Con l’abituale disattenzione riservata alle azioni positive, prende avvio in questi giorni in quattro regioni del mezzogiorno (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) un importante piano di investimenti in grado non solo di rilanciare la scuola del sud, ma di mettere a punto modelli di intervento generalizzabili e utili per ricostruire il sistema formativo pubblico italiano dopo l’azione demolitiva del ciclone Tremonti/Gelmini.
Si tratta dell’intelligente operazione del Ministro Barca che ha riprogrammato i fondi europei, non spesi e a rischio di essere perduti, e li ha finalizzati a obiettivi strategici per la crescita del paese. Il Piano di Azione e Coesione in materia di Istruzione mette ora in campo circa un miliardo di euro, una cifra del tutto considerevole se si considera che è concentrato in quattro regioni, ed è finalizzato a realizzare azioni di miglioramento del sistema formativo del mezzogiorno: raccordo scuola-lavoro, miglioramento degli ambienti scolastici, dotazione di nuove tecnologie, promozione dello studio all’estero, contrasto della dispersione scolastica, innalzamento delle competenze chiave, orientamento e valutazione.
Il piano contiene scelte in controtendenza con la politica economica esclusivamente rigorista del governo, i cui effetti di avvitamento recessivo sono ormai evidenti, perché utilizza risorse pubbliche, non solo in funzione anticiclica, ma per realizzare investimenti finalizzati a rimuovere limiti strutturali del paese. Anche il metodo è innovativo: sono definiti risultati obiettivo attesi in esito agli interventi e sono descritti come concreti effetti di miglioramento rispetto ai punti di partenza territoriali; si attiva la partecipazione delle forze sociali e della società civile; si mira a realizzare prototipi, modelli da generalizzare perché validi per l’intero paese, con i necessari adattamenti alle situazioni locali.
In particolare il progetto contro la dispersione intende ottenere finalmente risultati concreti dopo anni di risorse europee spese senza risultati: in Italia i giovani tra i 18 e i 24 anni che hanno abbandonato gli studi senza conseguire un diploma di istruzione o una qualifica professionale sono ancora i 18,8% contro una media europea del 14,1% e con l’obiettivo del programma Europa 2020 di non superare il 10%. Nelle regioni del sud la situazione è ancora più grave (26% in Sicilia, 23% in Campania e Puglia, 16% in Calabria), ecco perché occorre partire da queste aree di più grave esclusione sociale e culturale per realizzare prototipi di azione educativa capaci di ottenere risultati concretamente misurabili nei loro effetti di riduzione del fenomeno della dispersione scolastica.
I progetti si dispiegheranno in un arco temporale biennale e, se gli esiti attesi saranno raggiunti, potranno essere generalizzati su tutto il territorio nazionale.
Entro il 15 ottobre le scuole appartenenti alle aree territoriali individuate dal Ministero e interessate a diventare capofila dei progetti potranno candidarsi ma saranno selezionate a condizione di dimostrare di essere in grado di possedere capacità e competenze per elaborare e sperimentare prototipi di azione educativa di contrasto della dispersione. Innanzi tutto dovranno saper aggregare una rete di soggetti del territorio, pubblici e privati, che permettano alle scuole impegnate di superare l’isolamento e le tendenze autoreferenziali: la scuola da sola non potrà mai battere un fenomeno complesso come la dispersione, occorre un impegno corale e convergente di scuole, enti locali, privato sociale, associazioni del volontariato, forze sociali e culturali. I finanziamenti andranno alle scuole che meglio sapranno aggregare partnership ampie e significative capaci di porre gli obiettivi della lotta alla dispersione nell’ambito di piani territoriali di sviluppo civile ed economico. Solo in questo modo sarà possibile infatti coordinare l’insieme degli interventi previsti dal Piano d’azione e Coesione e coniugare l’azione di contrasto alla dispersione con gli altri dispositivi. Un altra condizione essenziale per l’approvazione dei progetti è rappresentata dalla dimensione verticale della rete scolastica, l’intervento dovrà dispiegarsi dalla scuola dell’infanzia alla secondaria superiore, anche coordinandosi con il piano nidi (altro aspetto rilevante di piano Barca): una scelta decisiva per realizzare prototipi in grado di superare segmentazioni, fratture e discontinuità negative, spesso tra le cause principali degli insuccessi scolastici e della dispersione. Il bando per la selezione delle scuole capofila e l’affidamento dei progetti sottolinea poi il sostegno e il coinvolgimento delle famiglie, la sensibilizzazione dei genitori per accrescere le loro aspettative nei confronti della scuola e dei risultati scolastici dei figli. Anche per questa ragione è importante il consistente investimento negli ambienti scolastici e nelle tecnologie educative (oltre 570 milioni di euro), certamente per le connessione positiva tra qualità degli ambienti scolastici e livelli di apprendimento, ma anche per la possibilità di aprire le scuole tutto il giorno facendole diventare veri e propri centri civici nei quali si possono svolgere anche attività educative per la popolazione adulta. Le azioni di apprendimento permanente sono decisive per il successo della lotta alla dispersione scolastica perché i livelli di istruzione dei genitori e l’accesso degli adulti di riferimento a percorsi di formazione permanente rappresentano fattori determinanti per il successo scolastico dei giovani.
Ci sono insomma tutte le condizioni per evitare quella logica dell’intervento straordinario e aggiuntivo che è stata fino a oggi alla base degli interventi fallimentari realizzati con i fondi europei, occorre invece cambiare in modo permanente le modalità ordinarie di funzionamento delle scuole, far diventare stabili e poi diffondere gli strumenti e le condizioni che hanno determinato concreti miglioramenti nei livelli di successo scolastico e nella riduzione dei tassi di dispersione.
Da questa esperienza verranno, quindi, utilissime indicazioni per un’azione di governo tesa a ricostruire nella prossima legislatura un efficace modello inclusivo di scuola pubblica: pratiche di innovazione didattica alternative alle lezioni frontali, forme di organizzazione educativa e standard conseguenti per la costruzione di organici funzionali mirati, anagrafi degli studenti capaci di intercettare gli studenti che abbandonano la scuola, tracciare i loro percorsi e di incrociarli con i dati relativi ai contesti socio-culturali di provenienza al fine di individuare indici di rischio dei singoli soggetti per interventi di prevenzione della dispersione.
Il Piano d’Azione e Coesione rappresenta quindi un modello alternativo di politica scolastica anche rispetto ad alcuni interventi annunciati dal Ministro Profumo. Ci riferiamo in particolare alla vuota logica meritocratica di provvedimenti annunciati per premiare gli studenti migliori senza alcun riferimento al contesto di provenienza. Il Piano d’Azione e Coesione pone invece come obiettivi prioritari il contrasto dell’esclusione dei soggetti svantaggiati, la riduzione delle diseguaglianze di partenza e l’innalzamento dei livelli medi di istruzione nella consapevolezza che quest’ultimo rappresenta la migliore condizione anche per lo sviluppo delle eccellenze, come attestato dagli Stati europei più virtuosi in cui bassi livelli di dispersione si accoppiano sempre ad alti livelli di apprendimento.
da ScuolaOggi 28.09.12