Chiesuol, Enza, Giuseppina, Antonia, Esmeralda, Carmela, Alfina, Mariana, Vincenza, Rosina, Laila, Mariangela, Antonietta… via elencando fino ad arrivare a 105 nomi.
Sono tante le donne, ma la lista non è aggiornata al minuto, uccise dagli uomini dall’inizio dell’anno in Italia. Sdegno, dichiarazioni di circostanza, appelli, convegni, leggi e… arriva il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ne riparliamo perché dal 1999, con la risoluzione 54/134, le Nazioni Unite hanno voluto designare una data a questa piaga che sembra aver poco a che vedere con l’evoluzione dei costumi, con il benessere, con la scolarizzazione. Risollevo la questione, come tante volte ho fatto in questi ultimi anni, davanti al governo che tante volte si è impegnato ad assumere la lotta alla violenza contro le donne come un punto cardine del suo operato. Lo faccio, insieme ad altri parlamentari del Partito democratico, con un’interpellanza urgente al ministro del lavoro e delle politiche sociali al quale chiedo «quali misure abbia individuato per fronteggiare questa emergenza» e «se esista una raccolta ufficiale dei dati» perché non ha dello scientifico l’elenco fatto sulle pagine dei media dalle associazioni di e per le donne.
Mi sono domandata, mentre preparavo l’interpellanza in aula per lo stesso giorno in cui altre colleghe parlamentari sono impegnate nel seminario “Violenza sulle donne: verso la ratifica della Convenzione di Istanbul del consiglio d’Europa”, se queste nostre iniziative non si elidessero tra loro. Se essere in tante, ma separate in tante sigle e in tanti piccole battaglie, non ci allontanasse dall’obiettivo di vincere la guerra.
La violenza di genere, infatti, non è un problema di oggi, ma strutturale, ed emergeva già molto chiaramente nel 2007 nell’unica ricerca specifica effettuata dell’Istat, “Violenza e maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia”. Nella ricerca si evidenziava molto chiaramente che nel 2006 erano 6 milioni e 743mila le donne dai sedici ai settant’anni vittime di molestie o violenze fisiche sessuali nel corso della vita (una donna su tre tra i 16 ed i 70 anni); che circa un milione di donne era stata vittima di stupri o tentati stupri (il 4,8 per cento della popolazione femminile globale); il 14,3 per cento delle donne aveva subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner; il 24,7 per cento delle donne aveva subito violenze da un altro uomo, mentre 2 milioni e 77 mila donne avevano subito comportamenti persecutori (stalking) dai partner al momento della separazione…
Numeri emblematici, gli ultimi di un qualche valore scientifico.
E allora? Allora, alla vigilia della XIII Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, facciamo i conti con un eterno problema e forse una nuova parola: femminicidio. Vorrei fare un appello all’unità di tutte noi, dovunque siamo. Insieme, senza protagonismi, possiamo chiedere al governo, nazionale e locale, di fare subito qualcosa a cominciare dalla ratifica della Convenzione di Istanbul e dalla raccolta, da parte dell’Istat, di dati statistici periodici sulla violenza ai danni delle donne e sul femminicidio.
da Europa Quotidiano 23.11.12
Pubblicato il 23 Novembre 2012