Basta con le botte, gli stupri, gli omicidi tra le mura domestiche. A dirlo in una nuova campagna questa volta sono i maschi. Attori, registi e musicisti, ma in generale uomini. Che scelgono di distinguersi. Marco, Gianni, Gabriele. Uomini normali. Filmaker, agricoltori, taxisti. Che dicono no alla violenza sulle donne. Non dovrebbe sembrare strano, eppure è una bella emozione guardare i loro video sul canale YouTube di noino.org , la campagna contro la violenza maschile promossa dall’associazione Orlando con il contributo di Fondazione del Monte. Uomini, finalmente, che scelgono di distinguersi. Che hanno capito come solo distanziandosi, pubblicamente, dal brodo culturale che permette alla violenza di genere di continuare indisturbata, si può davvero cambiare la situazione. Cambiare il fatto che in Italia ogni sette minuti ci sia un uomo che stupra o tenta di stuprare una donna. Che ogni tre giorni una donna venga uccisa da uomo, che un quinto dei mariti o fidanzati del nostro Paese faccia sempre o ripetutamente violenza psicologica sulla propria partner.
Perché la violenza non è solo l’atto fisico, non è solo il femminicidio, di cui sentiamo ultimamente parlare in abbondanza. La violenza sulle donne, come racconta bene la campagna, è fatta di tante cose: di minacce, umiliazioni, costrizioni, di paura, di isolamento, di offese.
«Chi picchia una donna non è un mostro, di solito è suo marito, il suo compagno o il fidanzato. Un uomo come noi. Ma noi non siamo come lui» afferma Marco , filmaker , la spilletta rossa di Noino attaccata alla maglietta, un segno di riconoscimento. Sono persone come lui quelle che servono a dire basta alla violenza sulle donne. Ce ne vorrebbero sei milioni e 743mila, quante il numero di donne italiane che fra i sedici e i 70 anni hanno subito violenza fisica o sessuale da un uomo, dati Istat del 2006. Forse non arriveranno a incontrarne tanti, le ragazze di ComuniCattive che stanno portando avanti la campagna, ma i loro video sono già un buon inizio. Perché ognuno di noi, non importa a quale genere appartenga, non può non essere sollevato nel sentire che c’è un taxista di nome di nomeSilvano che guarda in camera e dice: «No ai panni sporchi che si lavano in famiglia. Perché quando un uomo minaccia sua moglie non sono fatti loro, è violenza».
Oppure ad ascoltare Guglielmo, dell’azienda “Le mucche di Guglielmo”, mentre sostiene, davanti al suo banchetto, che: «Oggi gli uomini, tutti noi, dovremmo porci delle domande su perché questo accade e lottare tutti assieme perché non accada più».
Sono loro i testimonial di questa campagna. Sono Gabriele Bertuzzi, il produttore di fiori di Bologna o Luigi, col cappello da cowboy, che dice: «Io sarei nessuno senza mia moglie. Rispettate le donne, rispettate il loro lavoro», oppureDario, l’istruttore di Boxe, che ricorda che «In palestra, con l’avversario che hai di fronte è forza. In casa è solo violenza» .
Sono loro gli uomini che vorremmo sentir parlare più spesso. Poi ci sono i volti famosi, quelli del cinema, come per gli attori Ivano Marescotti e Giampaolo Morelli o il regista Giovanni Veronesi. Ci sono calciatori come Alessandro Diamanti, lo scrittore Stefano Benni, il cantante Vinicio Capossella, il professore Andrea Segrè. Servono tutti, per arrivare a quei sei milioni di uomini che dicano «Io non ci sto», che raccontino, una volta per tutte, che gli uomini, i maschi, non sono tutti uguali. Che ci si può e ci si deve distinguere, perché la violenza sulle donne è un problema che riguarda tutti quanti. Chiunque può aderire, inviando la propria foto, mettendoci la faccia. E dicendo: «Io no».
L’Espresso 05.11.12
Pubblicato il 6 Novembre 2012