Manca una manciata di ore alle fine dell’anno e tra i bilanci che si possono trarre quello sull’emorragia di posti di lavoro è probabilmente il più pesante. La Cgia di Mestre stima che nel 2012 si conteranno 609.500 disoccupati in più che portano il totale a 2.717.500, pari a un tasso di disoccupazione del 10,6%. Quanto all’anno venturo il pronostico è di circa 3 milioni di disoccupati e un tasso all’11,5%. Non sono buone notizie. Del resto senza ripresa per vederne un barlume si dovrà aspettare la fine del 2013 è difficile immaginare livelli migliori di occupazione.
IL CASO DELLE COSTRUZIONI Nell’edilizia, ad esempio, una distanza siderale divide i dati attuali da quelli pre-crisi. Anche nell’Italia del mattone, le costruzioni vivono una crisi fortissima. Il segretario generale della Fillea-Cgil, Walter Schiavella, la definisce uno «tsunami» che dal 2008 ad oggi ha spazzato via 360mila posti di lavoro, che salgono a più mezzo milione se la base si allarga ai settori collegati come la produzione di materiali per le costruzioni, l’industria del legno e dell’arredo, i lapidei. Per diciannove trimestri consecutivi si è visto il segno meno, è la crisi più pesante dal dopoguerra per il settore più anticiclico che ci sia, quello cioè che tende a frenare gli effetti di una determinata congiuntura. «Abbiamo perso il 30% della produzione ed il 40% degli investimenti pubblici, tra il 2008 ed il 2010 il crollo del fatturato complessivo è stato di oltre il 16% argomenta Schiavella Abbiamo 60mila imprese fallite e nell’edilizia in senso stretto si registra una caduta verticale di tutti gli indicatori a cominciare dalla perdita di 2 miliardi di massa salariale». Per Schiavella a questa situazione si è arrivati per il combinato di due fattori: «Uno congiunturale provocato dalla bolla immobiliare del 2008, e uno strutturale, ovvero la crisi di un modello industriale obsoleto che non ha saputo capitalizzare gli anni di crescita per rafforzare la qualità delle imprese, sia in dimensione che in investimenti finalizzati alla ricerca e all’innovazione dei materiali e delle filiere». Gli ultimi dati dell’edilizia provenienti dalle Casse edili dimostrano che rispetto al 2008 c’è stato un calo del 31% degli addetti, del 35% delle ore lavorate e del 25% della massa salari. Dati che al Sud raggiungono punte massime, con il primato negativo di Sassari, dove si registra -47% di ore lavorate e addetti e -39% di massa salari. Segue Taranto, con -47% di ore, -35% addetti e -38% massa salari, poi Salerno con -41% ore, -38% operai e -31% massa salari. «Non sono dati di una semplice crisi ma, se non si interviene immediatamente, di un tracollo sistemico». All’allarme del sindacalista fa eco quello speculare dei costruttori. «La situazione è drammatica», afferma il presidente dell’Ance Paolo Buzzetti che sintetizza la perdita di occupazione dal 2008 ad oggi in 72 Ilva di Taranto, o 450 Alcoa, oppure in 277 Termini Imerese. Come dire, non c’è solo l’industria. Secondo i calcoli dell’Ance, il Paese ha ancora bisogno di immobili: a fronte di un fabbisogno potenziale di 600mila abitazioni, nel primo semestre 2012 le compravendite sono calate del 24%. Escluso il rischio di una bolla immobiliare, «resta l’incertezza estrema che scoraggia e rinvia le decisioni di investimento delle famiglie, per le difficili prospettive del mercato del lavoro e per la flessione del reddito disponibile». Le imprese delle costruzioni hanno così rivisto al ribasso le stime del 2012 e le previsioni per il 2013. Secondo l’indagine congiunturale Ance di dicembre, gli investimenti fletteranno del 7,6% contro il -6% pronosticato a giugno, e un ulteriore calo del 3,8% è previsto per il 2013.
L’Unità 30.12.12
Pubblicato il 30 Dicembre 2012