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La Svizzera accelera sul patto «Rubik», di Alessandro Galimberti

La Svizzera accelera sul tavolo della trattativa “Rubik” con l’Italia. Il Dipartimento federale delle finanze auspica per vie ufficiali la possibile chiusura del tavolo tecnico tra le delegazioni governative entro il 21 dicembre prossimo. A fare l’annuncio alla stampa italiana è stato ieri mattina l’ambasciatore Oscar Knapp, capo della direzione della segreteria per le questioni Finanziarie internazionali.
Il trattato, tornato nell’agenda nel maggio scorso dopo il via libera giuridico della Commissione Ue – e dopo un’impasse italiana annosa che gli svizzeri imputano all’ex ministro Giulio Tremonti – tocca cinque temi, dalla regolarizzazione dei depositi in Svizzera all’imposizione alla fonte dei redditi futuri, alla revisione della Convenzione per la doppia imposizione fino allo stralcio dalla lista nera della Confederazione, un problema questo che sta toccando sul vivo centinaia di imprese medio/piccole, soprattutto delle aree di confine. Gli accordi, quand’anche trovassero una sintesi prima di Natale – soluzione ritenuta difficile dal ministero dell’Economia per le questioni ancora da risolvere, a cominciare dalle aliquote applicabili – dovranno comunque poi essere firmati in sede politica e quindi ratificati dai rispettivi Parlamenti. Oltre all’incognita delle elezioni in Italia, che potrebbero portare a soluzioni politiche difficilmente preventivabili, il problema riguarda anche la Confederazione, dove l’intesa bilaterale resterebbe congelata almeno per i cento giorni necessari all’assoggettabilità al referendum popolare.
Con l’accordo “Rubik” la Svizzera si impegnerebbe a versare allo stato italiano un’imposta di fatto tombale – con aliquota però ancora da definire, e questo sembra lo snodo chiave – per il passato in relazione ai patrimoni detenuti da cittadini italiani in banche e istituti elvetici, oltre a un prelievo periodico per il futuro sulle rendite finanziarie.
Il bilaterale così strutturato – sul modello di quelli già firmati con Gran Bretagna, Germania (dove però i Laender in queste ore stanno alzando la posta con il governo centrale per la ratifica: chiedono un incremento dei trasferimenti) e Austria – salva il segreto bancario, nel senso che non prevede l’automatismo nello scambio di informazioni (richiedibili solo per casi e contribuenti specifici e sospetti) e tra l’altro vieta agli stati contraenti di acquistare i cd con i dati dei depositi esteri dei propri contribuenti.
Nonostante l’ottimismo svizzero – che sugli accordi Rubik sta giocando la tenuta della «sovranità=segreto bancario» come confessa un consigliere federale – i nodi da sciogliere non sono di poco conto. Su tutti la determinazione del periodo di osservazione retroattiva su cui calcolare l’imposta (un conteggio modellabile, per rendere l’idea, sul calcolo degli interessi creditori bancari) per evitare una fuga preventiva di denaro italiano dai forzieri svizzeri. La Germania, proprio per questo, ha preteso e ottenuto una garanzia di 2 miliardi anticipata dalle stesse banche elvetiche.
La cronistoria
2009-2010
Alcuni banchieri ticinesi, tra cui Alfredo Gysi (presidente della Bsi), mettono a punto la proposta Rubik, basata su un’imposta liberatoria sui capitali non dichiarati depositati in Svizzera, in cambio del mantenimento di un seppur emendato segreto bancario e di un miglior accesso delle banche elvetiche ai mercati finanziari esteri. La proposta viene fatta propria dall’Associazione svizzera dei banchieri e poi dal Governo svizzero. Iniziano i negoziati bilaterali con Regno Unito e Germania
Agosto 2011
Firma delle due intese bilaterali della Svizzera con Londra e Berlino
Marzo-aprile 2012
Firma finale degli accordi con Regno Unito e Germania. La Commissione europea, attraverso il commissario alla Fiscalità Algirdas Semeta, dichiara che le intese con Londra e Berlino «sono conformi al diritto europeo». Nel frattempo ai due accordi si aggiunge anche quello con l’Austria, a cui pure Bruxelles non si oppone
Maggio 2012
Italia e Svizzera riprendono il dialogo bilaterale sul dossier fiscale, dopo una lunga assenza di negoziati e dopo un serie di tensioni politiche. Un dossier che comprende, oltre a Rubik, anche la revisione della convenzione sulla doppia imposizione, la revisione dell’accordo sui ristorni che sono legati ai frontalieri e che vanno ai Comuni italiani di frontiera, lo stralcio della Svizzera dalle liste nere fiscali italiane
Ottobre 2012
In Svizzera viene comunicato ufficialmente che la raccolta di firme per un referendum, contro i tre accordi Rubik già approvati dal Parlamento elvetico, non è riuscita. A sostenere il referendum è uno schieramento misto che comprende da un lato la destra populista contraria a cedimenti su fiscalità e segreto bancario e dall’altro i giovani socialisti elvetici, che sul versante opposto si battono per l’eliminazione del segreto bancario e per l’adesione della Svizzera allo scambio automatico di informazioni fiscali. Lo schieramento per il referendum su Rubik sostiene che non tutte le firme sono arrivate, a causa di disfunzioni in alcuni Comuni, e fa ricorso. Per ora però nella Confederazione non c’è referendum
Novembre 2012
Il ministro dell’Economia Vittorio Grilli ribadisce che l’Italia sarebbe favorevole a una conclusione positiva in tempi brevi dei negoziati fiscali con la Svizzera. L’ambasciatore elvetico Oscar Knapp, responsabile della divisione Mercati della Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali, dichiara che Berna è «fiduciosa su un accordo entro il 21 dicembre». Venerdì 23 novembre la Camera tedesca dei Länder, il Bundesrat, voterà sulla ratifica dell’accordo sulla Svizzera già approvato dall’altro ramo del Parlamento, il Bundestag. L’esito del voto del Bundesrat, in cui l’opposizione ha la maggioranza, è incerto. Regno Unito e Austria hanno per parte loro ratificato le rispettive intese con la Svizzera, che entreranno in vigore il 1° gennaio 2013
a cura di Lino Terlizzi
Il Corriere della Sera 20.11.12