Finché l’Italia resta arenata nella recessione, il mercato del lavoro non può che rimanere stagnante. Il tasso di disoccupazione registrato dall’Istat ad agosto, infatti, si è mantenuto sui livelli di luglio e giugno al 10,7%, dunque su livelli record, i più pesanti mai registrati da che hanno avuto inizio le rilevazioni mensili dell’istituto di statistica, e da che la crisi finanziaria si è abbattuta sull’economia reale nazionale. In un simile quadro, anche l’assenza di variazioni negative potrebbe essere considerata una buona notizia. In realtà, però, un’analisi più attenta dei dati rivela un ulterior e deterioramento della situazione perché, se il numero dei disoccupati è rimasto stabile, è aumentato quello degli inattivi, che hanno rinunciato persino a cercare una nuova occupazione. DISOCCUPAZIONE E INATTIVITÀ Nel dettaglio, il numero dei disoccupati ad agosto era pari a 2 milioni e 744mila unità, con un incremento rispetto allo stesso mese del 2011 del 2,3%, pari a 640mila persone in più che, nel giro di un anno, hanno perso il proprio posto di lavoro. Particolarmente drammatico il quadro relativo alla disoccupazione giovanile (tra i 15 e i 24 anni), che ad agosto era al 34,5%, in diminuzione dello 0,5% rispetto a luglio, ma in aumento del 5,6% su base annua. Tra le nuove generazioni, dunque, quelle che dovrebbero rappresentare il futuro del sistema economico nazionale, sono ben 593mila le persone in cerca di lavoro. Gli inattivi, invece, coloro che non hanno e nemmeno cercano un’occupazione, sono tornati ad aumentare su base mensile. Era da settembre 2011 che non si registrava un rialzo congiunturale, mentre ad agosto l’aumento è stato dello 0,6%, pari a 92mila unità, quasi esclusivamente di donne: il tasso di inattività è così salito al 36,3%. Preoccupante anche la situazione a livello europeo. Si è registrato, infatti, l’ennesimo picco della disoccupazione nell’Eurozona, che ad agosto ha raggiunto il nuovo record dell’11,4%, il più alto dalla creazione della moneta unica. Ai massimi livelli anche il tasso nell’Unione europea a 27 paesi, al 10,5%, mentre un anno fa la disoccupazione era al 9,7%. Complessivamente, Eurostat stima in 25 milioni e 466mila unità i disoccupati in Europa, di cui oltre 18 milioni nell’Eurozona, segnando un ulteriore aumento rispetto a luglio di 49mila unità nei 27. Grecia e Spagna si confermano i paesi con il livello di senza lavoro più elevato (rispettivamente 25,1% e 24,4%). Dati «inaccettabili» per la Commissione Ue che ha invitato gli Stati membri ad agire e a «mettere in atto urgentemente» le raccomandazioni Ue. RESTRIZIONE STRUTTURALE Numeri che non stupiscono ma che non smettono di allarmare i sindacati, da mesi concordi nel chiedere al governo interventi straordinari per sostenere e stimolare l’occupazione. Di fronte alla fotografia scattata dall’Istat, infatti, la Cgil parla senza mezzi termini di «una restrizione strutturale della base occupazione» di fronte alla quale è più che mai necessario un Piano del Lavoro che abbia come priorità il tema dell’occupazione delle donne e dei giovani. «L’Italia ha una vocazione industriale che non ha alternative e che ha bisogno di un serio rilancio a livello nazionale per creare nuovo lavoro» ha detto la segretaria generale Susanna Camusso. Un rilancio che non può passare «solo per i tagli», che «non danno risposte se non incertezze», ma che richiede «la capacità di cambiare modello industriale». Un invito, quello della leader Cgil, ad un veloce e radicale cambiamento di politica, visto che «una politica di tagli e di rigore mette solo in difficoltà il mercato interno e così facendo blocca la produzione e le imprese chiudono i battenti. Per non parlare del welfare sociale che, non vedendo contributi, nel chiudere abbandona le persone in difficoltà». Sugli stessi toni anche il segretario generale aggiunto della Cisl, Giorgio Santini, secondo cui «mostrano tutti i limiti le politiche basate sul solo, pur necessario, risanamento dei conti pubblici», quando servirebbero anche «investimenti in settori cruciali, quali la ricerca, l’energia, l’edilizia, così come è necessaria la redistribuzione del carico fiscale a favore di famiglie, lavoratori e pensionati». E il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy: «Occorre rimediare a questa ondata regressiva con politiche di crescita, a partire da un fisco più equo e meno oneroso per dipendenti e pensionati».
L’Unità 02.10.12