La conferma, forse, fa più male della parola che bolla e boccia il sistema carcerario italiano: «inumano». Perché l’Italia, secondo la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, viola i diritti dei detenuti riservando per loro un trattamento «degradante» e «inumano» appunto, tenendoli in celle di meno di 3 metri quadrati a testa in un sovraffollamento «strutturale e sistemico». Una situazione già nota (come dice il ministro Severino che si dichiara comunque «avvilita» per non essere riuscita a portare avanti il ddl del governo sulle misure alternative al carcere) e che i numerosi suicidi dei detenuti (due già dall’inizio del 2013) confermano. Ed è di poche settimane fa il clamoroso sciopero della fame e della sete del leader dei Radicali, Marco Pannella.
Una «mortificante conferma», secondo il capo dello stato Napolitano, «della perdurante incapacità del nostro stato a garantire i diritti elementari dei reclusi in attesa di giudizio e in esecuzione di pena», e nello stesso tempo di una sollecitazione pressante da parte della Corte a imboccare una strada efficace per il superamento di tale ingiustificabile stato di cose». Ora toccherà al nuovo parlamento, vista l’incapacità di quello uscente (che «avrebbe potuto, ancora alla vigilia dello scioglimento delle camere, assumere decisioni, e purtroppo non l’ha fatto»), affrontare la questione con misure «rapide ed efficaci». Monito che Anna Finocchiaro fa proprio («toccherà al centrosinistra rendere più umane le condizioni dei penitenziari ») puntando il dito contro Pdl e Lega che hanno affossato il ddl del governo.
La seconda condanna dell’Italia (la prima è del 2009, sempre per sovraffollamento) arriva dopo la denuncia di sette carcerati (che dovranno anche essere risarciti) delle prigioni di Busto Arsizio e Piacenza che avevano protestato non solo per la mancanza di spazi vivibili in una cella condivisa ma anche la mancanza di acqua e illuminazione in alcuni periodi. Il problema della mancanza di spazio nelle celle, però, non riguarda solo i sette ricorrenti: la Corte europea ha già ricevuto più di 550 ricorsi da altri detenuti. L’Italia quindi ora dovrà dotarsi, entro un anno, di un sistema di ricorso interno che dia modo ai detenuti di rivolgersi ai tribunali italiani per denunciare le proprie condizioni di vita nelle prigioni e avere un risarcimento per la violazione dei loro diritti.
da Europa Quotidiano 09.01.13