IL 2012 è l’anno di Monti. Non solo dal punto di vista politico, ma anche dell’informazione. Del rapporto fra gli italiani e i media. L’intreccio fra Rai e Mediaset, quasi indissolubile al tempo del governo Berlusconi, si è allentato. RaiSet si è spezzata. Almeno, agli occhi degli italiani. È ciò che emerge dal sondaggio di Demos-Coop, per l’Osservatorio sull’informazione, pubblicato oggi. Lo dimostra, anzitutto, la fiducia nel Tg1, il notiziario “istituzionale”. Durante la direzione di Augusto Minzolini aveva subito un pesante declino. Dal 2007 (quand’era direttore Gianni Riotta) al 2011, infatti, era collassata: dal 69 per cento al 50. Nell’ultimo anno è risalita al 56 per cento. Peraltro, il suo pubblico si è, politicamente, riavvicinato al Centro. Dopo essere scivolato fortemente a destra, negli ultimi anni. È interessante notare come gli altri tg cresciuti maggiormente, sotto il profilo della fiducia, nel corso del 2012, siano il Tg2 e, ancor più, il Tg4. Che, evidentemente, ha “beneficiato” dell’allontanamento di Emilio Fede: quasi 9 punti in più rispetto a un anno fa.
Tutti gli altri notiziari hanno mantenuto indici di fiducia analoghi a quelli degli anni precedenti. Con pochi scostamenti. Il Tg3 resta il più apprezzato (oltre 60 per cento di giudizi positivi). Seguito dagli altri tg della Rai e dal tg di La 7. Il notiziario che, negli ultimi cinque anni, ha visto crescere maggiormente il gradimento (oltre agli ascolti). Insieme a RaiNews24 e SkyTg24. A conferma dell’importanza assunta dai canali tematici, che offrono informazione a flusso continuo.
In generale, la televisione pare aver riconquistato credibilità, agli occhi degli italiani. Anche se di poco (oltre 2 punti più del 2011). Tuttavia, il mezzo più affidabile
resta internet. Considerato il canale dove l’informazione è più «libera» e «indipendente» da oltre il 41 per cento degli intervistati. In lieve crescita rispetto all’anno scorso. Mentre la fiducia nei giornali e nelle radio è scesa, seppure in misura limitata.
L’ascesa di Monti, dunque, pare aver restituito credibilità alla tv, luogo emblematico del Berlusconismo. I dati del sondaggio Demos- Coop mostrano, inoltre, come l’interesse verso i talk e i programmi di approfondimento politico non sia calato. Sostenuto, sicuramente, da fenomeni politici nuovi e mediaticamente significativi, emersi nel corso del 2012.
Come Beppe Grillo e il M5S. Le primarie del Pd. E, nell’ultimo mese, la crisi di governo. Insieme al ritorno di Berlusconi. La stessa “antipolitica”, in fondo, ha offerto motivo di “spettacolo”. Politico. Così, gli indici di attenzione e di fiducia verso i programmi di informazione e approfondimento non si discostano da quelli — piuttosto elevati — dell’anno scorso. In particolare, Ballarò, condotto da Giovanni Floris, continua ad essere consideratoilpiùaffidabile(54per cento). Seguito da Report, di Milena Gabanelli (46 per cento). A conferma della “specialità” della Terza rete Rai, nell’ambito dell’informazione e del dibattito. Affiancata, in questo ruolo, da La 7. Dove Otto e mezzo, condotto da Lilli Gruber, ha visto crescere ulteriormente il proprio credito, fra gli italiani. Oggi ha raggiunto il 40 per cento: risulta il programma che ha ottenuto il maggiore incremento: 4 punti più di un anno fa, maoltre15piùdel2007(quand’era condotto da Giuliano Ferrara). Significativo l’indice di fiducia verso Servizio Pubblico, di Michele Santoro (quasi il 42 per cento). Approdato a La7 dopo un anno “senza rete”. Scende, invece, il consenso verso il programma di Bruno Vespa, Porta a Porta (35 per cento), e verso l’Infedele di Gad Lerner (33 per cento). Il quale, peraltro, ha cessato le trasmissioni, dopo dieci anni.
Hanno, invece, sofferto maggiormente i programmi di satira e i talk popolari. D’altronde, è difficile ridere del Professore. E della politica. Tanto più in tempi di crisi economica segnati da un crescente clima antipolitico. Peraltro, il protagonismo politico del Cavaliere, dopo il ritorno, supera e spiazza ogni possibile ironia. È al di là di ogni satira.
Tuttavia, Striscia la Notizia, di Antonio Ricci, continua a piacere a oltre il 60 per cento degli italiani. Anche il programma di Fabio Fazio, Chetempochefa, e le Iene mantengono un livello di gradimento
molto elevato (superiore al 50 per cento).
Crozza nel Paese delle Meravigliesi colloca su livelli più bassi (35 per cento). D’altronde, La7 garantisce ascolti più limitati. Maurizio Crozza, tuttavia, firma l’apertura (e il momento di maggiore ascolto) di un programma di successo come Ballarò.
Nel 2012, peraltro, proseguono alcune tendenze, nel rapporto fra cittadini e informazione, già emerse in modo chiaro negli anni precedenti.
