"Un populismo impotente", di Claudio Sardo
Silvio Berlusconi ha offerto ieri l’immagine di un populismo pericoloso e impotente. La sua era un’ira incontenibile che minacciava ogni cosa – dal governo Monti fin qui sorretto dai voti del medesimo Berlusconi alla Costituzione italiana, dalle alleanze europee alla stessa moneta unica – ma che in realtà non aveva la forza di spostare neppure uno stuzzicadenti. La parabola del Grande seduttore (e corruttore) contiene un voluminoso manuale di politica. Dopo aver esercitato un potere politico così grande come non ebbe neppure De Gasperi, dopo aver fallito miseramente e trascinato l’intero Paese sull’orlo del baratro, dopo aver subito una dura condanna penale per una reiterata evasione fiscale (delitto tra i più gravi ai danni dei cittadini-contribuenti), il Cavaliere ha tentato di dire agli italiani che lui può ancora fare la guerra. Che Monti, i magistrati, l’establishment, gli avversari, i cittadini devono temere la sua ira, il suo spettro politico. Ma Berlusconi in realtà non è neppure in grado di togliere la fiducia al governo. È così il populismo: minaccia quando viene sconfitto, gioca al tanto …