Il governo sta lavorando ad una soluzione diversa: i fondi possono essere recuperati su altri capitoli di spesa, ma non sul personale. La proposta, inserita nel disegno di legge sulla stabilità che comincia domani l’iter alla Camera, ha suscitato la sollevazione unanime di docenti di ruolo e non, sindacati, partiti, nessuno escluso. Il 24 novembre è in calendario uno sciopero generale. Una sollevazione. Il governo è stato colto di sorpresa e lo stesso ministro dell’Istruzione Francesco Profumo si è dichiarato disponibile a tornare sui propri passi. Rossi-Doria, a quanto si sa, era contrario fin dall’inizio
all’aumento delle ore, che consente di risparmiare cinque volte di più di quanto richiesto dalla spending review, ovvero 780 milioni contro i 183 necessari. Il “tesoretto” eccedente di oltre 600 milioni, nelle intenzioni del governo, poteva essere utilizzato per investimenti nella scuola, su personale, didattica e strutture. Ma chi ne avrebbe sopportato il peso? Migliaia di precari letteralmente spazzati via dalla sera alla mattina. E i docenti di ruolo, costretti a lavorare più ore con lo stesso stipendio di prima.
Rossi-Doria era ben consapevole della complessità delle questioni sollevate. E della necessità di avere a disposizione tempi più lunghi di quelli di fine legislatura, per affrontare una materia così scottante. Lo sforzo di mediazione del sottosegretario, che lavora in pieno accordo con il ministro ma porta il contributo autonomo di chi nella scuola ha lavorato duramente,
ora sta dando i suoi frutti.
Rossi-Doria, il governo dei tecnici sta risanando i conti, e non è poco ovviamente, ma rischia di passare agli occhi di milioni di italiani come l’esecutivo che tutela solo i forti e i garantiti.
«Far passare un maggiore orario nella scuola media di primo e secondo grado dentro una norma sulla stabilità comporta evidenti rischi politici. Una norma sul tempo di lavoro di chi è già occupato e di chi è precario deve passare attraverso una concertazione seria con tutti i protagonisti. Il mio impegno è per cambiare la norma durante la discussione parlamentare ».
Potevate pensarci prima.
«Non solo i sindacati, ma tutte le forze politiche hanno fatto notare che, accanto alle questioni innescate dall’aumento di orario, scatterebbe un ulteriore taglio per quei docenti che non hanno una posizione stabile. Ho sempre pensato che questo tipo di scelta va evitata, sono contrario al taglio di ulteriori posti di lavoro. I precari stabili sono persone con cui spesso ho lavorato fianco a fianco e hanno fatto funzionare la scuola italiana. Il tema semmai è un piano che salvaguardi il principio dei concorsi, giustamente ripristinati, e preveda una agenda di stabilizzazione per chi già lavora nella scuola».
Con quali fondi, considerati i tagli?
«Per reperire soldi per investimenti nella scuola occorre che la comunità nazionale rifletta su dove e come fare economie. Nel caso in questione anche il ministro Giarda ha ribadito alla Camera a nome del governo che si possono trovare altre soluzioni rispetto alla modifica oraria prospettata, a patto di rispettare quanto la spending review approvata dal parlamento ha deciso».
Concretamente dove troverete i 183 milioni da tagliare?
«Stiamo valutando alcune soluzioni e ne discuteremo con tutte le forze parlamentari, per condividere le scelte. Sarà questo il lavoro delle prossime settimane in Parlamento. Alla Camera stiamo lavorando con i gruppi parlamentari».
Ma lei è contrario in linea di principio all’innalzamento dell’orario
a 24 ore?
«Lo ribadisco: la scuola non ha bisogno di stravolgimenti, ma di innovazione. In questo senso va considerato che, in Europa, solo l’Italia fa coincidere l’orario di lavoro del docente con l’attività didattica in classe. Penso che il modello delle 24 ore delle scuole elementari possa essere esteso alle superiori: una parte dell’orario deve andare alla programmazione didattica, un’altra ai collegi e ai rapporti con le famiglie, al lavoro di recupero delle carenze di formazione, alla promozione delle eccellenze. Ma questo grande cambiamento ha bisogno di tempi più lunghi e di stare dentro una grande discussione nazionale, un nuovo patto per la scuola che ha bisogno del contributo di tutti, insegnanti, sindacati, associazioni, forze politiche».
Le 24 ore in “tempi più lunghi” che vuol dire?
«Una scelta del genere va condivisa attraverso un confronto culturale, sindacale e pedagogico. Dovrà essere data ai docenti, inoltre, la possibilità di scegliere in maniera più flessibile l’orario di lavoro. Al tempo stesso, l’innalzamento dell’orario a 24 ore va accompagnato con un programma di graduale assorbimento dei precari. Ecco, tutto questo richiede concertazione, gradualità, e tempi più lunghi per poter essere realizzato».
Quanto lunghi?
«Se ci sono le condizioni entro il 2015».
La Repubblica 21.10.12