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"Milano e il crepuscolo di un potere dal forzaleghismo ai travagli di Cl", di Gad Lerner

Ignaro del fatto che i due segretari ne avevano già programmato la liquidazione in data aprile 2013 per effetto di un proficuo comodato di scambio, sulla cui digeribilità ci permettiamo di nutrire ancora molti dubbi: a te Maroni la presidenza della Lombardia; la Lega in simultanea tornerà alleata del Pdl per le elezioni nazionali. Oplà.
Non a caso da allora il Formigoni silurato ha tentato invano di anticipare a dicembre la data del voto lombardo e di favorire la candidatura di Gabriele Albertini, dichiaratosi indisponibile a ulteriori patti elettorali con la Lega. Ma Berlusconi e Alfano da questo orecchio non ci sentono: loro sono disposti a concedere ai leghisti finanche la Lombardia, dopo il Veneto e il Piemonte, pur di colmare il distacco che li separa dal centrosinistra. Difatti il patto di vertice viene già salutato con favore dalle gazzette berlusconiane; il coordinatore lombardo del Pdl, Mario Mantovani, boccia le elezioni sotto Natale; i fedelissimi di Berlusconi in consiglio regionale ritirano le dimissioni annunciate; e La Russa propone di riunirsi alla Lega e poi contarsi attraverso delle primarie di coalizione. Per la gioia di Maroni che si accinge a celebrare la propria candidatura domenica prossima con un plebiscito ai gazebo del Carroccio.
La destra del Nord cerca di risorgere dalle macerie liberandosi di Formigoni e resuscitando il forzaleghismo. Operazione zeppa di incognite che forse sottovaluta il travaglio della galassia di Comunione e Liberazione, certamente delusa dai comportamenti spregiudicati del Celeste, ma recalcitrante all’ennesima resa di fronte al ricatto delle camicie verdi. Siamo alla resa dei conti. E i rapporti di forza favorirebbero la “presenza” e le “opere” strutturatesi in vent’anni di predominio ciellino nella sanità, nelle infrastrutture, nella formazione professionale, nelle fiere, nel tessuto cooperativo, non fosse che le alte temperature della nuova Tangentopoli stanno sciogliendo a velocità impensabile il ghiacciaio del sistema di potere formigoniano.
Per rendersene conto, prima ancora che a Milano bisogna rivolgere lo sguardo agli scandali che turbano la cattolicissima roccaforte di Bergamo, dove ieri si è dimesso il presidente della Compagnia delle Opere, Rossano Breno. La confessione dell’imprenditore Pierluca Locatelli che ha pagato un milione e duecentomila euro la licenza per una discarica d’amianto, colpisce soprattutto per la destinazione della parte più cospicua di questa somma: la ristrutturazione “gratuita” della scuola paritaria Imiberg, 700 studenti e 100 docenti, sita in un palazzo storico della Città Alta, fiore all’occhiello della “libertà d’insegnamento”
lombarda.
Nel dicembre scorso Formigoni aveva inaugurato il suo centro sportivo lodandone la fisionomia esemplare, fiancheggiato dal giornalista ciellino Ettore Ongis che sovrintende alla sua gestione da quando il vescovo Francesco Beschi l’ha allontanato dalla direzione dell’Eco di Bergamo per liberare il giornale della curia dai vincoli eccessivi del gruppo di potere ciellino. Talmente bene introdotto da sedere anche nel cda dell’Ubi, la ricca banca popolare orobica, di cui è membro lo stesso Rossano Breno, compaesano nel comune di Mornico
del segretario regionale del Pd, Maurizio Martina, insieme al quale nel 2009 promosse una lista civica tentando invano di sconfiggere il sindaco leghista. I militanti di Comunione e Liberazione sono turbati e offesi dalla disinvoltura con cui l’altro dirigente Cdo indagato per tangenti, Luigi Brambilla, ironizzava al telefono sul “senso religioso” di don Luigi Giussani, citato abusivamente per
compiacersi dell’appartenenza spregiudicata con cui quei manager intrallazzavano fra politica e affari (“Figa, è così! Il caro vecchio Don Gius c’ha ragione”). Ma non è tutto. Perché Bergamo sta facendo i conti pure con lo scandalo delle case vacanze per bambini delle scuole milanesi, tre gare d’appalto truccate per 32 milioni di euro, assegnate dall’assessorato della morattiana Mariolina Moioli a un’azienda di proprietà della Cisl bergamasca. Ora sono in carcere il suo dirigente Patrizio Mercadante e un manager del sindacato bianco, Dario Zambelli (membro anche del direttivo Cdo), entrambi bergamaschi come del resto il segretario della Cisl regionale, Gigi Petteni, in rapporti privilegiati con Formigoni e sdoganatore di un rapporto fra sindacato e Cdo prima di lui assai freddo.
Intrecci di relazioni capillari che si traducevano in denaro pubblico assegnato tramite canali privilegiati. L’arricchimento straordinario dei “consulenti” alla Daccò e alla Simone, le centinaia di milioni assegnati al San Raffaele e alla Fondazione Maugeri, rappresentano solo la punta dell’iceberg che ora si sta sciogliendo e travolge il sistema scaturito dalla deformazione degli ideali di don Giussani: dalla “presenza di personalità integralmente cristiane” alla “conversione testimoniata”, per sopraggiungere alla “sussidiarietà” intesa come “concorrenza fra pubblico e privato”. Invano la Lega ha cercato di inseguire i ciellini su questo terreno delle “opere”. La scuola Bosina di Varese, fondata dalla moglie di Bossi, Manuela Marrone, e alimentata con i rifornimenti di soldi pubblici dall’ex tesoriere Belsito, appare ben piccola cosa al cospetto dell’Imiberg bergamasca e degli altri istituti cattolici finanziati evidentemente non solo con il “buono scuola” erogato alle famiglie dalla Regione.
Resta da vedere se lo scoperchiamento di un sistema che i suoi artefici consideravano naturale e di cui declamavano l’efficienza al servizio dei cittadini, comporterà scelte politiche di rottura da parte di Comunione e Liberazione, ora che sembra rinascere l’asse Berlusconi-Maroni con il sostegno subalterno di La Russa. Di certo la riflessione interna avviata dall’autocritica
del capo spirituale di Cl, don Juliàn Carron, sacerdote spagnolo distaccato (e disgustato) dalla politica italiana, sta producendo i suoi effetti. Particolarmente doloroso fra i ciellini è constatare quali frutti abbia generato il silenziatore al messaggio evangelico applicato nei lunghi anni di alleanza con la Lega. Non a caso il più autorevole fra i politici ciellini, Mario Mauro, capogruppo Pdl al Parlamento europeo, pur difendendo l’esperienza del governo lombardo, oggi critica esplicitamente Formigoni per le sue frequentazioni. E, sempre Mauro, boccia l’idea di recuperare l’alleanza con la Lega, candidando Gabriele Albertini viceversa a coalizzare i moderati nell’alveo del Partito Popolare europeo.
E’ il preludio di una storica rottura, fallita l’illusione formigoniana di ereditare la guida del centrodestra nel dopo Berlusconi? Capiremo nelle prossime settimane se la Lombardia, dove il movimento di Comunione e Liberazione è divenuto un pezzo di società imprescindibile, destinato certamente a durare ben oltre il ciclo fallimentare del forzaleghismo, diventerà il laboratorio politico di una nuova formazione conservatrice. O se invece Formigoni sarà solo l’ennesima vittima divorata nel crepuscolo autodistruttivo del vecchio leader silenzioso, asserragliato nella villa di Arcore.

La Repubblica 18.10.12