Un mese fa c’era anche la Rai, allo stadio di San Felice sul Panaro. Un giorno storico, per la squadra giallorossa, impegnata nella Coppa Italia d’Eccellenza contro l’Imolese nella prima sfida ufficiale dopo il sisma. E proprio da lì, dalla scalinata che porta alla tribuna in cui erano sistemate le telecamere, lo scorso 9 giugno il sindaco Silvestri aveva parlato alla cittadinanza, nel momento più duro della sua storia, per fare il punto della situazione. Quattro mesi dopo i terremoti di maggio, in tutta l’area nord del Modenese e nell’Alto Ferrarese si sta poco alla volta tornando ad una quotidianità diversa, mutata nelle sue esigenze e nelle sue priorità. Sono ricominciate le scuole, in nuovi fabbricati temporanei e in attesa di altri che diventeranno permanenti, e sono ricominciati (o stanno per cominciare) gran parte dei tornei sportivi, pur fra mille problemi. Perché lo sport, in una realtà che ha visto modificare bruscamente prospettive ed orizzonti, significa aggregazione e socialità. Quella che, altrove, si chiamerebbe normalità.
Ma sport significa anche impianti e costi. In questo senso, la situazione della zona è sconfortante. Secondo gli ultimi dati della Provincia di Modena, su 84 strutture censite (ma il dato è parziale: non si tiene conto degli impianti danneggiati nelle altre province) ben 52 sono completamente inagibili e 23 lo sono parzialmente, con una stima dei danni che supera gli 8 milioni di eu- ro. Palestre, piscine e impianti polisportivi, ma anche molti campi da calcio non sono utilizzabili perché hanno rappresentato le prime aree di riferimento in caso di emergenza. Essendo già forniti di servizi, elettrici ed igienici, sono i più adatti per i centri di accoglienza. Le tendopoli, insomma. E se è vero che, poco alla volta, queste stanno chiudendo, è altrettanto vero che i campi sui quali sono rimaste per diversi mesi saranno a lungo inutilizzabili.
Così, per tante squadre, l’attività è ripresa… fuori casa. Si gioca dove si può, spesso chiedendo ospitalità ai campi di comuni limitrofi. La Real Panaro di Bomporto, ad esempio, è itinerante: si sposta di domenica in domenica e, durante la settimana, si allena a Bastiglia, dividendo il campo con una società di amatori. E mentre la squadra di Massa Finalese gioca nella vicina Alberone, la Junior Finale ha attuato una proficuo gemellaggio con il Como ma ancora non può tornare nel suo stadio, ove però il Csi ha promesso la costruzione di un nuovo terreno di gioco in erba sintetica. E’ una storia di dirigenti che si sono arrangiati, grazie anche a qualche aiuto: per ridurre al minimo defezioni, dal momento che partecipare ai campionati è una spesa, Figc e Lnd hanno esonerato le società dilettantistiche delle zone colpite dal pagamento delle tasse d’iscrizione ai tornei, anche a livello giovanile. Eppure, le difficoltà non mancano, e per chi conosce la giungla del calcio dilettantistico – in cui i rimborsi spese per i giocatori spesso equivalgono a veri e propri stipendi – sono facilmente comprensibili: «I rimborsi per i ragazzi sono diminuiti, e in certi casi non riusciamo nemmeno a pagarli. Chi ha scelto di rimanere gioca per passione. Però, rispetto ad altri club, non siamo riusciti a fare mercato, visto che chi ha potuto è andato altrove. Questo si ripercuoterà sulla nostra stagione», lamenta un dirigente.
A livello amatoriale, Uisp e Csi hanno attuato in estate campagne di “adozione” per le società danneggiate. «Abbandoni dell’attività ce ne sono stati pochi e abbiamo riscontrato una dignità commovente anche da parte di chi ci ha chiesto un sostegno sui costi», racconta Andrea Covi, presidente di Uisp Modena ed ex olimpico di canoa. Tuttavia, è proprio lo sport di base a pagare i conti più salati al post sisma. Le attività indoor sono le più disagiate e le varie federazioni, così come gli enti di promozione sportiva, rischiano di perdere numerosi praticanti. «Come Uisp Modena la scorsa stagione avevamo circa 60mila tesserati, di cui 17mila della Bassa. Non so quanti ne manterremo. Pensi al nuoto, lo sport che ha più problemi: a Mirandola, fra le 4 e le 5mila persone fruivano della piscina, a prescindere dall’agonismo. Ma anche Finale è senza piscina e polisportiva…». Pallacanestro e pallavolo hanno diversi problemi. La squadra femminile del Basket Cavezzo, pochi anni fa, era in A1. Dopo il sisma, avendo indisponibili sia il palazzetto dello sport, un gioiello nella zona, che la palestra in cui si allenava, ha deciso di rinunciare al campionato di A3 e nel 2012-2013 non svolgerà attività senior. Ha mantenuto il settore giovanile, ma l’ha dovuto trasferire a Carpi. In Promozione, la Luce Mirandola ha chiuso i battenti, mentre la rivale Controluce (sì, proprio così) ora si allena all’aperto e attende il completamento dei lavori sulla palestra nella frazione di Mortizzuolo. A Medolla, come a Cavezzo, saranno due tensostrutture a garantire le attività indoor durante l’inverno, ma ancora non sono state installate.
Quasi paradossale quanto accaduto alla Universal Carpi, la cui squadra di pallavolo maschile che aveva ottenuto la promozione in A2. L’impianto di gioco del club, il PalaFerrari, era stato reso inagibile dal sisma (ed è tuttora fuori uso), ma la struttura non sarebbe stata comunque a norma per la nuova categoria a causa della bassa altezza del soffitto. Il terremoto aveva però già reso inutilizzabili gli impianti della vicina Cavezzo, dove la squadra avrebbe potu- to giocare il campionato. Risultato? Rinuncia alla A2 e trasferimento per le partite interne a Correggio, in casa di una rivale storica. Meglio è andata alla Handball Carpi, che per la prima volta nella storia disputa il torneo di massima divisione nella pallamano. L’impianto casalingo della società, la palestra dell’Ipsia Vallauri, era rimasta lesionata, sebbene non gravemente, il 29 maggio ed il club aveva annunciato il trasloco forzato a Sestola, in Appennino, per le gare interne. I lavori sulla palestra però sono stati conclusi da pochi giorni e la squadra sabato ha potuto debuttare nella propria casa tornata a norma.
L’Unità 01.10.12
Pubblicato il 1 Ottobre 2012