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“Cambiano disoccupazione e mobilità: arriva l’Aspi”, di Felicia Masocco

Ancora pochi giorni al debutto dell’Aspi, una sigla che sta per Assicurazione sociale per l’impiego e con cui si dovrà familiarizzare. Dovranno farlo soprattutto i disoccupati visto che l’Aspi dal primo gennaio sostituirà l’indennità di disoccupazione come previsto dalla riforma del Lavoro firmata Elsa Fornero. A partire dal 2013, l’Aspi chiama in causa i disoccupati involontari mentre nel 2017, quando la sua applicazione sarà a regime, sostituirà anche l’indennità di mobilità. Il primo gennaio esordisce anche la mini-Aspi che invece va a sostituire l’indennità di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti. La nuova assicurazione si applica a tutti i dipendenti del settore privato e a quelli pubblici a termine e prevede, almeno per i primi sei mesi, un «sostegno al reddito» più pesante dell’attuale indennità, erogato per un periodo più lungo (per la disoccupazione), ma drammaticamente più corto per chi va in mobilità. A regime l’Aspi sarà erogata per 12 mesi (a fronte degli 8 attuali per il sussidio di disoccupazione) se si hanno meno di 55 anni e per 18 mesi se si é over 55 (a fronte dei 12 attuali per gli over 50). L’importo dell’indennità passa per sei mesi dal 60% della retribuzione attuale al 75% con un tetto massimo di 1.119,32 euro. Per avere diritto all’Aspi, rimangono invariati requisiti che oggi consentono di accedere all’indennità di disoccupazione, ossia bisogna essere disoccupati; possedere almeno 2 anni di anzianità assicurativa e aver lavorato (con contributi regolarmente versati) per almeno 52 settimane nell’ultimo biennio.
A REGIME NEL 2017
A ben guardare però non è tutto oro quel che riluce. L’inclusione di nuovi soggetti, cioè l’estensione della platea agli apprendisti e ai soci di cooperativa non è una novità, ma la ratifica di una norma del 2004 anno in cui questi lavoratori sono stati inseriti nel novero degli aventi diritto alla cassa integrazione in deroga: «Quel che cambia è l’ordinamento», precisa Claudio Treves, responsabile Dipartimento politiche del Lavoro della Cgil. Anche sull’importo c’è da eccepire qualcosa: «È vero che viene a cadere il cosiddetto primo massimale di riferimento (quello della cig) per cui l’”assegno” è di fatto più alto e non c’è neanche la trattenuta contributiva, ma questo vale per i primi sei mesi spiega Treves A partire dal settimo, l’indennità subisce un taglio del 15% e un’ulteriore decurtazione del 15% verrà praticata a partire dal 13esimo mese». Anche per la durata c’è da distinguere tra disoccupazione e mobilità: quest’ultima cambierà da 2017 e non dal 2014 come inizialmente previsto («uno slittamento per cui la Cgil si è a lungo battuta»). Le norme attuali salvaguardano il reddito di un disoccupato ultra 50enne per 3 anni al Centro-Nord e per 4 al Sud, con le nuove norme a partire dal 2017 l’indennità di mobilità sarà di 12 mesi per i disoccupati fino a 55 anni e di 18 mesi per chi ha più di 55 anni. «Il taglio della tutela in questi casi è fortissimo continua Treves Senza contare che l’indennità di mobilità prevede anche contributi previdenziali figurativi, quindi non si taglia solo il sostegno al reddito ma anche la contribuzione previdenziale». Infine una considerazione più generale: «Questa indennità viene spacciata come un sussidio universale e invece non lo è conclude il sindacalista Co.co.pro, partite Iva e altri rapporti di lavoro atipico o precario continuano a non avere nessun sussidio».
L’Unità 27.12.12