A Torino oggi e domani l’incontro organizzato da Se non ora quando. Gabriella, Lucia, Elèna, Zineb. Avevano 50,40,36,22 anni. Erano italiane, moldave, nordafricane, asiatiche. Lavoravano, non lavoravano. Erano madri, non avevano figli. Erano single, erano sposate. La loro storia non esiste mai in questi casi. Cancellata, ridotta a una fototessera di un documento d’identità, icona lugubre ripetuta all’infinito. Un trafiletto su un giornale, se il delitto non è stato particolarmente efferato. «Solo» una coltellata a spaccare in due il cuore. Gabriella, Lucia, Elèna e Zineb morte ammazzate da mariti, fidanzati, amanti e conviventi. Uomini killer che vengono protetti da alibi concettuali, linguistici. Giustificati. «Ha ucciso dopo un raptus, ha ucciso per gelosia, ha ucciso perché aveva paura di essere lasciato». La vittima non esiste mai: il maschio assassino, ancora una volta, è il protagonista.
Novantadue vittime in Italia dall’inizio dell’anno. Sono numeri da guerra. Perché la guerra è in atto ed è un conflitto di genere. Per questo, oggi e domani, le donne di «Se non ora quando» si ritrovano a Torino. Il titolo di questa nuova iniziativa è «Maipiucomplici», scritto così tutto di seguito, un concetto da dire in fretta, memorizzare in un attimo. Un titolo, una campagna lanciata da Snoq a maggio dopo il massacro di Vanessa Scialfa, vent’anni, uccisa dal fidanzato dopo una banale lite.
Spiegano: «Vogliamo affrontare il tema con un nuovo punto di vista, con parole nuove, per superare la dimensione immediata e drammatica della testimonianza. L’intento è provare a raccontare le forme della complicità con la violenza e cercarne le ragioni, ma anche per approfondire insieme ai Comitati Territoriali Snoq ed alle associazioni che operano nel settore gli aspetti giuridici, sociali ed economici relativi al contrasto della violenza e al sostegno delle vittime».
Due giorni per riflettere, per lanciare una denuncia forte. Gli appuntamenti sono fissati per stasera presso le Officine Grandi Riparazioni (corso Castelfidardo 22). Un incontro aperto a tutti in cui si mescolano linguaggi diversi e in cui sarà rappresentata la prima della nuova pièce teatrale di Cristina Comencini L’amavo più della sua vita con gli attori Irene Petris e Edoardo Natoli. La regia è curata da Paola Rota del Teatro Stabile di Torino. Tra gli interventi anche quello della scrittrice Silvia Avallone con il suo racconto inedito La telefonata della danzatrice coreografa Simona Bertozzi e un video La parola ai giovani a cura di Stefanella Campana e Elisabetta Gatto (realizzato da IK Produzioni). Altre iniziative sempre oggi, ma nel pomeriggio: a partire dalle 18.00 in piazza Castello, angolo via Garibaldi una serie di letture su testi legati al tema della violenza con gli scrittori Gianni Farinetti, Alessandra Montrucchio, Alessandro Perissinotto, Margherita Oggero, Giuseppe Culicchia. Parteciperanno anche il direttore artistico del Festival del Cinema di Venezia Alberto Barbera e il presidente dell’Ordine degli avvocati di Torino Mario Napoli. Domani, invece, una giornata di approfondimento con la ministra Elsa Fornero che farà il punto sulla legge anti violenza. A seguire un monologo di Lidia Ravera.
Una guerra si diceva. Dichiarata dagli uomini che odiano le donne. I dati, per quanto glaciali, danno il senso di un fenomeno in escalation. Per esempio il numero di donne seguite da Demetra, il Centro di supporto alle vittime di violenza delle Molinette di Torino, è in costante aumento: 300 dall’inizio del 2012, due al giorno. I casi erano stati 340 nel 2011, 170 nel 2010, 140 nel 2009.
Mai più complici, allora. Perché questa guerra, oltre ai lutti, lascia sul campo il dolore infinito delle sopravvissute. Il Premio Nobel della Medicina 2009, Elizabeth Blackburn, ha studiato le riduzioni dei telomeri (piccole porzioni di Dna che hanno un ruolo importante nel determinare la durata della vita di ciascuna cellula) presenti nelle donne vittime di violenza come causa di invecchiamento precoce e cancro. I risultati sono inquietanti, devastanti.
Un problema, insomma, che dovrebbe essere in cima all’agenda politica dei governi. Il nostro, in particolare, dopo l’allarme lanciato anche da Rashida Manjoo (ex commissario parlamentare della Commissione sulla parità di genere in Sud Africa, docente Dipartimento di Diritto Pubblico dell’Università di Città del Capo) che ha chiesto al nostro Paese interventi concreti e non parole per fermare il femminicidio. «La violenza contro le donne rimane un problema significativo in Italia ha spiegato -. Siamo alla presenza di omicidi basati sul genere culturalmente e socialmente radicati, che continuano ad essere accettati, tollerati e giustificati, mentre l’impunità costituisce la norma».
«Maipiucomplici». E anche questa volta la battaglia di civiltà di «Se non ora quando» è estesa a tutte e a tutti. Così gli uomini di noino.org dal Web hanno lanciato il loro manifesto. «Per sentirci uomini non abbiamo bisogno di essere violenti scrivono sul loro sito e sui social network -. Noi diciamo no alla cultura del possesso e del controllo, alla disinformazione, alle giustificazioni. La fine delle violenze maschili contro le donne inizia da noi».
Hanno già aderito in molti: da Stefano Benni a Vinicio Capossela, dal calciatore Alessandro Diamanti al regista Giovanni Veronesi. E tanti si stanno aggiungendo in queste ore. Maipiucomplici. Mai più.
L’Unità 13.10.12