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"La BCE e i veri dati sull'occupazione", di Fulvio Fammoni

La BCE sforna dati a ripetizione sulla occupazione in Europa particolarmente utili per fare chiarezza sul vero stato del lavoro in Italia, anche se purtroppo fermi al 2010 e con proposte di soluzioni sbagliate. Per anni si è demagogicamente affermato che noi stavano meglio della media europea. Per suffragare questa affermazione si usava il dato formale della percentuale di disoccupati che era più basso, ma si taceva che il tasso di occupazione lo era molto di più. Come si poteva contemporaneamente avere una disoccupazione quasi nella media e una occupazione molto più bassa? Come poteva la Spagna avere più disoccupati di noi e una percentuale di occupati più alta? Non considerando l’enorme area degli inattivi (siamo i primi Europa) e al suo interno chi è assimilabile alla condizione di disoccupato, come gli scoraggiati. Adesso la Bce, non estremisti o disfattisti come amava definirci il precedente ministro del Lavoro, mette la parola fine a questa discussione. «L’Italia è un chiaro esempio di come le cifre ufficiali sulla disoccupazione possano sottostimare la sottoutilizzazione della forza lavoro» è scritto nel rapporto della Bce. Guardando ai dati del 2010, quando il tasso di disoccupazione era intorno al 8.4%, «l’inclusione dei lavoratori scoraggiati renderebbe il tasso di disoccupazione italiano il sesto più elevato dell’ eurozona al 12.5%, 4.1 punti in più del tasso ufficiale di disoccupazione». Molti giornali e tg hanno titolato su una disoccupazione al 12.5%, ma si è trattato di una informazione parziale perché riferita al 2010. La metodologia usata dalla Bce se rapportata ai dati del 2012 (10.7% di disoccupati e scoraggiati in incremento) porta la disoccupazione reale attorno al 15%, un vero e proprio smottamento occupazionale. Lo ha segnalato per tempo l’Ires Cgil evidenziando non solo che il dato ufficiale della disoccupazione è ora più alto in Italia che nella Ue a 27, ma che la vera area della sofferenza occupazionale è arrivata all’enorme cifra di 4 milioni e 400mila persone. Si fa così giustizia delle non verità del precedente governo, ma il problema resta in tutta la sua drammaticità e purtroppo con il perdurare della recessione si aggraverà. Chi oggi propone l’aumento dell’orario di lavoro non solo fa propaganda, ma non si pone nemmeno il problema di riassorbire questo bacino come se risolvere questo dramma, oltre che decisivo per le persone, fosse ininfluente per la cosiddetta produttività del sistema. Chi invece non dice niente è il governo, che invece dichiara quasi su tutto. Nel 2012 la crescita della nostra disoccupazione è molto più accentuata rispetto all’Europa. Fra gennaio e luglio l’aumento dei disoccupati in Italia (+ 292.000) rappresenta un terzo dell’intero incremento complessivo europeo (+ 881.000). L’andamento della crisi e le scelte dell’esecutivo producono dunque effetti insopportabilmente negativi sull’occupazione. A questi milioni di persone non si può dire che la crisi si sta allontanando, soprattutto da parte di chi contemporaneamente stima, o meglio sottostima, in calo il Pil anche nel 2013. È evidente che il lavoro è il principale fattore non affrontato anche da questo governo per uscire dalla crisi

L’Unità 13.10.12