Cinque giorni per archiviare l’election day o “resuscitarlo” con un decreto del governo. Al momento le possibilità di celebrare il 10 e 11 marzo le elezioni regionali e (forse) le politiche sono scarse. Effetto del pronunciamento di ieri del Consiglio di Stato che conferma la sentenza del Tar di due settimane fa, boccia il ricorso di Renata Polverini, le intima di indire le elezioni, appunto, «entro 5 giorni» e «nel più breve tempo tecnicamente compatibile » e, di fatto, sgancia la Regione Lazio dall’accorpamento con Lombardia e Molise suggerito direttamente dal capo dello Stato Giorgio Napolitano.
Se non ci sarà più l’election day, almeno per il Lazio, dipende adesso dall’esecutivo che, in queste ore, sta valutando la possibilità di approvare un decreto per unificare, a marzo, il voto aggirando così il Consiglio di Stato. Al momento, però, è molto più probabile che per la Regione scivolata sullo scandalo dei fondi ai gruppi, sulla quale pesano gli arresti di Franco Fiorito (Pdl) e Vincenzo Maruccio (Idv), si vada alle urne nella seconda metà di gennaio. Bisognerà correre, dunque, sia per la composizione delle liste
elettorali (che andranno presentate sotto Natale) sia, nel centrodestra, per la scelta di un candidato da contrapporre a Nicola Zingaretti (il Pdl è in alto mare, appeso a un’ipotesi primarie sempre più improbabili).
È l’effetto della sentenza del secondo grado della giustizia amministrativa che giudica «infondato» l’appello presentato dalla Polverini. La governatrice apprende la notizia subito dopo aver consegnato ai cittadini di Tufo di Minturno, in provincia di Latina,
la chiesa di San Leonardo restaurata con i soldi della Regione. Ora avrà 5 giorni, esattamente come le aveva intimato il Tar il 12 novembre, per convocare le urne. Se non
lo farà, verrà sostituita per questo atto dal ministro dell’Interno. La data più probabile potrebbe essere tra il 20 gennaio e il 3 febbraio al massimo, non oltre perché, altrimenti,
come afferma Gianluigi Pellegrino, l’avvocato del Movimento di difesa del cittadino che ha presentato il primo ricorso, «si commette un reato penale. Intanto oggi è stata sconfitta la protervia della Polverini, del Pdl e del governo che alla governatrice ha dato una sponda irresponsabile».
La presidente, dimissionaria da 63 giorni, si chiude nel silenzio e valuta la prossima mossa. Per lei parla il suo legale Federico Tedeschini che giudica la sentenza «impugnabile in Cassazione». Intanto,
però, quello del Consiglio di Stato è un atto esecutivo e proprio per questo il governo (che non ha mai negato di puntare all’election day) studia la possibilità di un decreto per renderlo nullo. «Ormai non ci sono più scuse », attacca il centrosinistra. Con Zingaretti che sottolinea «la buona notizia per i cittadini del Lazio, per imprese, artigiani, commercianti e operatori della sanità che ritenevano stravagante che la Regione chiudesse per 8-9 mesi». Soddisfatti anche Sel, Radicali, Fds e Idv che chiedono però di indire elezioni per 70 consiglieri e non 50. «Piuttosto, riduciamo gli stipendi — sottolineano i Verdi — cinquanta consiglieri con un’indennità lorda di 11.000 euro al mese costerebbero 6.6 milioni l’anno, mentre 70 a 5.500 euro al mese, 4,6 milioni l’anno».
La Repubblica 28.11.12
Pubblicato il 28 Novembre 2012