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“Lavoro, spunta la staffetta tra lavoratori anziani e giocani”, di Giulia Pilla

Per porre un freno alla disoccupazione giovanile, si fa strada l’ipotesi di una staffetta tra generazioni. La misura è allo studio del governo e a parlarne è stata ieri da Bruxelles la ministra del Welfare Elsa Fornero. Si tratta, ha spiegato, «della possibilità per un lavoratore “anziano” di cambiare il suo contratto in part-time, e in cambio le aziende prendono un apprendista». Si attendono dettagli ma, occhio e croce, il lavoro per i figli lo creeranno i padri, ai quali, tra l’altro proprio per la riforma Fornero, viene chiesta una permanenza in attività più lunga per avere una pensione dignitosa. Se anche i contributi versati saranno “part-time” il rischio che più che verso un “patto” si vada verso un conflitto generazionale c’è tutto. Nell’attesa, è importante che il dramma della disoccupazione sia entrato nell’agenda del governo come pure in quella dell’Unione europea che oggi riunisce i ministri del Lavoro e si appresta a varare un piano per i giovani. L’aumento del numero di giovani sino a 25 anni (12,9% nel 2011) che né lavorano né studiano né si formano, i Neet (Not in employement, education or training) si traduce in una perdita di 153 miliardi di euro, pari all’1,2% del pil Ue, che sale al 2% per alcuni paesi come l’Italia, la Grecia e l’Irlanda. La Commissione europea ha deciso così di correre ai ripari. Al centro, lo “Youth Guarantee Scheme” (Garanzia per la gioventù), un meccanismo ispirato da quelli già esistenti in Austria e Finlandia che prevede che entro 4 mesi dalla fine degli studi o dall’entrata in disoccupazione tutti i giovani sino a 25 anni debbano vedersi proporre un lavoro, un apprendistato, un tirocinio o un nuovo ciclo dì studi. Spetterà agli stati membri darsi da fare.
260 MILA PRECARI NELLA PA
Tornando in Italia e precisamente all’esercito dei precari della pubblica amministrazione, ieri il ministro della funzione pubblica, Patroni Griffi, ha detto chiaro e tondo che sarà «impossibile stabilizzarli tutti». «Sono circa 260 mila e la stabilizzazione per t tutti non si può. Prima di tutto perché molti di loro lavorano nella scuola, che ha un regime completamente diverso e poi perché sarebbe incostituzionale visto che le assunzioni si regolano attraverso i concorsi. Infine perché con una stabilizzazione generalizzata dovremmo bloccare le assunzioni per dieci anni. Inoltre c’è il problema degli esuberi. Negli enti previdenziali e negli enti parco le eccedenze di personale, effetto della spending review, ammontano a 3.300 tra gli impiegati che, sommati ai 4.028 già individuati per le prime amministrazioni dello Stato, portano il totale a circa 7.300 lavoratori pubblici». «Il fenomeno dei precari pubblici» ha continuato il ministro «è un problema che si è accumulato nel corso degli anni ed è legato anche al blocco del turn over. Non si può pensare che sia un problema risolvibile in pochi mesi. L’orientamento del governo per risolvere il problema nell’immediato è quello di mandare a regime una norma già varata dal precedente governo, con una riserva di posti costante nei concorsi ad esame per il personale con contratti a termine, che abbia maturato esperienza triennale nella pubblica amministrazione». «Ci sarà anche la possibilità» ha concluso Patroni Griffi «di rinnovare i contratti di lavoro a termine anche oltre il termine dei 36 mesi previsto, sulla base di criteri definiti in sede di accordo collettivo. Proprio per questo è stato dato mandato all’Aran per la definizione di un accordo quadro che individui i casi, i settori e i tempi, dove è possibile derogare e procedere al mantenimento dei contratti a termine». Il responsabile dei Settori pubblici della Cgil, Michele Gentile, ha replicato dicendo che «serve un intervento urgente che dia prospettive di lavoro immediate ai precari pubblici in scadenza e, parallelamente, l’adozione di scelte politiche di segno drasticamente contrario a quelle che hanno creato questa mole enorme di precariato per garantire lavoro stabile».
L’Unità 06.12.12