Il Pd ha cambiato «pelle». Il 25 novembre, anzi, «è nato di nuovo». I giornali fotografano così i 3 milioni in fila per la prima tappa della corsa di Renzi e Bersani. Riflettori puntati sugli equilibri interni al Partito democratico nelle istantanee di stampa che si avventurano verso i possibili scenari del dopo, immaginando perfino ticket tra il sindaco di Firenze e il segretario. «Nulla di tutto ciò», sottolinea Roberto Speranza, del comitato Bersani. «Abbiamo voluto le primarie per avvicinare la politica ai cittadini – commenta – Il più grande partito del Paese ha costruito la condizioni per un bagno di democrazia». «Un errore», quindi, leggere le primarie con la lente «deformata» delle dinamiche interne al Pd. Per definire gli assetti del partito, continua Speranza, bisognerà attendere il congresso del 2013. Al di là di questo, però «il dato importante è che abbiamo rimesso il partito al centro dell’agenda politica» e «il merito va a Bersani che ha voluto cambiare lo stesso Statuto del Pd».
Anche il versante renziano non pone l’accento sugli equilibri di partito. «Siamo perfettamente consapevoli che questo non è mica un congresso – sottolinea Roberto Reggi, responsabile della campagna del sindaco di Firenze – Chiaro, però, che un milione e centomila elettori non sono una cosa da ridere e dovrebbe essere interesse di tutto il partito valorizzare questo serbatoio..». Tandem Bersani-Renzi in vista delle politiche? «Matteo ha sempre detto che non accetta premi di consolazione – replica Reggi – Lui punta a vincere, ma qualora dovesse perdere continuerebbe a fare felicemente il sindaco di Firenze senza ticket». Nessuno dei renziani al governo, quindi, in caso di vittoria di Bersani alle primarie e alle successive politiche? «Questo dipende da chi vince, sarà lui che dovrà farsi carico di chi perde. Nel caso vincesse Matteo sarà così e penso che sarà così anche se dovesse prevalere Bersani. Lui, anzi, dovrebbe farlo due volte, come segretario e come candidato premier. Chi vince vince e chi perde aiuta – ricorda Reggi – Noi siamo in questo spirito, non ho ancora capito se lo è anche Bersani…».
Si meraviglia «che ci si meravigli» del Pd, Francesco Boccia, vicino alle posizioni di Letta. «Già il congresso fondativo del partito aveva chiuso con i vecchi gruppi dirigente dei Ds e della Margherita» e da Veltroni in poi «sul rinnovamento si è fatta molta strana». Il processo che si è innestato è sbocciato, poi, con Bersani. «Oggi – continua Boccia – c’è una classe dirigente nuova a livello regionali, nazionale e di amministratori locali». Renzi? «Chi ottiene più di un milione di consensi rappresenta un pezzo del mondo del centrosinistra, come lo rappresenta per altri versi Vendola, con i suoi 480.000 voti. E Boccia spera in Bersani candidato premier, certo che il segretario «terrà conto del dibattito che si è sviluppato in queste settimane e degli altri candidati alle primarie». L’asse Bersani-Renzi-Vendola, secondo il parlamentare pugliese, «rafforzerà il profilo riformista del centrosinistra che guarda al mercato come strumento ridistributivo e alle fasce più deboli della popolazione».
Anche per Ettore Rosato, deputato friulano vicino a Dario Franceschini, in queste settimane non si sta celebrando «un congresso del Pd» e «sarebbe un errore definire sulla base delle primarie maggioranze e opposizioni interne al partito». Come avviene in ogni occasio- ne elettorale «sicuramente c’è un cambiamento» ed «emergono figure nuove» mentre «altri escono di scena o si ridimensionano». Il Pd «è un grande partito che deve rappresentare la casa di tutti», continua Rosato. L’ipotesi di un ticket Bersani-Renzi avanzata da qualche giornale? «Solo fantapolitica». Il sindaco di Firenze? «Se dovesse prevalere farà il candidato premier, naturalmente. In caso contrario bisognerà capire meglio». Anche perché, secondo Rosato, «Renzi rilascia dichiarazioni che spesso smentisce». Prima «dice di non essere interessato alle liste elettorali – sottolinea – Poi avverte che è interessato a fare sia le liste che i parlamentari. Bisognerà aspettare che si consolidi il suo pensiero prima di immaginare il futuro».
Un Pd che ha cambiato pelle il 25 novembre 2012? «Rispetto alla rappresentazione che qualcuno si ostinava ad avere in testa, fatta da quelle correnti e da quei leader, il Pd di oggi è già una cosa diversa – spiega Matteo Orfini, esponente dei cosiddetti giovani turchi vicini a Bersani – Ma, anche qui, non ci si può limitare a dire che la ruota girerà e che abbiamo fatto il rinnovamento. A questo, infatti, dovrà corrispondere un equilibrio dei poteri reali dentro il partito». Vero che la mappa del Pd è diversa, afferma Orfini. Ma «questo è avvenuto perché nelle battaglie di questi mesi, nel rapporto con l’opinione pubblica e con le primarie si sono affermate realtà nuove». E «un grosso passo avanti», secondo l’esponente della segreteria Pd, riguarda «l’articolazione delle cosiddette nuove leve» e il fatto che l’aggregazione interna «non avviene più come affiliazione a questo o a quel leader ma intorno a posizioni politiche di merito».
«Noi cosiddetti giovani turchi ci siamo incamminati su una linea e intorno a quella abbiamo aggregato – continua Orfini – Anche Renzi ha cominciato così, pur muovendosi su un’opzione politica antitetica alla nostra». E oggi, almeno, «si parla di politica», non «di chi è fedele a chi». Il Pd è diverso da quello di tre anni fa, sottolinea Orfini, «ed è bene che questa diversità venga certificata, anche al momento delle scelte che riguarderanno la composizione di un eventuale governo». Renzi? «Se perde potrà tornare magari a fare il sindaco di Firenze, ma ci dovrà pur essere qualcuno dei suoi ad interpretare quella linea anche nella battaglia del centrosinistra per il governo del Paese». Anche per Orfini «il tema di adesso» non sono gli assetti interni del Pd ma «vincere le elezioni»
L’Unità 28.11.12
Pubblicato il 28 Novembre 2012