La presidente della commissione cultura è in campo: «Sono qui perché me lo ha chiesto il territorio». Di nuovo in campo. Manuela Ghizzoni è, come si dice in gergo sportivo, carica. Dopo sei anni e mezzo di Parlamento, dove è cresciuta da capogruppo a presidente di commissione cultura, prova a mettersi in gioco nel terzo mandato. Con qualcosa da rivedere sull’ultimo governo e qualche compito rimasto in sospeso per la chiusura anticipata della legislatura. Partiamo dalla fine: che primarie saranno? «Vere e soprattutto aperte. Apertissime. Il risultato sarà molto incerto fino all’ultimo. Mai prima d’ora il partito ha messo in campo un confronto di questa levatura. Come è giusto che sia, vista la posta in palio». Teme le sue avversarie? «Io prima di tutto la vedo nell’ottica della costruzione di un percorso politico virtuoso al quale il nostro partito non si è sottratto. Poi, è vero, si tratta di una sfida che voglio giocarmi fino in fondo perché sono convinta di poter dare il mio contributo». Renzi o non Renzi, si è tanto parlato di rinnovamento in questi mesi. Si sente nel mirino dal momento che è una parlamentare uscente e il suo nome non è mai stato messo in discussione, a differenza di altri, dall’inizio di queste primarie? «Dico con molta franchezza e tranquillità che non ho scelto io di ricandidarmi. Quando è stata ora di presentarsi davanti a questa scadenza, ed era ovviamente tempo di decidere, ho semplicemente fatto una cosa: chiesto ai territori di riferimento, che nel mio caso sono la zona di Carpi e la Bassa, che cosa pensavano di una mia eventuale ricandidatura . La risposta è stata positiva, quindi eccomi qua». Pensare che la davano già per nuovo sindaco di Carpi… «L’ho letto sui giornali. Ci sono dinamiche che escono fuori dal tempo in cui si vive. La verità è che sono a disposizione per provare a portare a Roma l’esperienza e la capacità che arrivano dai nostri territori». Lei lascia Roma da presidente della commissione cultura alla Camera. Che esperienza è stata? «Molto vicina ai bisogni della gente. Ho registrato rammarico e preoccupazione per una legge di stabilità, approvata ormai un anno fa, in tutta fretta. Mi batterò per riportare equità, che è quello che è mancato in questi ultimi mesi. Ho un giudizio a luci e ombre su quello che è stato fatto, sebbene si debba tenere conto della situazione di grave crisi in cui tutto questo è avvenuto. Credibilità, soprattutto a livello internazionale, l’abbiamo ristabilita. Ora si tratta di connettersi nuovamente coi cittadini sui bisogni primari e dare risposte. E per fare questo ci vuole un partito che ci metta la faccia». Qualche rammarico su quanto non ha potuto fare in questi mesi? «Piuttosto mi dispiace non avere completato alcuni dei percorsi messi in atto per migliorare la condizione dei lavoratori nel mondo della cultura: penso agli archivisti, agli archeologi, professionalità incredibili che tutto il mondo ci invidia e che avrebbero bisogno di maggiore considerazione. ma la preoccupazione più grande deriva dalla situazione del mondo universitario. C’è un problema oggettivo di tenuta del sistema, 300 milioni in meno nel fondo per l’università sono una enormità difficile da gestire e rispetto alla quale si rischia davvero di fallire e di coinvolgere in questo i tanti giovani di talento che abbiamo. Questo è un problema aperto che dovrà essere affrontato da subito». Chi vincerà domenica? «Modena da sempre esprime una classe dirigente di grande valore. E sarà così anche questa volta. Io vengo dal mondo della scuola e mi ritrovo molto nel sostenere che la candidatura, qualunque essa sia, debba essere di natura collettiva». E sarà così anche questa volta, perché a decidere saranno i cittadini.
La Gazzetta di Modena 28.12.12
Pubblicato il 28 Dicembre 2012
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