Sono 46 giorni che stiamo immersi nel gran pasticciaccio delle elezioni nel Lazio, quando Renata Polverini si dimise sibilando «questi li mando a casa io» nessuno si aspettava che questo significasse diventare ostaggi di un presidente che non fissa la data del voto.
Nicola Zingaretti, quali sono gli ostacoli che si frappongono al voto?
«Quello che sembra un pasticciaccio è in realtà una cosa semplicissima, non ci sono ostacoli né economici né giuridici per andare al voto subito. C’è solo un ostacolo partitico ed è il terrore di una parte del Pdl di affrontare i cittadini, per la crisi politica gravissima, per la difficoltà a individuare le candidature. Ma il costo di questo comportamento ostruzionistico è insopportabile. Il consiglio dimissionario, fermo, costa ogni giorno 350.000 euro. Questo vedono i cittadini. Solo il voto democratico è la risposta alla rabbia che, altrimenti, prenderà la strada del populismo e dell’astensionismo, come, abbiamo visto, è già avvenuto altrove».
350 mila euro al giorno sono circa 70 milioni fino ad aprile, più del doppio di quanto costerebbe la consultazione nel solo Lazio?
«Non c’è solo il costo della consultazione, Lazio e Lombardia insieme rappresentano il 32 per cento del Pil italiano. Il Lazio da solo ha un prodotto interno lordo maggiore di quello del Portogallo, siamo alla disperata ricerca di segnali di ripresa ed è una follia teorizzare che due aree così importanti del paese possano rimanere bloccate per quasi un anno. Turismo, commercio, piano rifiuti non possono aspettare. Ci sono 180 milioni di fondi per l’innovazione che rischiano di polverizzarsi insieme a 350 milioni di fondi europei per lo sviluppo regionale, rurale, sociale, ci sono i fondi del Miur per la ricerca e l’innovazione tecnologica. Senza governo tutto questo rischia di restare fermo o addirittura di perdersi. È pazzesco ed infatti tutta l’imprenditoria, da Confindustria a FederLazio, all’associazione dei costruttori, ai sindacati, si sono espressi per votare al più presto».
Il governo sembra aver cambiato orientamento, dal voto al più presto all’Election Day. Addirittura il capo segreteria di Antonio Catricalà ha fatto l’avvocato difensore di Renata Polverini di fronte al Tar?
«Su questo condivido ciò che ha detto il sindaco di Milano Giuliano Pisapia nella sua veste istituzionale: il governo deve assumersi la propria responsabilità. Qui è in ballo una questione democratica enorme e vi è la necessità di dare segnali inequivocabili e ancora più chiari. Se si vuole votare si può, il ministero degli Interni ha chiesto un parere alla Avvocatura dello Stato e la risposta è stata chiarissima: la legge dice che si deve votare entro 90 giorni dalle dimissioni. Va bene il dibattito ma bisogna mettere fine ad un ostruzionismo scandaloso, io faccio un appello perché prevalga il bene comune e la Regione sia messa nelle condizioni di lavorare a pieno, al di là delle diverse collocazioni politiche». Resta però che il compito di indire le elezioni spetta al presidente della Re- gione«Non c’è alcun dubbio, ma avere un potere non significa abusarne, la pre- sidente Polverini sta commettendo un errore molto grave, il suo è un comportamento contrario al bene comune».
Non è stato però risolto il problema se si debbano eleggere 70 o 50 consiglie- ri.
«Renata Polverini si è dimessa il 27 settembre, questo argomento poteva valere nella prima settimana ma ora sono passati 45 giorni e la presidente non ha fatto nulla, non ha messo in moto alcun processo per superare queste difficoltà, le ha solo agitate per fare melina. I cittadini vedono tagliare migliaia di posti letto negli ospedali, i lavoratori dell’Idi, di Alitalia, quelli in cassa integrazione, quelli che hanno paura di essere licenziati o che lo sono già stati, vedono che ogni giorno si spendono 350.000 euro per pagare stipendi inutili».
Quegli stessi cittadini hanno anche visto sciogliere l’assemblea regionale a causa del malaffare dilagante. «Proprio per questo io sono convinto che per chiudere questa brutta pagina ci vuole un processo democratico, ci vogliono le elezioni che consentano di ricostruire il rapporto di fiducia con i cittadini e di aprire una fase radicalmente nuova. L’alternativa è l’implosione, il muro di gomma che una parte della destra sta opponendo è ciò che alimenta l’antipolitica. Il prolungarsi di questa situazione non è più giustificabile e, chi piega la decisione sulla data del voto a esigenze partitiche, rischia di consegnare al declino una regione che, al contrario, ha la possibilità di ripartire e necessità di riforme e di sviluppo»
Quando ha compiuto la sua scelta non era ancora scoppiato il caso dell’Idv nel Lazio. Si è pentito di essersi candidato alla Regione lasciando il Campidoglio? «Niente affatto, con quella scelta il centro sinistra ha assunto un ruolo da protagonista investendo in una proposta di forte discontinuità. Il Lazio ha bisogno di una nuova classe dirige te, la politica si deve rinnovare radicalmente investendo nelle energie migliori del territorio, nei movimenti civici».
Con quali alleanze?
«Sono 45 giorni che incontro i cittadini in strada e non è questo il loro problema, i loro problemi sono il lavoro, i treni dei pendolari, la speranza di avere ancora lo stipendio il 27 del mese, i tempi di attesa per la Tac. Non ci dobbiamo preoccupare di alchimie politiciste ma lavorare a un radicale rinnovamento con lo sguardo al futuro».
L’Unità 12.11.12
Pubblicato il 12 Novembre 2012