Sarà anche vero, come ha affermato soltanto pochi giorni fa il governatore della Lombardia Formigoni in tv, che «i presidenti di Regione hanno talmente tante competenze che è quasi impossibile non inciampare in una inchiesta della magistratura», ma certo quanto sta succedendo in Italia negli ultimi mesi fa tremare i polsi. Rimborsi spese gonfiati, fatture false e indennità ricchissime ma non solo, perché sono decine le inchieste giudiziarie che stanno travolgendo le amministrazioni regionali da Nord a Sud. Il Piemonte di Cota e l’Emilia Romagna, infatti, sono soltanto gli ultimi due tasselli di un domino che, oltre allo scandalo laziale che spinto alle dimissioni Renata Polverini, stanno scuotendo i palazzi in Lombardia e Campania. Dal canto suo Formigoni è inamovibile e, piuttosto che rispondere alle accuse della stampa sulle sue vacanze di lusso pagate (ma rimborsate, dice lui) dal faccendiere ciellino Pierangelo Daccò arrestato nell’inchiesta sulla clinica Maugeri, attacca querelando e paventando complotti di gruppi industriali. La realtà, però, è che il nome del governatore è stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di corruzione con l’aggravante della transnazionalità. Secondo la tesi dei pm, infatti, Formigoni sarebbe stato corrotto con utilità per un valore di circa 7,8 milioni di euro in relazione a 15 delibere regionali con cui sono stati stanziati per la Fondazione Maugeri rimborsi di circa 200 milioni in dieci anni. Uno scandalo che segue da vicino quello che ha coinvolto l’ex presidente del consiglio regionale, il democratico Filippo Penati, indagato per concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti nell’inchiesta su un presunto giro di tangenti relative alle aree ex Falck e Marelli di Sesto San Giovanni.
Non va meglio in Campania dove una settimana fa la Finanza si è presentata negli uffici del consiglio regionale su mandato della procura che indaga per peculato. Il sospetto, infatti, è che almeno sei milioni di euro siano “drenati” dal bilanci dei gruppi ai conti corrente di alcuni consiglieri. Soldi destinati all’attività politica ma usati per scopi personalissimi, un po’ la fotocopia di quanto scoperto nel Lazio.
Hanno problemi diversi, ma certo l’effetto è simile, anche il Molise, la Calabria, e la Puglia. In Molise il governatore “berlusconissimo” Michele Iorio è sempre Commissario straordinario alla Sanità, incarico mantenuto nonostante l’accusa di abuso di ufficio in relazione all’allargamento della zona colpita dal sisma del 2002 a tutti gli 83 Comuni della Provincia di Campobasso. Atto, questo, commesso quando rivestiva la carica di Commissario straordinario per il sisma. Di inchieste a suo carico, invece, ne ha addirittura due il presidente calabrese Giuseppe Scopelliti, indagato per abuso d’ufficio per la nomina di un dirigente e per tentato abuso d’ufficio in qualità di commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro della sanità.
Ma l’ex sindaco di Reggio Calabria, che invece è già stato rinviato a giudizio per il “caso Fallara” (abuso d’ufficio e falso in atto pubblico) sul buco delle casse comunali e condannato in primo grado a sei mesi per la mancata bonifica della discarica di Longhi Bovetto, nel frattempo ha dovuto anche assistere all’arresto di ben tre consiglieri regionali di maggioranza (Antonio Rappoccio, Santi Zappalà e Franco Morelli, gli ultimi due del Pdl). A processo, del resto, c’andrà presto anche il governatore pugliese Nichi Vendola che ha chiesto il rito abbreviato per la vicenda delle presunte pressioni per nomina di un primario (l’accusa è di abuso d’ufficio) e che, nel frattempo, è ancora indagato nella vicenda dell’ospedaleMiulli. Gli scandali della sanità, del resto, hanno già travolto Alberto tedesco e Tommaso Fiore, entrambi ex assessori regionali alla sanità, dimissionari e indagati dalla procura di Bari.
Pubblicato il 29 Settembre 2012