“Guerre imperiali” di Lucio Caracciolo
Barack Obama è stato rieletto per salvare l’America da un’altra recessione, non per cambiare il mondo. E lui lo sa bene. In cima alla sua agenda tre parole: jobs, jobs, jobs. Ma posti di lavoro e benessere sociale non sono funzione solo del ciclo e della politica economica. Sempre più dipendono dal modo in cui l’America sta al mondo. Dalle relazioni politiche, commerciali e finanziarie con il resto del pianeta, Cina in testa, che non accetta più il Washington consensus e non dimentica che la crisi in corso è nata a Wall Street. Ma anche dalle guerre che l’America deve o dovrà combattere, anche se ne farebbe volentieri a meno. A cominciare dalla guerra al terrorismo, giunta al suo undicesimo anno. Per continuare con il possibile attacco preventivo all’Iran, d’intesa o meno con Israele, che Obama farà di tutto per evitare ma che potrebbe scoppiare per decisione di Gerusalemme e per il rifiuto iraniano di negoziare sul serio. La differenza fra politica interna e politica estera è che l’agenda domestica si può largamente progettare, mentre …