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“L’Europa scelga il rigore ragionevole”, intervista di Francesco Sforza con Pier Luigi Bersani e Martin Schulz

«Se un giorno mi avessero detto che sarei diventato Cavaliere, proprio io…». Sorride Martin Schulz, presidente del Parlamento Europeo, al pensiero di quando il Cav lo apostrofò con il termine kapo creando incidenti diplomatici a catena e un discreto subbuglio internazionale. Ieri Schulz è andato al Quirinale per ricevere da Giorgio Napolitano l’onorificenza della Gran Croce e ha riservato la mattinata a un lungo incontro con Pierluigi Bersani. Tra i due c’è una conoscenza di lunga data, e spesso durante il colloquio che hanno poi aperto ai giornalisti di due testate, La Stampa e la Faz, si sono scambiati pacche sulle spalle e occhiate di amicizia. Matteo Renzi? «Non lo conosco – ci preciserà Schulz al termine dell’incontro –. Forse l’ho incrociato una volta durante un passaggio a Firenze, ma niente di ufficiale».
Obama vince le elezioni in America, Merkel va a Bruxelles a richiamare il Parlamento sulla necessità di armonizzare le politiche fiscali e di bilancio, e la Grecia nel frattempo sperimenta un vero e proprio inferno sociale. L’urgenza di riflettere su un futuro più solidale viene da più direzioni, voi che ne pensate?
Onorevole Bersani, nel 2014 ci saranno le elezioni europee, ed è davvero tanto tempo che l’Italia ha una rappresentanza piuttosto limitata. In un’ipotesi di premiership democratica, ci fa una road map delle energie italiane che intende liberare per l’Europa?
In quel momento – una tappa cruciale per il rinnovamento delle linee politiche che disegneranno l’architettura del Vecchio Continente negli anni a venire – pensa che assisteremo a un maggiore compattamento delle forze progressiste in Europa?
B. «Io mi auguro che dopo la conferma di Obama, che ci ha mostrato un’America preoccupata per le tematiche sociali, ma allo stesso tempo decisa a proseguire nella strada intrapresa, questo tema venga affrontato in chiave mondiale: l’Europa è ancora il continente più forte del mondo, non può essere un problema per il mondo. Abbiamo anche questa responsabilità. Allo stesso tempo, venendo al confronto GermaniaGrecia, non credo che si tratti di due scenari opposti. C’è un treno con dei vagoni più comodi, dei vagoni meno comodi, alcuni vagoni che somigliano a carri bestiame, ma il treno è agganciato e va nella stessa direzione, che è di segno negativo. Chi è sul vagone più comodo se ne accorge dopo, ma prima o poi se ne accorge, perché siamo inestricabilmente agganciati. Che fare? Le proposte ci sono. Il problema sono i tempi, la crisi è molto veloce, le risposte sono ancora lentissime».
S. «Non ci sarà alcun recupero economico in Europa senza un risanamento fiscale e con investimenti massicci. Il Consiglio europeo ha varato 12 miliardi di euro di investimenti ma fino ad ora non è successo niente, e noi al Parlamento diciamo che bisogna agire al più presto. Muoviamo la stessa critica, sia come Parlamento europeo sia come socialdemocratici: il rigore va bene, ma va abbinato con gli investimenti. Secondo: la tassa sulle transazioni finanziarie, è un contributo che deve essere dato dalle banche e dai fondi perché loro hanno in gran parte causato questa crisi. Terzo: la crisi dei tassi di interesse che abbiamo in Europa. In Germania si paga quasi lo 0% in Italia il 6%, è uno squilibrio che va assolutamente eliminato. Gli eurobond sono morti, anche se io sono sempre a favore. Però bisogna parlare della licenza bancaria per rifinanziare gli investimenti. Quindi dico: la stabilità va bene, ma senza investimenti non c’è crescita».
B. «Se toccherà a me non ne farò una questione di posti o posticini, ma di nuovo una questione politica: per esempio sul piano politico mi piacerebbe che si affacciasse un soggetto politico che andasse oltre le antiche famiglie e fosse il luogo dei progressisti, dei socialisti, dei democratici europei. Mi piacerebbe che dentro questo processo l’Italia avesse prima di tutto una buona credibilità. La cosa che a noi preme di più è arrivare alla campagna elettorale delle europee con un solo candidato alla presidenza per tutti i progressisti. Io ce l’ho un nome, ed è Schulz, ma non sono il solo a decidere, vedremo. Politica e progetti al primo posto, non stiamo lì a giocare con le figurine».
S. «La domanda mostra come molti pensano alle elezioni europee come elezioni che riguardano il proprio paese. Uno degli obiettivi del partito socialdemocratico e anche dei partiti liberali è europeizzare le prossime elezioni. Non è tanto importante di che nazionalità uno è, ma in quale direzione politica si va. E qui ci sarà un effetto sorpresa molto interessante: facciamo un esempio, i cristiano democratici nominano un polacco e i socialdemocratici uno spagnolo e allora il partito democratico italiano deve sostenere lo spagnolo e i cristiano democratici francesi magari un polacco. Interessante no? ». B. «Sì, e non solo in Europa. A dicembre Pd e Spd daranno vita a un grandissimo appuntamento: un network dei progressisti qui a Roma, che raccoglierà non solo socialisti e socialdemocratici, ma anche liberali e democratici di tutto il mondo. L’obiettivo è aprire una nuova fase politica nell’arco di due-tre anni. La cultura delle destre ha tolto all’Europa la sua materia prima, cioè la solidarietà, e bisogna recuperarla. L’alternativa è il disastro. E con l’Spd ragioniamo in un modo veramente fraterno, come si diceva una volta…».
La Stampa 09.11.12