“Abbiamo perso una grande occasione per immergere la scuola in un bagno di realtà. – lo dichiara Manuela Ghizzoni, presidente della Commissione Cultura, scienze e istruzione della Camera dei Deputati, commentando la lettera aperta che un gruppo di studiose e intellettuali ha inviato ai Ministri Profumo e Fornero in merito ai contenuti del bando per il concorso a posti e cattedre – Avere tra i criteri di selezione degli insegnanti la conoscenza della realtà dovrebbe essere un punto imprescindibile, e la realtà è fatta di donne e uomini. Dobbiamo invertire una tendenza che vede, anche nella scuola, il soggetto maschile che si autorappresenta ed interpreta il mondo a partire da sé. È invece necessario – spiega la presidente Ghizzoni – riportare la conoscenza ad una realtà che è rappresentata da entrambi i sessi. È proprio nella scuola che si possono porre i primi semi per abbattere gli stereotipi, anche a partire dalla formazione e dalla preparazione degli insegnanti. Non lasciamo cadere nel nulla le riflessioni emerse nella lettera a Profumo e Fornero: la politica ha il compito di rispondere, e – conclude Ghizzoni – se un patto per la scuola del futuro dovrà esserci, questo deve essere siglato per formare le cittadine e i cittadini attraverso una scuola che parli di donne e uomini.”
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“Cari ministri, non si può fare un concorso senza donne”
Lettera aperta al ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Francesco Profumo e alla ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali con delega alle Pari Opportunità, Elsa Fornero
Egregio signor Ministro,
a scrivere è un gruppo di studiose specializzate negli studi umanistici, la maggior parte delle quali docente nella scuola e nell’università. Alcune di noi vivono e insegnano all’estero, altre vi hanno trascorso importanti periodi di formazione professionale. Molte di noi sono precarie, e si apprestano a sostenere la procedura di selezione prevista dal concorso a posti e cattedre, decreto n. 82 del 24 settembre 2012.
Intendiamo riaprire pubblicamente il dibattito intorno a una questione, quella del genere e della sessuazione del sapere, che in molti paesi europei è ormai data come punto di partenza per la pianificazione pedagogica e didattica, ma che non riesce ad essere assunta come elemento centrale all’interno delle istituzioni italiane: il bando riflette le profonde contraddizioni di una società che continua a mettere in atto meccanismi sessisti senza riconoscere le trasformazioni del presente, né le questioni di genere.
Basta scorrere gli elenchi di autori che il candidato dovrebbe innanzitutto conoscere: tra i filosofi, nemmeno una donna; tra gli scrittori, una sola, Elsa Morante; nel programma di storia non c’è alcun accenno alla storia delle donne a alle questioni di genere; tra i fatti notevoli del Novecento non è menzionato il femminismo. Quando si parla di educazione linguistica non c’è nessun riferimento al linguaggio sessuato. Quando si parla di geografia, non c’è nessun accenno al genere come categoria di indagine. Quando nel programma di letteratura italiana si richiede di conoscere i principali orientamenti critici ancora niente donne, ancora nessun riferimento ai gender studies come prospettiva critica di rilievo.
Lo Stato continua a comunicare un’idea di sapere nel quale le donne e la differenza sessuale non trovano posto e la questione della relazione tra uomini e donne non è nemmeno minimamente sfiorata, anzi è del tutto rimossa. Che genere di formazione per i cittadini e le cittadine, quando i programmi sui quali questa si fonda pretendono ancora di presentare la finzione di un sapere neutro, asessuato? In che modo formare giovani cittadine forti e consapevoli, quando tutto il mondo a scuola non parla di loro, non parla a loro?
Allo Stato dunque non interessa che chi insegna sia in grado e voglia spiegare in maniera rigorosa e scientificamente aggiornata i meccanismi che hanno portato, per esempio, ad avere un canone letterario in cui tra trentacinque scrittori elencati solo una donna è stata ritenuta degna di menzione?
Una scuola per l’Europa non può lasciare le questioni di genere ufficialmente fuori dalla porta. La domanda che le poniamo è dunque: non le sembra giunto il momento di smettere di farle entrare dalla porta di servizio?
Laboratorio di studi femministi «Anna Rita Simeone» Sguardi sulle differenze, Università di Roma «La Sapienza» http://www.sguardisulledifferenze.org
Tra le prime adesioni, a sostegno delle ragioni della lettera:
Società Italiana delle Storiche (Sis), Società Italiana delle Letterate (Sil), Associazione degli Italianisti Sezione Didattica (Adi scuola), Laura Balbo, Bianca Beccalli, Elena Belotti, Francesca Brezzi, Marina Calloni, Adriana Cavarero, Cristina Comencini, Emma Giammattei, Rosetta Loy, Dacia Maraini, Marina Piazza, Simonetta Piccone Stella, Lidia Ravera, Maria Serena Sapegno, Clara Sereni, Chiara Valentini, Elisabetta Addis, Marina d’Amelia, Annalisa Rosselli.
l’Unità 16.10.12