attualità, cultura

"Stop alla legge sulla diffamazione. Ostruzionismo PD", di Natalia Lombardo

Non solo un «bavaglio», il testo di legge sulla diffamazione sta diventando una vera museruola per la stampa, per di più rappezzata in mille modi. Un «pasticcio», a detta di molti senatori, una «legge mostro» per il Pd D’Ambrosio. Il ddl comunque ieri è stato rinviato in commissione Giustizia dopo che la discussione nell’aula del Senato si era impantanata sulla durata e le modalità dell’interdizione dalla professione, chiesta in modo più restrittivo dai pidiellini Balboni e Mugnai (uno degli avvocati berlusconiani). In un clima delirante, hanno riformulato la proposta ben sette volte, con sofismi tra «lo stesso reato» o il «reato della stessa indole» sul quale avrebbe dovuto decidere un giudice.
Il rinvio è «un passo avanti», per il Pd, dopo che la stessa richiesta di un ripensamento sul ddl era stata bocciata per un voto lunedì. Ieri pomeriggio in commissione Giustizia i democratici hanno messo in atto una forma di ostruzionismo, prolungando i tempi della discussione, perché l’intero testo sia rivisto e non solo l’articolo 1. In realtà Domenico Nania, che presiedeva l’aula, sostiene di aver rinviato tutto il ddl (confermato da Casson del Pd e Li Gotti dell’Idv), ma il Pdl ha insistito sul contrario. La questione non è solo formale, l’ostruzionismo ieri è andato avanti, martedì è stato calendarizzato dalla capigruppo il ritorno in aula del ddl, ma le commissioni ieri sono state fermate per la fiducia sul decreto sanità.
SALVARE SALLUSTI ALLA CAMERA
Lunedì Dario Franceschini, Pd, nella riunione dei capigruppo ha proposto di stralciare la punizione col carcere per i giornalisti, inserirla in un provvedimento già in commissione Giustizia, votarla subito e lasciare poi che al Senato si discuta in modo più approfondito una legge sulla diffamazione, senza essere condizionati dall’urgenza di evitare il carcere al direttore del Giornale. Franceschini ha avuto la disponibilità degli altri gruppi, ma tutto dipende da cosa accadrà in Senato.
A Palazzo Madama sul ddl il caos è totale, con un clima avvelenato da una logica autoritaria anti-stampa, espressa da centrodestra e Lega. Ma se nella settimana scorsa era meno netto il confine tra gli schieramenti, con una certa trasversalità fra chi voleva misure rigidissime, ora i «fronti» sono più netti: il Pd ha ritrovato l’unità nel contrastare il giro di vite sull’informazione approfittando del «caso Sallusti», insieme all’Idv, all’Udc e anche dall’Api.
Nel Pdl contraddizioni e posizioni divergenti sono tante, nonostante sembra che ci sia un pressing di Berlusconi perché si chiuda risolva presto la questione Sallusti (al quale, dicono nel Pdl, «non può voltare le spalle»). Ma nel partito il caos è totale: se i capigruppo Gasparri e Quagliariello avrebbero volentieri fatto a meno di toccare l’argomento, a parte il «salvare il soldato Sallusti», altri nel Pdl consumano vendette o vogliono dare prove di forza e di controllo sull’informazione, intimidendo il giornalismo investigativo. La Lega, anche questa in confusione, ha ritentato un asse col Pdl poi ieri ha protestato a 360 gradi annunciando di volersi tirare fuori. In tutto ciò il direttore del Giornale «cinguetta» sprezzante: «Senato di incapaci. Ma meglio in piedi a San Vittore che in ginocchio a palazzo Madama», è il tweet di Sallusti.
Ieri è comunque passata la riduzione da 100 a 50 mila euro delle multe e la soppressione del raddoppio della pena in caso di recidiva, proposti da due emendamenti del capogruppoUdc D’Alia, che ha tentato anche una modifica sull’interdizione. Ma su questo tema è scoppiata la bagarre. Esce una dichiarazione congiunta dei senatori Pd Vannino Chiti e Vincenzo Vita, che denunciano come i «presupposti originari» della legge (che ha scritto Chiti con Gasparri) siano stati «via via travolti e rovesciati persino in soluzioni opposte»: dalle multe cresciute a dismisura al «supplemento di esborso economico per le testate comprese nel Fondo per l’editoria», dalla «costosissima rettifica per l’eventuale reato commesso nella scrittura di un libro», alle pene accessorie sulla interdizione dalla professione «sottraendo la scelta all’Ordine». Un mostro autoritario, quindi. Bene dunque il rinvio in commissione. «Una decisione saggia, si è evitata almeno per ora una nuova clamorosa retrocessione in Europa», ha commentato Beppe Giulietti, che con Articolo21 continuerà a raccogliere firme contro la «legge bavaglio».
L’Unità 31.10.12