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“Esodati e senza reddito: si può fare di più”, di Cesare Damiano e Maria Luisa Gnecchi

Con la legge di stabilità abbiamo ottenuto alcuni risultati che vanno nella direzione di una maggiore equità sociale. Le correzioni apportate all’iniziale testo del governo sono state, nel complesso, significative. Anche per quanto riguarda il tema dei lavoratori rimasti senza reddito a seguito della riforma delle pensioni del ministro Fornero abbiamo com- piuto un passo avanti, anche se il problema non è stato definitivamente risolto.
L’enfasi posta inizialmente dai media sul carattere definitivo della soluzione ha creato molte aspettative che non potevano trovare riscontro nei margini di manovra ristretti consentiti da una legge di Stabilità subordinata all’invarianza dei saldi. Tuttavia, occorre valutare nella loro giusta dimensione i risultati raggiunti, che non erano scontati. In primo luogo è necessario sottolineare il fatto che i tre interventi di correzione alla riforma, finora realizzati, prevedono uno stanziamento di circa 10 miliardi di euro (l’ultimo di 554 milioni) per salvaguardare una platea di 130.000 lavoratori. Semmai stupiscono alcuni fatti: il primo, è che la Ragioneria di Stato abbia valutato in 13 miliardi e 750 milioni fino al 2019 il risparmio che è derivato dalla cancellazione delle quote di anzianità. Viene spontaneo un commento: se avessimo mantenuto la precedente gradualità nell’innalzamento dell’età pensionabile (elevando ad esempio a 100 la quota 97 della riforma del 2007), avremmo ottenuto gli stessi risultati sen- za provocare il dramma sociale che è sotto ai nostri occhi. Il secondo, è che il ministro del Lavoro ha ancora di recente dichiarato che : «…la prima cifra che mi è stata fornita (dei cosiddetti esodati) era oggettivamente errata… il numero non lo conosciamo neanche oggi…».
Nonostante questo la Ragioneria continua ad esercitarsi su platee non quantificabili per ammissione stessa del governo e a subordinare il riconoscimento delle coperture finanziarie a norme vincolanti e restrittive che acquistano il sapore dell’arbitrio. Quando con la proposta di legge 5103, che aveva l’obiettivo di risolvere il problema degli «esodati» e che aveva ottenuto il consenso unitario di tutti i partiti nella commissione Lavoro della Camera, avevamo proposto la copertura attraverso la tassazione dei giochi d’azzardo on line, il governo aveva risposto che quella soluzione non avrebbe fornito risorse. Ci ha fatto piacere sentire il sottosegretario Polillo, nei giorni scorsi alla commissione Bilancio, affermare esattamente il contrario. Così come non abbiamo compreso l’accanimento contro la copertura finanziaria che avevamo individuato per l’emendamento presentato dalla commissione Lavoro alla legge di Stabilità, quella relativa al contributo di solidarietà del 3% sulla parte eccedente i redditi da 150.000 euro annui. In questo caso siamo stati successivamente confortati dalle dichiarazioni del neo Presidente Obama. Parlare di far contribuire i ricchi ai sacrifici per poter uscire dalla crisi, oggi lo si può fare negli Stati Uniti, ma non in Italia. Questi esempi dimostrano le difficoltà con le quali siamo costretti a fare i conti. Facciamo notare che il primo emendamento dei relatori alla legge di Stabilità sul tema dei lavoratori da salvaguardare, stava per essere anch’esso giudicato inammissibile per mancanza di copertura: si è dovuta accettare la formulazione della Ragioneria, sicuramente più restrittiva, per avere la «bollinatura» del provvedimento che salvaguarda altre platee di lavoratori, 10.130 se- condo le stime.
Vorremmo a questo punto riepilogare sinteticamente i miglioramenti che abbiamo introdotto: vengono inclusi gli accordi di mobilità «non governativi» e compresa nella salvaguardia, oltre all’ordinaria, anche la mobilità in deroga; la data della stipula di questi accordi viene spostata dal 4 al 31 dicembre 2011; viene ampliata la platea dei lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 4 dicembre 2011 e collocati in mobilità; viene ampliata la platea dei prosecutori volontari che abbiano almeno un contributo volontario accreditato entro il 4 dicembre 2011, anche se hanno svolto dopo quella stessa data una attività non riconducibile al lavoro a tempo indeterminato, nei limiti di 7.500 euro annui; viene ampliata la platea dei lavoratori che abbiano sottoscritto ac- cordi individuali o collettivi entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno risolto il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012; viene istituito un Fondo, di natura non assistenziale, per salvaguardare i lavoratori. Viene alimentato dai 100 milioni di euro già stanziati dal governo, dagli eventuali risparmi dei 9 miliardi precedentemente stanziati per i primi 120.000 lavoratori. Nel caso in cui detti risparmi non ci fossero o non fossero sufficienti, è prevista una clausola di raffreddamento per il 2014 della indicizzazione delle pensioni di fascia superiore a sei volte il minimo, fermo restando dall’inizio dello stesso anno il ripristino per tutti delle indicizzazioni sempre fino a sei volte il minimo (circa 3.000 euro lordi mensili). Per ottener questo risultato, non definitivo, abbiamo condotto una lunga e complicata battaglia, soprattutto a causa della scarsità delle risorse. Siamo consapevoli del fatto che molti lavoratori saranno ancora esclusi: ci sembra grave la cancellazione voluta dal governo della clausola che si riferiva ai lavoratori licenziati unilateralmente, così come avvertiamo il rischio di escludere lavoratori per problemi di date di decorrenza, che difficilmente possono cogliere le varie posizioni individuali. Siamo però convinti che la commissione Lavoro abbia compiuto tutto lo sforzo possibile in termini unitari. La battaglia deve continuare: si possono prevedere ulteriori correzioni al Senato e dovremo affrontare per via politica ed amministrativa argomenti ormai non più rinviabili come quelli di chi ha versato 15 anni di contributi entro il 31 dicembre del 1992 e delle ricongiunzioni onerose. Il Fondo che è stato costituito potrà essere alimentato negli anni successivi con nuove risorse: ci auguriamo che il prossimo governo completi l’opera di correzione che abbiamo intrapreso. I prossimi mesi saranno molto difficili da gestire: se al calo del Pil e all’ aumento della disoccupazione e della cassa integrazione si sommeranno i molti lavoratori che non potranno andare in pensione a causa di una riforma sbagliata, potremo dire di non avere una buona eredità da gestire ed una situazione sociale che richiederà risposte adeguate ed immediate.
L’Unità 20.11.12

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