Sono giornate di fuoco per Vasco Errani, governatore dell’Emilia Romagna e presidente della Conferenza delle Regioni, finite nel mirino delle Procure in po’ in tutta Italia per le spese dei gruppi consiliari. Anche a Bologna la Procura ha aperto una indagine sulle spese del consiglio. E il rischio che le Regioni finiscano tutte in un unico calderone di discredito, sulla scia del Lazio dei Batman, è altissimo.
Presidente Errani, che sta succedendo nella sua Emilia Romagna?
«La magistratura ha aperto un’indagine conoscitiva. È giusto che siano fatti tutti gli approfondimenti necessari. La Regione, come sempre, darà piena collaborazione. L’assemblea ha delle regole: si verificherà se queste regole sono state applicate e rispettate. In ogni caso, l’Emilia Romagna è, come dimostrano i fatti, una Regione virtuosa e non può entrare nel frullatore».
Può fare qualche esempio di questa virtù?
«La nostra Regione, negli ultimi anni, ha fatto scelte molto nette in direzione della sobrietà e di una secca riduzione dei costi della politica, a partire dagli emolumenti, che sono di fatto i più bassi insieme a quelli di Toscana e Umbria. Abbiamo anche abrogato i vitalizi: siamo stati tra i primi ad aprire questa strada. Abbiamo cominciato anni fa in una azione coerente con tutta l’assemblea per la riduzione dei costi. E così continuiamo a fare».
In questi ultimi giorni i presidenti di Regione hanno proposto al governo un decreto urgente per tagliare i costi della politica. Da soli non riuscivate a risolvere i problemi?
«Non abbiamo fatto un passo indietro, ma uno in avanti. Non c’è una rinuncia al nostro ruolo ma la volontà, insieme al governo, di dare omogeneità al sistema delle Regioni, affrontando con determinazione la riduzione dei costi, la trasparenza e i controlli. Questo riguarda emolumenti e numero dei consiglieri, tetti e finalità dei contributi ai gruppi politici, riduzione delle commissioni con un massimo di otto. Faccio alcuni esempi: è ovvio che alcune commissioni, come Bilancio, Sanità e Attività produttive siano imprescindibili. Ma ci sono stati vari casi in cui le commissioni si sono moltiplicate e questo è stato un errore. Quanto ai gruppi, le risorse devono esse- re ridotte, definite con chiarezza nelle finalità, trasparenti e controllate dalla Corte dei conti».
Insisto: affidare la partita dei tagli al governo sembra una resa…
«Ribadisco che si tratta di un passo in avanti. Siamo stati noi a proporre il decreto per accelerare i tempi, e a suggerire delle penalità per le Regioni che non si adegueranno agli standard».
Il ministro Passera propone di commissariare gli enti non virtuosi…
«Il ministro sa bene che c’è la Costituzione e ci sono le norme, profili precisi in cui è previsto il commissariamento. E che, in diversi casi, questo è già avvenuto. Mi sembra utile evitare di fare battute su temi così importanti».
Fino a poco tempo fa era lo Stato centrale a essere considerato “sprecone”. Ora sono le Regioni nell’occhio del ciclone come simbolo delle spese inutili. Cosa è successo?
«Innanzitutto non è giusto fare di ogni erba un fascio. Ci sono Regioni che come noi hanno compiuto azioni importanti, ma il problema è certamente più ampio. Nell’ultimo decennio non si è realizzata una riforma piena delle istituzioni, e andare avanti a pezzi non ha portato a risultati veri. Il Paese paga tanti prezzi anche perché c’è stato uno sbandamento populista e propagandistico, un federalismo annunciato ma mai effettivamente compiuto. Non si è fatta la Camera delle autonomie, non si sono efficacemente ridefinite le competenze, il federalismo fiscale si è rivelato una bufala. Per questo ritengo che la prossima debba essere una legislatura costituente per fare una riforma coerente di tutto il sistema istituzionale. Occorre il coraggio di un reale cambiamento per dare un assetto efficace e semplificato al governo dell’Italia. L’esigenza di cambiamento riguarda tutti i livelli istituzionali, a partire delle Regioni, riflettendo sulle stesse dimensioni territoriali».
C’è il rischio che con i Batman oggi si buttino via anche 40 anni di storia del regiona-ismo?
«È un rischio da evitare con tutte le forze, e per questo ringrazio il presidente Napolitano per le sue parole che invitano a non guardare solo i fenomeni negativi. Le Regioni sono un pezzo fondamentale della nostra Costituzione. E tuttavia è evidente che, su temi come i costi della politica, una eccessiva autodeterminazione non ha funzionato. E ora, per salvaguardare la credibilità e l’autonomia delle Regioni, che resta un principio fondamentale, occorre definire parametri e standard a cui tutti si devono riferire».
Nelle ultime Finanziarie le Regioni sono state in prima fila insieme ai Comuni per dire no ai tagli. Alla luce di questi sprechi, non trova che la vostra protesta possa apparire contraddittoria?
«Per poter difendere con autorevolezza la spesa sociale e sanitaria è giusto che le Regioni siano inattaccabili e diano una grande prova di sobrietà. Questo va fatto rapidamente e in modo deciso. Ma deve essere chiaro che i tagli che hanno subito la sanità e il sociale negli ultimi anni hanno una dimensione pari a 21 miliardi di euro, un valore che non è in nessun modo paragonabile a quello dei costi della politica regionale. E che pone il problema della sostenibilità di servizi fondamentali per la coesione sociale che la Repubblica deve garantire. Il sistema sanitario universalistico è un valore irrinunciabile, per il quale siamo disposti a batterci ancora contro tagli che rischiano di danneggiare gli strati più deboli della società».
L’Unità 30.09.12