L’Italia soffre di molte anomalie rispetto alle democrazie europee. Una riguarda il tema delle relazioni sindacali. In nessun Paese accade che non si sappia quale sia l’efficacia giuridica di un contratto collettivo non sottoscritto da tutti i sindacati rappresentativi. Che sia, inoltre, incerta la natura e la composizione delle rappresentanze sindacali aziendali, che appaia possibile espellere dalla rappresentanza in azienda il sindacato che dissente dal contenuto di un accordo e, pur essendo rappresentativo, non lo sigla. Quanto accaduto, appunto, alla Fiat in questi anni è il sintomo più vistoso di una anomia che è una delle principali cause all’origine del disordine e della inefficienza del sistema delle relazioni sindacali. Ha fatto bene quindi Susanna Camusso, in un intervento sul Corriere della sera di ieri, a porre il problema di una regolazione della rappresentanza. La questione si trascina da tempi ormai immemorabili, da quando risultò impraticabile l’attuazione dell’art. 39 della Costituzione. Per un lungo periodo il problema fu oscurato dalla indubbia rappresentatività delle maggiori confederazioni e dal loro rapporto unitario. Ma la crisi, prima, dell’unità sindacale e poi la crescente disarticolazione del sistema hanno reso non più tollerabile questo vuoto normativo. In questo quadro anche le regole pattizie, come quelle stabilite dall’accordo Cgil, Cisl, Uil del 28 giugno 2011 mostrano scarsa tenuta. Perciò sarebbe necessario un primo, parziale, intervento di legge che si potrebbe adottare già in questi mesi che ci separano dalle elezioni, rinviando la complessiva soluzione del problema alla prossima legislatura, quando il tema della rappresentanza e della democrazia sindacale dovrà essere affrontato assieme a quello della democrazia economica, ponendo in virtuosa connessione l’attuazione dei principi di cui agli articoli 39 e 46 della Costituzione. Questo primo e «leggero» intervento di legge dovrebbe riguardare tre specifiche questioni, che attengono agli aspetti più critici delle relazioni contrattuali: l’efficacia giuridica dei contratti collettivi aziendali, da subordinare alla approvazione maggioritaria di rappresentanze elette da tutti i lavoratori, le procedure del ricorso a referendum in caso di dissenso espresso da un sindacato rappresentativo o da una significativa percentuale dei lavoratori interessati e il diritto a costituire rappresentanze aziendali in capo alle organizzazioni che superano un soglia di rappresentatività nella media tra iscritti e voti riportati in libere elezioni. Le soluzioni indicate nell’accordo del 28 giugno 2011 potrebbero quindi essere recepite in legge in termini persino testuali. Né potrebbero negarsi al caso di specie i requisiti della «urgente necessità» che autorizzano il ricorso allo strumento del decreto legge. In questo modo non si interverrebbe direttamente sull’aspra situazione conflittuale determinatasi alla Fiat, che esige piuttosto misure del tipo moral suasion di cui certo il governo e le più alte autorità della Repubblica non difettano, ma si introdurrebbe una prima regolazione della rappresentanza sindacale che corrisponde indubbiamente agli interessi generali del Paese.
L’Unità 05.11.12
Pubblicato il 5 Novembre 2012