attualità, politica italiana

“Il Cavalier Rieccolo e il muro del Professore”, di Ilvo Diamanti

Eccolo di nuovo. Il Cavaliere. Ri-discende in campo. E sfida tutti. Il centrosinistra – che da qui tornerà ad essere riassunto nell’alveo dei “comunisti”. Il Terzo Polo di centro – gli “utili idioti”. E prima di tutto e di tutti: Monti. Il Professore.
Il vero responsabile della crisi economica italiana. Che, ovviamente, quando c’era Lui, era molto meno pesante. Anche se i Nemici – i Comunisti Pessimisti – la agitavano ad arte, come argomento polemico contro di Lui.
Eccolo di nuovo. Berlusconi. Non poteva essere diversamente. Impensabile che uscisse di scena spontaneamente. Ammettendo, in questo modo, la propria sconfitta. La fine del Berlusconismo. D’altronde, i sondaggi d’opinione spiegano e giustificano la sua decisione. Anche al di là dei motivi personali che lo muovono. L’esigenza di tutelare i propri interessi e di difendersi dai molteplici procedimenti giudiziari che lo riguardano. Al di là di tutto ciò, l’ultimo anno ha dimostrato l’incapacità del centrodestra di re-inventarsi. Di trovare un’identità e una leadership alternative. Senza Berlusconi. In meno di due anni, il PdL è sceso, nei sondaggi, dal 30% al 18%. Solo un anno fa era ancora al 25%. Il suo delfino, Angelino Alfano, si è dimostrato incapace di nuotare da solo. In un anno: il PdL si è diviso. Il 44% dei suoi elettori sceglierebbe Berlusconi come candidato premier. Dunque, meno di metà. In ogni modo, però, quasi l’80% di essi preferirebbe che il candidato venisse scelto attraverso le primarie (Atlante Politico di Demos, dicembre 2012). Ma il PdL non è come il Pd. Come il centrosinistra. Non ha radici nel territorio. Solo An aveva legami di appartenenza con la società. Ma, dopo l’unificazione con il – o meglio, l’annessione al – PdL, è confluita anch’essa nel “partito personale” di Berlusconi. Dove i rapporti fra il leader e il suo popolo avvengono per identificazione personale e per via “mediale”. Impossibile per altri interpretare lo stesso ruolo. Ma difficile anche selezionare il gruppo dirigente, tanto più il candidato premier, dal basso. Così il PdL, insieme al centrodestra, ha perso terreno. E lo ha, parallelamente, ceduto ai concorrenti. Al centrosinistra, al Pd. Allo stesso M5S. All’area grigia dell’incertezza.
Per questo Berlusconi è ri-disceso in campo. Per opporsi alla scomparsa del PdL. Per ritardare, almeno, la fine della Seconda
Repubblica. Fondata “da” e “su” Berlusconi. Sul “partito personale”. Sulla “democrazia del pubblico”.
Eccolo di nuovo. Il Cavaliere. Evoca la memoria del 2006 (come ha suggerito Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore). Quando tutti lo davano per sconfitto e lui, da solo, riuscì a rimontare. Fino, quasi, a pareggiare, contro il centrosinistra guidato da Prodi. Ma i tempi sono cambiati, da allora. Il PdL, oggi, pesa molto meno di FI, da sola. La Lega: è alla ricerca del terreno perduto. Fiaccata dagli scandali interni. Ma anche dalle divisioni. Non sarà facile tornare con Berlusconi, dopo un lungo periodo di opposizione. Contro il governo. Ma anche contro Berlusconi. Il quale, peraltro, oggi è molto debole, dal punto di vista del consenso personale. La fiducia nei suoi confronti si è ridotta al 20%. Alla fine del 2005 era intorno al 32% e nei primi mesi del 2006 era risalita oltre il 35% (dati dell’Atlante Politico di Demos). D’altronde la Tv, sua tradizionale alleata, oggi conta meno.
Peraltro, la posizione dei concorrenti appare molto più solida di allora.
