Il movimento di Beppe Grillo sta conquistando un largo consenso elettorale, al Nord come al Sud, nelle elezioni comunali come in quelle regionali. Un vento nazionale di rivolta contro la corruzione dei partiti e l’incompetenza di un establishment che resiste al cambiamento. Il giudizio degli elettori che votano M5S e quello dei giudici e dei tribunali sembrano andare nella stessa direzione, che è quella di fare piazza pulita della classe dirigente che si è stabilizzata nell’Italia del post-Mani Pulite. Il movimento ha la dignità della cittadinanza democratica e le opinioni dei cittadini meritano rispetto. Ma come cittadini abbiamo anche il bisogno e il dovere di capire, di esaminare criticamente il nostro tempo. Pur nella difficoltà dettata dalla velocità e radicalità del cambiamento.
Il M5S rappresenta come il compimento del lungo processo che ha portato la società civile dentro la politica, saltando l’intermediazione delle associazioni partitiche, quelle che la nostra Costituzione indica come essenziali nella determinazione della volontà sovrana. Si potrebbe parlare di processo di impossessamento della politica da parte dei cittadini come persone private. Silvio Berlusconi ha ovviamente rappresentato la forma estrema di questo processo, anche per gli oggettivi mezzi economici di cui disponeva che gli hanno consentito un’appropriazione non solo simbolica. L’aspetto che più interessa è vedere come questa rivoluzione della società civile contro la società politica abbia cambiato radicalmente le forme del giudizio, del linguaggio e del movimento politico. Come abbia immesso nel discorso pubblico il giudizio estetico insegnando a giudicare politici e politiche con l’occhio del gusto personale: non per capire che cosa sia “giusto o ingiusto” ma che cosa “ci piace o non ci piace”.
Il fatto è che una domanda che interroga il gusto è naturalmente più istintiva e meno riflessiva, difficile tra tradurre in discorso ragionato sul quale trovarsi d’accordo o schierarsi. Si dice infatti che de gustibus non disputandum est proprio perché il gusto è un giudizio soggettivo non deliberativo. Per esempio le virtù della politica – la prudenza, la moderazione, l’onestà – possono essere valutate a partire da informazioni corroborate con una certa oggettività, e possono produrre opinioni che non sono solo mie o tue: discutere sulle virtù o i vizi politici porta i cittadini a fare ragionamenti utili ai fini delle scelte politiche. Ma le virtù estetiche – la prestanza, la simpatia, la bellezza – non hanno altra base d’appoggio che l’emozione; su di esse si conviene per via di impressionabilità o di chiacchiera.
A partire dalla fine dei partiti tradizionali, questa nuova pratica del giudizio e del discorso ha determinato anche nuove forme organizzative mettendo in risalto soprattutto la persona del fondatore, unico punto capace di unire persone diverse con gusti diversi. Dall’esperimento di Forza Italia in poi, tutti i nuovi gruppi politici sono stati come associazioni di affiliati sotto il nome e la persona di chi li ha iniziati. Anche il M5S rientra in questo modello. Ed è interessante osservare come per “Non-Statuto” (così si chiama il regolamento del movimento) i militanti del M5S siano definiti “utenti” – individui che entrano nel blog dove la loro voce è come un’eco che riproduce i temi del discorso lanciato dal Grillo. L’idea, certo dettata da onestà e volontà di pulizia, è di presentare il bloggismo degli utenti come un segno di libertà perché fuori dalle “formalità” e dagli statuti di partito. Il fatto è che questa libertà dalla formalità non è detto che si traduca in maggiore libertà. I dissapori interni al movimento e le periodiche scomuniche dimostrano che la mancanza di forme non è garanzia di libertà. La parabola dell’espansione del privato nella sfera politica può dunque essere un grave ostacolo alla libertà democratica. Prevedendo questo, la Costituzione ha voluto riconoscere ai cittadini il diritto di “associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
La Repubblica 03.11.12
******
Cinque stelle, rivolta delle donne “Grillo maschilista e dittatore”, di Giovanna Casadio
A scatenarsi contro Grillo questa volta è proprio la “sua” base. Infelice è stato il post sul “punto G”, quello con il quale il guru del MoVimento 5Stelle ha bacchettato Federica Salsi, la consigliera comunale grillina di Bologna, colpevole di essere andata in tv a
“Ballarò”.
