“Il male oscuro dopo il terremoto”, di Michele Brambilla
Chi, uscendo dall’autostrada a Modena, salisse su nella Bassa fino a Mirandola, passando per Carpi Medolla e Cavezzo, e magari deviando anche verso Finale San Felice e Rovereto sul Secchia, non avrebbe l’impressione di attraversare una terra che, se non la fine del mondo, la fine di un mondo l’ha già vissuta, e solo sette mesi fa. Non si vedono – se non di rado: e si tratta di vecchie cascine sparse qua e là. Oppure di antiche chiese – non si vedono più, dicevamo, case distrutte; né tendopoli, baracche, container. Certo alcuni segni del Mostro si scorgono ancora: in qualche strada, in uno spazio aperto, dietro le transenne che cintano pezzi di centri storici. Ma l’impressione è che non solo il peggio sia passato, ma anche che la vita sia ripresa come in quel bel tempo recente, quando questa piccola fetta di Emilia produceva, da sola, il due per cento del Pil nazionale. Eppure il Mostro si agita ancora. È invisibile, perché si manifesta nella sua forma più subdola: la paura. Ma si agita …