I consensi del Pd si aggirano intorno al 38%. Una misura, certamente, accentuata dalle primarie e dal declino dell’Idv. Tuttavia, il divario rispetto al PdL appare enorme. Difficilmente colmabile. Certo, la legge elettorale può complicare la conquista di maggioranze stabili al Senato. Ma, a differenza del 2006, Berlusconi e il Centrodestra non potranno contare sull’alleanza con i Centristi. L’Udc e le altre formazioni del Terzo Polo correranno da sole. Per se stesse e, soprattutto, contro Berlusconi. Perché il Cavaliere ha annunciato il suo ritorno “contro” Monti. Dunque, contro il Pd e, ancor più, contro il Terzo Polo di Centro. Che a Monti ha giurato fedeltà.
Eccolo di nuovo. Berlusconi. Nel 2006 si era presentato come l’Imprenditore contro i Nemici del Mercato. Fiducioso che non vi fossero “tanti coglioni che votano sinistra”. Oggi, invece, è il leader dello schieramento “antipolitico”.
Farà campagna elettorale contro i comunisti del Pd, contro l’Euro e l’Europa. Contro Monti. Insieme alla Lega e in concorrenza
con il M5S. Monti, da parte sua, ha annunciato le dimissioni, dopo la legge di stabilità. In questo modo, è divenuto l’attore protagonista. Della prossima campagna elettorale e, ancor più, della stagione dopo il voto. Anche se non è detto che “scenda in campo” direttamente. Che promuova una lista “personale”. O che accetti di venire candidato (premier) da uno schieramento. Il Terzo Polo: rischia di essere un soggetto limitato, rispetto alle ambizioni del Professore. Il centrosinistra: come potrebbe proporre il suo nome, dopo aver mobilitato milioni di elettori per scegliere il candidato premier? (E poi, come la prenderebbe Sel?).
Annunciando le dimissionI da premier, Monti ha rifiutato di diventare bersaglio della campagna elettorale di Berlusconi. E di altri soggetti politici. Ma, in questo modo, costringerà tutti a esprimersi e a “schierarsi” sulla sua esperienza di governo. Sulle riforme fatte e su quelle non fatte. Sul suo ruolo. In politica interna, ma anche in politica estera. Nei rapporti con la Ue, la Bce, l’Fmi. Con gli altri governi internazionali. Presso i quali il Professore gode di largo credito.
Monti, d’altronde, dispone ancora di un ampio consenso personale anche in Italia, superiore al 47%. Mentre il suo governo ha la fiducia di circa il 44% degli elettori (Dati Demos, dicembre 2012). Un sostegno ampio rispetto ai governi che l’hanno preceduto, in tempi assai meno difficili. Ma anche in confronto ai governi e ai premier degli altri paesi europei – in condizioni economiche migliori del nostro.
Che si presenti come candidato premier (non come parlamentare, ovviamente, visto che è senatore a vita) oppure no, Monti è destinato ad essere il protagonista della prossima campagna elettorale. Il nuovo Muro che attraversa la politica italiana. E divide partiti ed elettori. Pro o contro.
Ciò rafforza l’idea che le prossime elezioni costituiscano una svolta. Perché offrono l’occasione per chiudere la Seconda Repubblica. Di andare oltre il Berlusconismo. Oltre Berlusconi.
Definitivamente.
La Repubblica 11.12.12
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“I miracoli elettorali del grande illusionista”, FILIPPO CECCARELLI
PERÒ attenti, che Berlusconi le campagne elettorali le sa fare. Come presidente del Consiglio, come si è capito, è un disastro.
MA QUANDO si tratta di attizzare la curiosità, conquistare l’attenzione, imporre temi, vendere promesse e alla fine anche raccattare voti, accidenti, è un mostro, nel senso latino di monstrum, un fenomeno, un prodigio, un leader rapace e soprattutto capace di produrre autentici miracoli elettorali.
Se ne può chiedere dolorante conferma a Occhetto, a Veltroni, a Rutelli e anche al professor Prodi che nel 2006 sembrava avesse stravinto, e invece in quella interminabile notte ebbe paura, come tutti gli elettori del centrosinistra, che la più pazzesca rimonta della Cdl riportasse di slancio Berlusconi al primo posto. Ancora una settimana di invasioni televisive, manifestazioni affettive, maledizioni psico-emotive e con la dovuta complicità degli errori della sinistra, che s’era messa a invocare più tasse, il sorpasso, per non dire lo sfondamento, sarebbe stato ineluttabile.
Garantì allora bonus-bebè alle mamme e carte-oro ai pensionati, cui pure fece intravedere dentiere gratis (“Operazione Sorriso”) e perfino un cagnolino, pure gratis.