«Il punto G, quello che ti dà l’orgasmo nei salotti dei talk show», l’ha rimproverata Grillo. Frase «sessista». Salsi si sfoga: «Grillo è stata una delusione, ha mostrato di essere vittima della cultura berlusconiana di questi anni. È stato sgradevole. Un maschilista come altri». Uno, insomma, che dà una connotazione negativa «a una qualità delle donne, è roba da medioevo, veramente degradante». Riceve la solidarietà di un’altra consigliera grillina: Raffaella Pirini di Forlì, sempre in tv, al
Tgcom24,
dichiara: «Grillo è stato sgarbato e inopportuno ». Web diviso sul “punto G”. Ma sull’altra uscita di Grillo – cioè il ticket con Di Pietro e l’idea di lanciare l’ex pm al Quirinale – piovono i “no” e i malumori dei grillini. Tremilatrecento commenti in due giorni e la stragrande maggioranza dà l’alt, con inviti del tipo: “Ti sei brasato il cervello?”; “È un suicidio politico”; “Di Pietro non ha immobili a sufficienza, gli serve anche il Quirinale?”. Grillo è accusato di essere
«maschilista e dittatore». Il MoVimento non vuole accoppiarsi ai partiti, difende la linea che Giancarlo Cancelleri, stravincitore grillino in Sicilia, ha definito delle “zitelle acide”. Salsi rincara: «Da Beppe mi sento tradita. Proporre Di Pietro presidente…era contaminata l’acqua dello Stretto di Messina?». Stretto che Grillo ha attraversato a nuoto alla vigilia del voto siciliano. In Sicilia, il leader di Cinque Stelle aveva detto: «Polizia e carabinieri votano per noi, perché hanno due coglioni gonfi così di portare i politici a fare la spesa o a scopare».
Ora tra i grillini è caos, tanto quanto nell’Idv. Il partito di Di Pietro è sull’orlo della scissione. Pesantissimo è l’attacco che Massimo Donadi, il capogruppo a Montecitorio, muove al leader: «È come Berlusconi». Dopo la puntata tv di
Report
sull’uso dei fondi del partito per investimenti personali, l’ex pm simbolo di Mani pulite va al contrattacco. In un post sul suo blog ieri – dal titolo “Da mia sorella Concetta: Tonino fai il tuo dovere e pagane le conseguenze” – spiega: «È il “giorno dei morti”, e io sono appena arrivato a Montenero per far visita ai miei genitori
che riposano al cimitero…rispondo ad alcune delle molte “perle” di disinformazione… ». Parla di «killeraggio politico». Descrive con dossier alla mano quali sono le proprietà dei figli. Annuncia che renderà conto di tutto. Minaccia querele.
Però la polemica sul futuro del partito s’infiamma. Bersani ritiene pericoloso l’asse Grillo-Di Pietro: «Il ticket Di Pietro-Grillo non è utile per il paese. Non so se sia quella la direzione presa da Di Pietro, ma ognuno va dove lo porta il cuore». La saldatura tra i due leader populisti preoccupa il Pd.
Nichi Vendola giudica la scelta di Di Pietro «un grave errore». Apre a Grillo, Marco Pannella: «Dialoghi con noi». Intanto, la resa dei conti in Idv è partita. Franco Barbato chiede l’espulsione di Donadi. Molti dipietristi sono ostili all’offerta di Grillo, la ritengono una Opa su un Idv all’angolo. La contaminazione M5S-Idv è però avviata.
La Repubblica 03.10.12
Pubblicato il 3 Novembre 2012