«Ci sono i titoli ma mancano le proposte»: giudizio netto quello di Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, sull’agenda Monti. «È stata una lettura deludente, priva di pensiero innovativo. Un déjà vu», dice il capo del più grande sindacato italiano additato proprio dal premier dimissionario come uno dei soggetti della conservazione.
Camusso, ma lei se l’aspettava che Monti scegliesse l’impegno politico?
«Lo dissi in tempi non sospetti che il cosiddetto patto per la produttività, quello che la Cgil non ha firmato, costituiva un’operazione politica. Dunque non mi ha stupito la mossa di Monti anche se rimango perplessa su come un governo nato super partes possa partecipare a una competizione elettorale ».
Quella sulla produttività era un’operazione politica perché finiva per escludere la Cgil?
«Perché sceglieva uno schieramento, dava vita a una grande coalizione attraverso la quale realizzare un’operazione di divisione».
Che poi ha portato Monti a definire la Cgil conservatrice?
«Non mi affascina dare voti. Certo quella mi pare una tesi ardita tanto più che proviene da chi ha negato la concertazione e al massimo ha “concesso” la consultazione ».
Resta il fatto che Monti vi considera un ostacolo all’innovazione.
«Mi pare che a partire dal capitolo sull’Europa, l’agenda Monti sia totalmente espressione di una posizione conservatrice. Rispetto a un dibattito che si pone il tema della federazione degli stati europei, il programma del presidente del Consiglio è fermo al fiscal compact. Da quella concezione dell’Europa deriva anche l’assenza delle politiche sociali nell’azione del governo e che l’agenda ripropone».
I vincoli europei vanno però rispettati. O pensa che vadano ridiscussi?
«Certo che quei vincoli vanno rispettati. E capisco che dopo Berlusconi andava precisato, ma non si può ridurre l’Europa al fiscal compact».
Ritiene che ci siano somiglianze tra il programma di Monti e quello del ‘94 di Berlusconi?
«Alcuni lo pensano, io no. sa che mi sconcerta è l’idea che nella società civile esistano solo gli imprenditori. Non c’è nient’altro. Manca la società che certo è un paradosso per chi sostiene — e io condivido — che si debba superare l’individualismo per ritornare a una dimensione collettiva. La “mancanza di società” conduce così a sorvolare sui temi decisivi come per esempio quelli della cittadinanza per tutti coloro che nascono in Italia o della laicità».
Quale ruolo pensa abbia avuto la Chiesa nella costruzione della discesa in campo di Monti?
«Penso che la Chiesa si sia fin troppo occupata della sfera secolare del potere. Ma è difficile non vedere una sua influenza nella concezione tradizionalissima e poco realistica della famiglia, quale emerge dall’agenda Monti».
Non è d’accordo con Monti quando sostiene che si deve ridare vigore alla produzione indu-
«Significativamente il capitolo sull’industria comincia citando tre casi: Ilva, Alcoa, Irisbus. Perfetto: tre vertenze non risolte. Le ricordo che Monti è il presidente del Consiglio dimissionario. Quelle vertenze le ha gestite anche il suo governo».
C’è anche la proposta di istituire un Fondo per le ristrutturazioni industriali. Non le piace?
«Il limite di quell’agenda è che si affida tutto al fisco e alla ripresa degli investimenti dei privati. Allo Stato non viene affidato alcun compito. Perché non si propone di incrementare gli investimenti pubblici produttivi? L’unica leva su cui si opera è quella fiscale. Si riduce tutto a una manovra fiscale, con l’attivazione di crediti di imposta, di defiscalizzazioni, di trattamenti fiscali diversificati. Per il resto ci sono i temi, ma mancano i relativi svolgimenti».
Sul lavoro c’è un pacchetto di proposte sui giovani e le donne. Idee conservatrici?
«Si dice che c’è il dualismo nel mercato del lavoro ma non come uscirne. E soprattutto si dice che non vanno toccate le nuove norme sul lavoro. Difficile non essere d’accordo che al massimo si possa rimanere disoccupati per un anno. Domanda: come?».
Quello sulle donne non è un capitolo originale?
«Per la verità Monti aveva detto le stesse cose nel suo discorso di insediamento davanti alle Camere. E poi sono almeno dieci anni che noi della Cgil, forti anche di uno studio proprio della Bocconi, sosteniamo che con 100 mila nuovi posti di lavoro di donne il Pil potrebbe crescere dell’1,5 per cento. Ma poi, le politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia Monti pensa di farle con la leva fiscale o con i servizi pubblici? Di tutto questo non c’è traccia. Così come sono stati espunti il Mezzogiorno, la coesione sociale, e lo stesso fenomeno della povertà infantile».
Eppure si riconosce la centralità della scuola. Più che la Thatcher, come lei ha detto, Monti copia Tony Blair. Non crede?
«Sulla formazione e la scuola, al di là del titolo, il documento cita solo la valutazione degli insegnanti e nulla dice come rimediare ai tagli. Mi pare davvero poco se, come penso, su scuola e formazione costruiamo il nostro futuro».
La Repubblica 28.12.12
Pubblicato il 28 Dicembre 2012