C’è almeno una cosa che va riconosciuta a Silvio Berlusconi: la sua inesauribile capacità di sorprendere. In Germania un politico con un curriculum come il suo, intessuto di scandali, promesse elettorali non mantenute e un mix di clientelismo, paternalismo e sconcezze non avrebbe il minimo spazio. Se dico questo, non è per compiacermi di essere cittadino di un Paese ordinato, anche se, devo ammetterlo, sono contento che la Germania possa contare su istituzioni relativamente solide, servite da politici mediamente affidabili. Lungi da me l’idea di proporre ad esempio il modello tedesco. Peraltro non posso nascondere che in un certo senso la personalità del Cavaliere sollecita il mio rispetto. Ci vuole una forza davvero straordinaria per sostenere un così gran numero di processi, scandali, sconfitte e rialzarsi ogni volta in piedi. A mio parere, questa sua capacità è dovuta solo in parte ai mezzi economici e al potere televisivo di cui dispone; da quando è entrato pubblicamente (nel 1994) nell’arena politica, ha saputo trovare i toni giusti per far vibrare determinate corde nell’animo di molti italiani. Senza dubbio la sua longevità politica è dovuta anche all’aspirazione di molti italiani ad ammirare un imperatore
da operetta.
Non essendo un politico, posso esimermi dal vellutato linguaggio diplomatico che la stessa Angela Merkel ha sempre dovuto adottare nei suoi rapporti con Silvio Berlusconi. Quando in Italia la carica di presidente del consiglio fu affidata a un tecnico definito «non politico» come Mario Monti, i tedeschi tirarono un sospiro di sollievo. Perché in Germania prevale, per motivi sia storici che culturali, un sentimento di simpatia verso l’Italia, il Paese
ove furono firmati, nel 1957, i Trattati di Roma; e perché è noto che fin dai tempi di Altiero Spinelli, per gli italiani il progetto europeo non è solo una simpatica idea, ma qualcosa di ben più importante. Per questo, molti in Germania erano convinti che il Bel Paese meritasse qualcosa di meglio di quell’impresario o imbonitore politico. Abbiamo provato sconforto davanti alle figure a volte ridicole di Berlusconi in occasione di numerosi Vertici internazionali, e ai suoi atteggiamenti da compare nei confronti di Gheddafi o Vladimir Putin: hanno compromesso gravemente il prestigio del suo Paese. L’Italia è diventata sinonimo di scarsa serietà politica. È in buona parte a lui che va ascritta la responsabilità del declino economico e istituzionale dell’Italia, e del suo declassamento
nel contesto degli stati europei.
Anche l’Italia, come ogni altro Stato, ha bisogno di uno schieramento politico efficace che occupi l’area a destra del centro. Ma qui una forza politica di questo tipo ha cessato di esistere dopo il tracollo della Democrazia Cristiana, nei primi anni 90 del secolo scorso. Né Berlusconi, né la sua corte e i suoi alleati hanno preso in seria considerazione
l’idea di un partito inteso come associazione tra cittadini. Ai loro occhi la forma politica era irrilevante. Ora, un partito è, o meglio deve essere anche un’istituzione. Persino da questo punto di vista, Berlusconi e il suo seguito hanno dimostrato la loro mancanza di rispetto per le istituzioni. È vero che anche i partiti a sinistra del centro non sono riusciti a darsi un profilo chiaro, né a dar prova della consistenza che dovrebbe avere una sinistra post – comunista, riconciliata con la borghesia: altra grave debolezza, che a mio parere grava pesantemente sull’Italia. Ma nell’area a destra del centro la debolezza e la confusione sono realmente devastanti: qui si è tradito, allo stesso modo il cristianesimo e
la borghesia.
Ecco perché ci siamo rallegrati quando recentemente Silvio Berlusconi ha annunciato la sua decisione di ritirarsi dall’arena politica: con o senza il contributo di Alfano, quel momento avrebbe potuto segnare un nuovo inizio. Il fatto che il cavaliere abbia deciso di ripresentarsi, evidentemente al solo scopo di continuare a godere dell’immunità, rappresenta l’ultima buffonata, fuori tempo massimo, di un politico dall’ego ipertrofico. Spirito ossessivo da cui l’Italia non riesce a liberarsi. Ancora una volta, nella sua astrusa conferenza stampa a Villa Gernetto, Silvio Berlusconi si esibisce in invettive, insulti e contumelie. L’Italia, sostiene, è nelle mani di una magistratocrazia di sinistra; e ad Angela Merkel attribuisce un «sorrisino al veleno». È vero che a volte, quando la cancelliera atteggia la bocca a uno dei suoi sorrisi accattivanti, è difficile sapere come interpretarlo: non è sempre detto che esprima sentimenti amichevoli. Nelle trattative è certamente tosta: un’avversaria politica dura, sempre restia a scoprire le sue carte, diffidente a trecentosessanta gradi. Detto questo, è inaccettabile che Berlusconi si metta a battere
il tasto dei pregiudizi anti – tedeschi (a mio parere assai meno condivisi dalla popolazione italiana di quanto vogliano far credere gli articoli pubblicati da certi giornali). Ha accusato il presidente del consiglio Mario Monti – da lui sostenuto controvoglia quando i fallimenti della sua politica lo hanno costretto a dimettersi – di essere «un vassallo della Germania egemone di Angela Merkel». Non diversamente dai sobillatori delle piazze di Atene, Berlusconi cerca oggi di accreditare la leggenda di una perversa volontà di dominio tedesca, che sarebbe all’origine di una (possibile) politica di austerità. E spera così di far dimenticare che proprio la sua politica di tentennamenti e rinvii delle riforme ha contribuito a far precipitare l’Europa nella crisi. È un po’ come l’incendiario che si sgola a chiamare i pompieri: da ridere, se il pericolo non fosse così grave.
Mario Monti ha accettato di affrontare un’impresa acrobatica: in tempi stretti – da qui alle elezioni di marzo – dovrebbe realizzare un pacchetto di riforme. E contare sul consenso di un parlamento responsabile dei gravi problemi del Paese. Il ghiaccio su cui si sta muovendo Monti è sottile. Berlusconi lo attacca apertamente, con grave danno per l’attuale governo tecnico. Sostiene di agire nell’interesse del Paese: può solo far ridere. Se dall’esterno mi è consentito esprimere una speranza, mi auguro che in Italia le forze politiche a destra del centro riescano finalmente a creare una formazione efficace, che non abbia più bisogno di Berlusconi e sappia emarginarlo. Il Bel Paese merita qualcosa di meglio della prosecuzione di una soap opera ormai veramente insulsa.
Traduzione di Elisabetta Horvat L’autore è direttore di Die Welt
La Repubblica 01.11.12
Pubblicato il 1 Novembre 2012