Nell’arco di un mese si proclamò Napoleone, Giustiniano, Churchill e Gesù. Fece visita a un giovane uscito dal coma, sembra ascoltando una sua perorazione su nastro. Fece capire che il gasolio arrivava grazie all’amicizia con Putin e incurante delle proteste diplomatiche arrivò ad accusare i comunisti, nel caso specifico cinesi, di utilizzare i bambini come concime nei campi. In un empito di intimità disse (a un sacerdote sardo) che praticava una forma di astinenza sessuale, una sorta di offerta votiva pre-elettorale e pur afflitto da una terribile sciatalgia lombare, durante un talk-show scattò in piedi riempiendo d’improperi Diego Della Valle. E pareggiò una partita che era persa.
Non gli mancano l’esperienza, la tempra, il tempismo e specialissime male arti che in queste occasioni diventano buonissime.
Guarda caso, ha fatto partire l’odierna campagna proprio nel momento in cui gli italiani debbono pagare l’Imu, salatissima. E’ questa la sua quattordicesima campagna elettorale, essendosi battuto in cinque elezioni politiche, quattro europee e quattro regionali. Un record che gli impone la corona spettante a uno dei più grandi affabulatori del mondo.
Ha promesso le grandi opere, il ponte di Messina, meno tasse per tutti, perfino la vittoria sul cancro. L’imperatore degli illusionisti, certo, ma pur sempre il numero uno. Il più grande cinico specialista delle emozioni; uno straordinario tecnico del consenso al quale si deve il seguente motto, terrificante nella sua efficacia predatoria: “Se un messaggio pubblicitario impiega più di tre secondi per essere capito, vuol dire che non è chiaro, se non addirittura sbagliato”. Questo consigliava ai suoi venditori Berlusconi quando il fondatore di Twitter, Jack Dorsey, era ancora alla scuola materna.
Non ha paura di niente e di niente si vergogna. Nel 2008 ha aperto un comizio parlando per sette minuti di Mamma Rosa, che se n’era appena andata, e ha concluso: “Giovani, state vicini alle vostre mamme!”. Nel corso del ventennio ha regalato telefilm, euro-convertitori, opuscoli apologetici sulla sua vita, ma anche pacchi di pasta. Nel 1994 si è offerto come se fosse già presidente; l’ultima volta si è consentito il lusso di aggiungere: “La mia condanna è definitiva: dovrò fare il presidente del Consiglio”.
In primavera è uscito un libro, comprensibilmente patinato e illustrato, che gli ultimi sviluppi rendono molto più interessante di quanto fosse apparso allora. S’intitola: “Come Berlusconi ha cambiato le campagne elettorali in Italia” e l’hanno scritto l’onorevole Antonio Palmieri, responsabile Internet del Pdl, e altri tre tecnici di marketing politico — Gianni Comolli, Cesare Priori e Massimo Maria Piana — le cui competenze sono state al servizio del partitoazienda fin dai tempi dalla discesa in campo. Berlusconi firma una prefazione niente affatto di circostanza che si conclude: “Ne abbiamo pensate e realizzate tante e, come dimostra la nuova, grande avventura del Pdl, non intendiamo fermarci qui…”.
In quelle pagine, più che la teoria, c’è la storia, l’evoluzione e soprattutto la pratica che ha rivoluzionato le forme e in qualche modo l’arte della politica e anche del potere. Dai fondali dei comizi con cielo & nuvolette al Contratto con gli italiani, dall’uso dei sondaggi a quello degli inni e degli spot nelle loro molteplici versioni, dal kit del candidato all’opuscolo-fotoromanzo, dalla nave “Azzurra” al “presidente operaio” fino al premio “Berluskaiser” per i migliori taroccamenti on line, ecco, il marketing si celebra con l’orgoglio di chi non solo ha fatto sembrare di colpo la propaganda degli avversari ferma all’età delle pietra, ma nell’arco di un ventennio li ha spinti a scimmiottarla, a farla propria, a estenderla, magari adesso anche a rinnovarla.
E quindi attenti. Perché l’odierno Berlusconi sarà vecchio, sarà bollito, sarà finito, sarà in bolletta con le banche, magari sarà anche condannato per prostituzione minorile. Ma rimane Berlusconi, e fino a prova contraria in campagna elettorale non c’è (ancora) politico che possa mangiargli nel piattino o piattone che sia.
La Repubblica 11.12.12

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