C’è un’attesa spasmodica per la crescita dell’economia ma ancora non è chiaro in quali modi essere suscitata. La politica non riesce a dare l’impulso capace di determinare l’inversione del ciclo per far ripartire una nuova fase di sviluppo. Occorre mettere in moto un meccanismo virtuoso in grado di autoalimentarsi.
Per questo sono essenziali aspettative ottimistiche che possano rompere il clima di sfiducia che paralizza l’economia. Ma, per affermarsi, tali aspettative hanno bisogno di azioni concrete ed efficaci.
Finora le maggiori banche centrali hanno praticato una politica di espansione monetaria. Ma la maggiore offerta di moneta non è stata accompagnata da un aumento equivalente della velocità di circolazione. Dalla fine del 2008 la velocità di circolazione, cioè la frequenza media con cui un’unità di moneta è spesa in beni e servizi, è letteralmente crollata su valori più bassi di quelli che si ebbero dopo la Grande Crisi del 1929. Di conseguenza, la maggiore quantità di moneta immessa nell’economia non ha prodotto finora un significativo recupero dei consumi delle famiglie e degli investimenti delle imprese. La moneta deve riprendere a circolare e per questo è vitale che vengano rovesciate le aspettative improntate al pessimismo e sia messo in moto un processo virtuoso.
Una spinta verso un nuovo ciclo di crescita può provenire da grandi ondate di innovazioni tecnologiche. Le innovazioni permetterebbero di aumentare il potere di acquisto delle famiglie e potrebbero creare nuove opportunità di investimento. Ma grandi innovazioni tecnologiche non sono per ora visibili.
Secondo la maggior parte degli economisti liberisti, un’altra strada per riattivare l’economia passa per una maggiore competitività da ottenersi attraverso l’abbassamento del costo del lavoro. Si tratta di un’opzione che non è né praticabile né consigliabile, poiché deprimerebbe ulteriormente i consumi.
Crediamo, invece, che aspettative più ottimistiche possano consolidarsi attraverso una netta ripresa della domanda pubblica. Si tratta della vecchia, ma sempre attuale, ricetta keynesiana: un’espansione dell’occupazione nel settore pubblico che sia accompagnata da un deciso rilancio delle commesse statali per trainare l’occupazione, la produzione e gli investimenti delle imprese private. In questo ambito si pongono due questioni: che tipo di intervento pubblico e come finanziarlo.
Quanto al primo punto, sembra opportuno puntare sulla riconversione ecologica dell’economia per ridurre la dipendenza dell’Europa dai combustibili fossili; e l’inquinamento. In particolare, si potrebbe promuovere: a) corsi di educazione ambientale per i giovani; b) impianti per la selezione, il trattamento e il riciclo dei rifiuti e per la depurazione delle acque; c) la sostituzione dei mezzi di trasporto pubblici a gasolio e a benzina con quelli ibridi ed elettrici; d) la sostituzione delle materie plastiche e i prodotti chimici con prodotti biologici e biodegradabili; e) impianti che permettano di ottenere energia pulita; f) l’agricoltura biologica, la difesa del suolo e un vasto programma di riforestazione, di bonifiche di aree industriali e di recupero di zone urbane degradate.
Per il finanziamento sarebbe finalmente il momento di lanciare i famosi “Eurobond”, unico modo per superare i limiti dei singoli bilanci nazionali in un’Europa integrata e solidale.
La Repubblica 10.01.13