Il giudizio dell’Europa sui conti pubblici italiani rispetta le attese, l’anno venturo il saldo strutturale sarà in sostanziale equilibrio, però si avverte che «il consolidamento del bilancio continua solo sino al 2013». Nelle sue previsioni autunnali, la Commissione Ue ammette di non vedere chiaro a partire dal 2014, anno di crescita debole (soprattutto in relazione agli altri paesi Ue), di finanza pubblica «preoccupante» e di mercato del lavoro prossimo al dramma. E’ quest’ultimo il problema. Su spese e entrare si può ancora trovare un compromesso. Sui 250 mila posti che perderemo nei prossimi due anni e sui senza lavoro che arriveranno all’11,8% c’è poco da parlare. Servono i fatti per ridare la speranza.
Il titolo del documento racconta un’Europa che «naviga in acque tempestose». Lo scenario a breve termine, scrivono i servizi del commissario all’Economia, Olli Rehn, si presenta «fragile». Bruxelles rivede al ribasso la stima di crescita del Pil dell’Eurozona per il 2012 (a -0,4%) e lascia invariata il 2013 (0,1%); nel 2014, balzo auspicato all’1,4. Distonica l’Italia. Peccato. Si prevede che il pil in contrazione del 2,3% quest’anno, del 0,5% nel 2013, per tornare positivo (0,8%) nel 2014, sempre in assenza di nuove politiche. I dati del prossimo biennio sono peggiori di quelli indicati da Palazzo Chigi: Roma crescerà come la Spagna e meno dell’Irlanda.
I tedeschi fanno la locomotiva. Crescita del 2% nel 2014 e disoccupazione al 5,5, oltre il doppio e oltre la metà dei nostri dati. Nonostante ciò, l’andamento della Germania crea inquietudine al presidente della Bce, Mario Draghi, che (scrive l’Ansa) ha detto a Francoforte che «l’economia tedesca inizia a risentire dell’impatto della crisi del debito in Europa». Nei numeri nella Commissione la minaccia non traspare. «La domanda resta elevata nonostante l’ambiente incerto», scrivono i tecnici di Rehn.
La ripresa dipenderà molto dalla Germania, oltre che «dalla capacità di tutti di insistere con le riforme e di continuare nel consolidamento», giura Rehn. Un po’ di crescita si avrà già a fine 2013, il resto dopo. La ripresa del mercato del lavoro sarà lenta. L’Europa brucerà 730 mila posti di lavoro prima che il ciclo torni positivo: 11 persone su 100 saranno a braccia incrociate fra poco più di dodici mesi. Soprattutto tra i giovani. «Si rischia di perdere una generazione», avverte la Commissione.
Il quadro non aiuta l’Italia. «L’incertezza e la liquidità stretta ritardano la ripresa», riassume Bruxelles. C’è moderata soddisfazione per l’aggiustamento strutturale di oltre 2,25 punti effettuato nel 2012, cosa che mette sulla rotta per un disavanzo strutturarle dello 0,4% del pil nel 2013 (il governo ha promesso il pareggio, ma Bruxelles non protesterà). Nel 2014 «la spesa comincerà ad aumentare ad un ritmo più rapido», anche «in funzione della fine della deindicizzazione delle pensioni d’oro». Il disavanzo strutturale 2014 è visto allo 0,8% del pil, sei decimi di punto oltre il riferimento italiano. Si manifesta una divergenza contabile. Rehn ritiene che raggiungeremo una posizione vicina al pareggio strutturale nel 2013 «purché siano attuate pienamente le misure decise l’anno scorso e quest’anno; è importante mantenere l’equilibrio».
Il rallentamento della riduzione del debito «è fonte di preoccupazione, soprattutto alla luce di prospettive di crescita modeste». Bruxelles non computa le privatizzazioni, «gli introiti non sono stati svelati». Si richiede una disposizione ad interventi correttivi che rischiano d’essere necessari. Un’altra stangata, insomma. Nel 2012-13 «le ore di lavoro cadranno», colpa della competitività che manca. Nel 2014 quasi tutti saranno ripresi. Noi saremmo indietro. Nonostante le riforme che Bruxelles ha dimostrato di apprezzare.
La Stampa 08.11.12
Pubblicato il 8 Novembre 2012