In particolar modo, la perdita di spazio della radio, ma soprattutto dei giornali in edizione cartacea. I quali, però, vengono letti e consultati con altri mezzi. In particolare: Internet. Utilizzato, quotidianamente, dal 40 per cento degli italiani (nel 2007 erano il 25 per cento) per informarsi. Infatti, oltre 6 internauti su 10 frequentano assiduamente le edizioni online dei quotidiani. Ma il 50 per cento di chi frequenta la Rete ne fa un canale di discussione e di partecipazione civica diretta. Attraverso i social network e i blog. È il “popolo” della Rete. Rispetto alla media, più giovane, istruito, politicamente critico, ma anche interessato e consapevole. Più orientato a sinistra.
Il principale canale di informazione, tuttavia, resta la televisione. Utilizzata,
ogni giorno, dall’80 per cento della popolazione. Gli italiani si fidano poco della tv e ricorrono, in misura crescente, ad altri media e altri canali di informazione. Ma quasi tutti continuano a «consultarla». E oltre il 20 per cento si informa «solo» attraverso la tv. Si tratta, per lo più, di donne, anziani, pensionati, di livello di istruzione e ceto sociale medio basso. Queste persone tra-
scorrono davanti allo schermo oltre 4 ore della loro giornata. Sono politicamente incerti. Oltre metà: indecisi se e per chi votare. Per questo la televisione e il suo pubblico, soprattutto quello esclusivo e fedele, continua ad essere importante per i leader politici dei partiti principali. Per questo interessa tanto a Berlusconi. Per questo il Cavaliere, ri-disceso in campo, una volta ancora, dopo un anno di sosta, ha deciso di occupare e di affollare nuovamente i talk politici delle reti private e pubbliche. Perrivolgersialsuo“popolo”. La Rete gli è ostile. Ma la Tivù è il suo elemento. E conta di moltiplicare il proprio consenso, moltiplicando il tempo e lo spazio in tivù.
L’attenzione e l’audience — eccezionali — ottenuti dall’orazione dedicata da Roberto Benigni alla Costituzione, tuttavia, suggeriscono che il clima d’opinione sia cambiato. E sollevano un dubbio. Che l’ennesima replica del Tele-Berlusconismo possa, infine, esaurirsi nella noia.
La Repubblica 21.12.12
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Dai blog ai social network la carica dei “cittadini 2.0”, di LUIGI CECCARINI
Li possiamo definire cives.net.
È una “community” di cittadini che usa la rete anche per seguire la politica. I nuovi media, ormai non più così “nuovi”, fanno parte della vita degli italiani. Ma anche del loro modo di informarsi, discutere, partecipare: di essere cittadini.
L’Osservatorio Demos-Coop, che ogni anno si concentra sul rapporto tra media e politica, conferma questa tendenza, già registrata nelle scorse edizioni. Il 58 per cento della popolazione ha accesso ad Internet e il 44 per cento lo usa tutti i giorni. Per il 40 per cento è una fonte quotidiana di informazione. Rispetto a un anno fa, il solo canale che fa registrare una piccola, ma significativa, crescita nell’utilizzo è proprio la rete: + 3 punti percentuali.
Cala, invece, la fruizione degli strumenti tradizionali: la tv, la radio, i giornali. Internet continua ad essere considerato il luogo dove l’informazione è più libera e indipendente: 41 per cento. Un aspetto non da poco per la democrazia. Per la Tv il dato è il 24 per cento. Ciò significa che la si guarda senza fidarsi troppo. Per i giornali si scende al 17 per cento. Se poi consideriamo i soli cittadini in rete, il 63 per cento di questi legge i quotidiani on-line. Il 57 per cento partecipa a un social network. Il 50 per cento discute o si informa di politica nel Web(2.0). Una quota ridotta, ma significativa, mette in pratica anche azioni più “impegnate”: l’11 per cento ha postato commenti o partecipato a qualche discussione di politica nei blog o nei social network. Il 9 per cento segue un partito, un leader o un gruppo politico attraverso Facebook, il 4 per cento su Twitter.
Coloro che utilizzano la rete anche per discutere e informarsi di politica (quota pari alla metà degli internauti, cioè il 29 per cento della popolazione) fanno un uso più intenso di questo strumento. Ad esempio frequentano di più i social network (63 per cento). Rimangono connessi per più tempo, anche in mobilità con gli smartphone e i tablet. Del resto sono più giovani e scolarizzati, studenti, ceti medi impiegatizi e professionisti. Di genere maschile. Si riconoscono maggiormente nell’area di sinistra o di centrosinistra, ma anche nel MoVimento di Grillo. Si dicono particolarmente interessati alla politica. Si mobilitano più spesso, sottoscrivendo, ad esempio, campagne di opinione, petizioni, e non solo online. Oltre ad Internet, per informarsi, usano di più la tv satellitare e meno quella generalista. Ma è interessante sottolineare che il loro coinvolgimento non resta confinato nella dimensione online. Il 64 per cento, il doppio di quanti navigano senza però informarsi di politica, discute di questioni pubbliche anche nel circuito delle proprie reti sociali: gli amici, la famiglia, i colleghi. Internet diventa così uno stimolo al confronto, un luogo concreto della cittadinanza.
Il Web (2.0) si pone come estensione della sfera pubblica. E non si configura come spazio a sé stante. È sicuramente vero che mobilita, anzitutto, quei soggetti già attivi e con forti attitudini all’impegno. Ma l’intreccio tra rete e partecipazione è ormai evidente. E i cives.net ne sono l’espressione.
La Repubblica 21.12.12
Pubblicato il 21 Dicembre 2012