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"La battaglia delle ventiquattr’ore", di Maria Grazia Gerina

«Se diciotto ore di lezione in classe vi sembrano poche…». Il loro no gli insegnanti, precari e non, lo hanno già detto forte e chiaro. E lo stesso ministro dell’Istruzione Francesco Profumo ha già annunciato una possibile marcia indietro. Ma nel testo definitivo consegnato al parlamento la legge di stabilità fa ancora conto di poter fare cassa su di loro, aumentando a parità di stipendio l’orario di lavoro fino a 24 ore a settimana. Lavoro in classe. Perché poi c’è tutto il resto, i compiti da correggere, le lezioni da preparare, i consigli di classe, il collegio docenti, i consigli d’istituto. All’articolo 3, comma 42, il testo della legge di stabilità, così come licenziato dal governo, spiega che «a decorrere dal primo settembre 2013 l’orario di impegno per l’insegnamento del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado, incluso quello di sostegno, è di 24 ore settimanali». Più precisamente: «Nelle sei ore eccedenti l’orario di cattedra il personale docente non di sostegno… è utilizzato prioritariamente per la copertura di spezzoni di orario disponibili» bontà loro, nella scuola dove il docente già insegna ma anche per le supplenze, per il sostegno se ne ha titolo, per il recupero, per eventuali ore aggiuntive di insegnamento, etc. etc.. Il piano è chiaro: caricando gli insegnanti di sei ore di lavoro aggiuntivo, senza aumentare loro lo stipendio, il governo potrà lasciare a casa un bel po’ di precari. Secondo la FlcCgil, si perderebbero in questo modo fino a 30mila posti di lavoro. Mentre il risparmio per lo Stato sarebbe anche superiore a quello inizialmente richiesto dal Ministero d el l ’Economia. Circa un miliardo di euro, secondo la Flc-Cgil, che ha già annunciato una nuova mobilitazione delle scuole. Con tanto di presidio davanti a Montecitorio, se sarà necessario, per accompagnare i lavori parlamentari, senza dare tregua ai deputati chiamati a votare in aula i sacrifici pianificati dal governo. Per ora, però, è lo stesso ministro Profumo ad accennare a una possibile marcia indietro. Lo ha fatto sabato scorso, spiegando in una intervista al Messaggero che l’orario è materia contrattuale da discutere con i sindacati e che perciò le 24 ore non scatteranno prima del 2014. Ma poi il testo di legge licenziato da Palazzo Chigi non è cambiato. Che sia rimasto così per esser usato come spauracchio? Ieri, il sottosegretario Giarda, rispondendo a una interrogazione parlamentare, ha ribadito che «il ministro Profumo ha dichiarato la sua disponibilità a rivedere, d’accordo con i gruppi parlamentari, la proposta contenuta nel ddl». E però ha anche ribadito che in un modo o nell’altro i risparmi che la scuola dovrà produrre in ossequio alla legge di stabilità sono quelli: 183 milioni di euro per il 2013, 173 milioni per il 2014, 237 milioni per il 2015. La domanda perciò è: ammesso che accetti di tornare indietro sulle 24 ore, l’es e cutivo Monti dove andrà a tagliare visto che i governi che l’hanno preceduto alla scuola hanno già tagliato tutto ciò che si poteva? In attesa di una soluzione alternativa che potrebbe non essere meglio di quella di partenza, da questa mattina, l’invito della FlcCgil a tutto il personale docente è di astenersi da ogni attività aggiuntiva in segno di protesta. Mentre per la prossima settimana è già in cantiere una sorta di «Occupy» della scuola che prenderà di mira gli uffici scolastici territoriali e regionali. Mentre una petizione sta già facendo il giro della rete al grido «Nessun aumento del carico orario dei docenti nelle scuole pubbliche» (vedi su www.petizionepubblica.it) .
da Pubblico giornale 18.10.12