No all’election day, meglio elezioni entro Natale. È il ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri ad annunciare che «entro 90 giorni» i cittadini laziali dovranno tornare a votare. «Prima si va alle urne e meglio è» afferma il numero uno del Viminale, tanto più che le regioni non possono essere commissariate. Si allontana così la possibilità di un accorpamento delle regionali alle politiche e le comunali nella prossima primavera. E il Lazio si candida a diventare il laboratorio politico nazionale, il banco di prova per future alleanze in previsione o meno del Monti bis. E mentre si scalda la macchina organizzativa delle elezioni regionali, si scatena anche il totocandidati. In un’atmosfera sicuramente non facile all’indomani dello scandalo nel Pdl regionale – con l’accusa di peculato all’ex capogruppo Franco Fiorito e i suoi due capi segreteria che potrebbe sfociare nell’associazione a delinquere – che ha travolto la giunta Polverini.
Si intravedono equilibri precari sia nel centro-destra, sia nel centro-sinistra. Unico punto fermo, l’intenzione in entrambi gli schieramenti di non candidare i consiglieri regionali uscenti. Nel Pd il candidato naturale sembra essere il segretario regionale Enrico Gasparra, che pare tuttavia orientato a preferire un ruolo da «regista». In pole position, almeno per ora, c’è David Sassoli, capogruppo del Pd a Strasburgo e giornalista Rai. Anche i veltroniani stanno valutando di puntare su un proprio uomo di riferimento: l’ex assessore capitolino alla Sicurezza e deputato dem, Jean Leonard Touadi, già ribattezzato «l’Obama della Pisana». Spiccano però anche i nomi di Paolo Gentiloni, dell’ex ministro Giovanna Melandri e dell’eurodeputata Silvia Costa (sostenuta dai parlamentari vicini a Dario Franceschini).
Nel Pdl – dove il segretario nazionale Angelino Alfano ha rimarcato la distanza dall’inquisito Fiorito escludendo la possibilità di candidare i consiglieri uscenti – la situazione è più caotica. Oggi potrebbe addirittura arrivare un commisario per il partito regionale, da anni coordinato da quel Vincenzo Piso, rimasto in sella anche dopo il caso del «panino di Milioni», da cui discende tutta l’instabilità della Regione. C’è anche aria di guerra: da una parte l’asse Tajani-Rampelli, dall’altra quello AlemannoSammarco. Il mini-rimpasto finale della governatrice (che ha defenestrato tajanisti e rampelliani) li ha spezzati. Difficile
I partiti e il toto-candidati trovare un nome di corrente su cui convergere.
I rumors – al di là del sospetto di perdere la competizione elettorale – danno per meno probabili sia la candidatura dell’influente Andrea Augello, sia quella di Giorgia Meloni, rampelliana doc. Meglio, semmai, puntare su un volto come Luisa Todini, imprenditrice nel cda Rai (che nel 2010 fu scavalcata dalla prescelta Polverini) o anche sull’ex capo della protezione civile Guido Bertolaso, Tra gli altri nomi, Beatrice Lorenzin deputata Pdl e l’ex governatore Francesco Storace, segretario de La Destra.
Per quanto riguarda la scadenza elettorale, invece, ecco lo scenario. I tre mesi scadono il 28 dicembre. Ma in base alla legge, la dimissionaria Renata Polverini deve far trascorrere necessariamente almeno 45 giorni tra il decreto e la data del voto. Il tempo, insomma, stringe. Anche perché, per via delle festività, gli ultimi giorni dei tre mesi sono poco praticabili. Se per ipotesi la Polverini (che non ha nascosto di preferire l’accorpamento del ricorso alle urne in un unico giorno) emanasse il decreto oggi, la prima data utile sarebbe il 16 novembre, che però è un venerdì. La domenica immediatamente successiva è il 18 novembre.
Le domeniche successive sono il 25 novembre e il 2 dicembre. Domenica 9 dicembre è in pieno ponte dell’Immacolata, e sembra poco indicata. E infine c’è domenica 16, perché la successiva è il 23 dicembre. Oltre, si supera il limite di 90 giorni voluto dal ministro Cancellieri.
La Stampa 01.10.12