Claude Junker dice: «Deve fare un passo avanti in questo ragionamento».

L’Unità 11.01.13

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