Alla fine pare che i fondi per mantenere il livello di assistenza ai malati gravi non autosufficienti, come principalmente quelli colpiti dalla Sla, siano stati trovati. C’erano dunque. Ma il disegno di legge di stabilità, presentato dal ministro dell’Economia e delle Finanze a nome del governo, li tagliava, destinandoli altrove. Se il lavoro che si svolge in Parlamento per riscrivere la manovra finanziaria di fine anno risolverà il problema, si potrebbe esser soddisfatti, un errore e un torto saranno stati riparati e si potrebbe dire che tutto è bene quel che finisce bene. Non è però così semplice e la vicenda, anche se avrà conclusione positiva, merita qualche riflessione. Anche perché potrebbe essere vista come l’esempio di un problema più generale.
Il diritto alla salute – intesa questa come il più elevato livello dello stato di salute raggiungibile dalla persona – è l’unico diritto che la Costituzione qualifica come fondamentale. E non per enfasi e sovrabbondanza redazionale, ma per meditata e discussa ragione nel corso dei lavori dell’Assemblea costituente. L’Italia è poi tenuta a garantire questo diritto per trattati internazionali come il Patto delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali, la Carta sociale europea e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Certo la disponibilità delle risorse economiche incide sulle prestazioni dello Stato anche in materia di diritto alla salute e di diritti fondamentali in generale. Ma un’attenta identificazione delle priorità è indispensabile e deve essere motivata e aperta alla discussione. Nulla di questo è avvenuto, fino a quando hanno fatto irruzione i malati e le loro famiglie, forti della loro estrema debolezza e dell’irresistibile impressione delle immagini del dolore esposto davanti alla sede del governo.
Possibile che, almeno per prudenza se non per rispetto di quei malati, il governo non abbia evitato di dover affrontare l’insostenibile impatto dell’indignazione e della reazione sorte nell’opinione pubblica e quindi in Parlamento? Una risposta può essere forse trovata nel fatto che il disegno di legge di stabilità viene presentato dal solo ministro dell’Economia e delle Finanze, senza l’abituale «concerto» degli altri ministri interessati. Ma sarebbe una risposta formalistica e insufficiente. In realtà è illuminante il fatto che, quando la proposta governativa ha incontrato le prime critiche, la reazione è stata del tipo: «Fate quel che volete, purché il saldo rimanga invariato». Il saldo, quindi, unico scopo da ottenere. Perché il saldo è «tecnico» e il resto è «politica»! Certo le scelte tra i vari interessi e valori da proteggere o promuovere o invece penalizzare o limitare appartiene alla sfera della politica, che trova il suo luogo naturale nel Parlamento e i suoi attori nei partiti politici e nelle organizzazioni della società. Ma è difficilmente comprensibile l’estraneità ostentata e a tratti persino compiaciuta dei responsabili economici del governo, che palesemente godono di un’assoluta preminenza. Così soltanto si spiega che, solo al montare della protesta, i ministri della Salute e delle Politiche Sociali abbiano potuto intervenire e operare efficacemente.
I malati gravi non autosufficienti, portatori di patologie degenerative, oltre a richiedere le cure e gli strumenti necessari per sopravvivere, hanno necessità di disporre delle apparecchiature, che consentono loro di alleviare il peso della vita: si tratta di apparecchi costosi e in continua evoluzione tecnologica, che consentono di spostarsi, comunicare, compiere gesti elementari. L’assistenza continua è indispensabile, così come una complessa organizzazione di mezzi e persone. Quando il malato si trova nel suo domicilio, non si può imporre ai famigliari un impegno totale, continuo, insostenibile. Tra l’altro, se l’assistenza domiciliare efficace non è assicurata, necessariamente aumentano i ricoveri e i relativi costi per il Servizio Sanitario Nazionale. La questione dunque rientra a pieno titolo nel campo della politica sanitaria e del diritto alla salute. Essa merita di essere discussa e poi decisa riconoscendone la complessità e delicatezza. Malamente è affrontata con la brutalità dell’Economia. Meglio la consapevolezza e la responsabilità della Salute.
La Stampa 06.11.12
Pubblicato il 6 Novembre 2012