attualità, politica italiana

Imu Chiesa: «Un pasticcio statale che scontenta tutti», di Laura Matteucci

«La questione essenziale è che l’Imu deve tornare in capo ai Comuni. In tutto e per tutto».
Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci, torna a dare voce alla protesta dei Comuni, proprio mentre il Senato sta vagliando quella legge di Stabilità di cui chiedono modifiche in più punti, e oggi si inizia a votare il decreto legge sui costi della politica, che potrebbe contenere qualche novità in materia di imposta sugli immobili.
È proprio il «nuovo» regolamento sull’Imu per la Chiesa e gli enti non profit, pubblicato sabato scorso in Gazzetta ufficiale, l’ultimo spunto per le polemiche, perché è ambiguo, di difficile attuazione, e oltretutto è pure la fotocopia di un testo di Tremonti del 2009 già bocciato dalla Ue. Adesso la palla è passata a Bruxelles, infatti: sono i commissari europei a dover vagliare in questi giorni il documento e decidere se chiudere la procedura d’infrazione aperta contro l’Italia già nel 2007. Presidente, è stato pubblicato il regolamento che doveva fornire lumi sull’applicazione dell’Imu agli enti non profit e alle scuole paritarie, la cosiddetta Imu-Chiesa. I Comuni che cosa ne pensano, è tutto chiaro o le cose si complicano?
«La titolarità dell’Imu deve essere dei Comuni, anche per il regolamento. Per averne uno corretto ed efficace, devono redigerlo i Comuni, come accadeva con l’Ici. Anche perché non vorremmo mai penalizzare scuole d’infanzia e non profit. Invece il regolamento l’ha fatto il ministero, e questo perché l’Imu è una tassa nata solo per fare cassa. Ovvio sorgano problemi interpretativi ed attuativi: le imposte comunali non possono venire regolamentate a livello statale». Un altro regolamento confuso: però voi entro il 31 dicembre dovrete applicarne almeno una parte, quella relativa allo status di attività commerciale. «Infatti, siamo i attesa degli incontri tecnici e delle circolari interpretative da parte del ministero. Confuso è la parola giusta. Prendiamo le scuole paritarie: sugli immobili misti, ad esempio, per la formulazione dei pagamenti dovremmo basarci sul costo delle rette, ma non sono specificate soglie, né criteri di valutazione. Ai Comuni si chiede di raccogliere informazioni, ma non è né banale né semplice. È un pasticcio tutto statale, che rischia di scontentare un po’ tutti, laici e cattolici, e non si capisce nemmeno se risponda alle sollecitazioni dell’Unione europea».
Ma non siete stati interpellati nella stesura di un regolamento che poi sono i Comuni a dover applicare?
«Mai. Forse non mi sono spiegato bene: la questione di fondo è che l’Imu è stata fatta per fare cassa, in senso letterale, il che significa che tutto è funzionale al limitare al massimo la diminuzione del gettito. Ricordo che l’Imu vale qualcosa come 21 miliardi, è la voce più pesante nell’abbattimento del debito pubblico».
Se il Senato non modificherà la legge di Stabilità, e se l’Imu non verrà restituita ai Comuni a partire dall’anno prossimo, avete promesso di dimettersi in massa: promessa sempre valida? Dopo la manifestazione di Milano, s’è aperto qualche spiraglio? «Certo che è sempre valida. Solo in Italia si continua a pensare che la crescita possa partire da Roma. In tutto il resto del mondo si è capito che sono le città il vero volano di qualsiasi possibile sviluppo. Ma le città sono allo stremo. Ora, non è che dopo aver imposto sempre più tasse ai cittadini, possiamo anche chiudere i servizi: c’è un limite alla tenuta della coesione sociale, e di sicuro noi non vogliamo certificare la morte della convivenza civile. Se la manovra uscirà dal Senato così com’è entrata, che venga qualcun altro a farlo al posto nostro, che vengano i prefetti». È un braccio di ferro che va avanti da mesi…
«Come andrà a finire si vedrà nel giro di qualche giorno, i contatti per sciogliere questi nodi sono avviati, e del resto lo sa anche il ministro dell’Economia, Grilli, che la nostra situazione è grave. Il governo deve far partire da subito l’attivazione delle imposte comunali sul territorio, non possiamo aspettare oltre. Quest’anno l’Imu sulla prima casa ci è stata tolta, e pure quella sulla seconda casa è andata, per metà, allo Stato. La questione politica fondamentale è che i proventi dell’Imu devono tornare completamente a noi già dal 2013. Stesso discorso anche per il Patto di stabilità che frena gli investimenti: per ora non ci sono novità, stiamo lavorando, i risultati li vedremo».
Gli incontri con i segretari di partito avuti nei giorni scorsi come sono andati?
«C’è stata senza dubbio grande attenzione, ma ancora una volta saranno i fatti a dover parlare. Perché noi i bilanci mica li facciamo a parole».
L’Unità 27.11.12