La nostra cronaca nazionale letta all’estero induce a concludere, parafrasando Amleto, che non c’è qualcosa di marcio, ma di molto marcio nel “regno d’Italia”. Al parigino, al londinese, al newyorkese, al berlinese vengono proposte in queste ore due immagini: quella dell’Italia virtuosa che Mario Monti cerca di promuovere all’Assemblea generale dell’Onu, e quella dell’Italia rappresentata da Batman, dilapidatore dei fondi assegnati al suo partito, in pranzi, automobili e
vacanze. Per il primo i conti pubblici cominciano a tornare, e l’Italia può affacciarsi alla ribalta europea come un elemento rassicurante, quasi esemplare. Ma c’è subito Batman che irrompe sulla scena e guasta l’effetto, confermando l’immagine dell’Italia corrotta. La quale è ben lontano dal rassicurare l’Unione europea cui appartiene con il nobile rango di paese fondatore.
Chi segue le nostre cronache vede nella vicenda Batman il più recente (ma non ultimo) capitolo dello scandalo cronico che coinvolge larga parte della società politica. Appare come l’ennesima puntata di una storia che rischia di offuscare quella nazionale. Le precedenti sono ancora ben vive nelle memorie. E oso definirle memorie mondiali perché le migliaia di caricature e di articoli dedicati a Silvio Berlusconi hanno animato per anni un feuilletton che dall’Argentina al Giappone, dal Libano al Guatemala, ha divertito o scandalizzato. In questi giorni, per consentire ai lettori di riprendere il filo, viene rievocato il bunga bunga e la sfilata di prostitute nelle residenze private dell’ex presidente del consiglio.
Si passa poi a un’altra puntata, al caso della Lega Nord, esploso appena placato l’interesse per Berlusconi a causa delle sue dimissioni. Si sottolinea che nel nuovo scandalo sia rimasta impigliata la famiglia del fondatore; il tesoriere del partito le pagava infatti le spese private; cosi la figura di Umberto Bossi, campione del populismo europeo e severo censore della Roma “ladrona”, si è sgonfiata come un pallone. Appariva minacciosa ed è diventata una maschera comico-tragica del dramma politico italiano. Una maschera, sia pure secondaria, ma altrettanto grottesca, da affiancare a quella di Berlusconi.
Nel leggere la stampa straniera in queste ore ho l’impressione di ripassare la recente storia patria. Non c’è stata una pausa sufficiente per far dimenticare gli scandali Berlusconi e Bossi, perché è subito intervenuta la vicenda di Luigi Lusi. Il democristiano che ha sottratto venti milioni di euro dalle casse della Margherita, partito ormai inesistente, ma sempre beneficiario di fondi pubblici. Sembra una burla, ma è una burla costosa e avvilente. Una versione della corruzione italiana.
Le Monde è molto preciso nell’elencare gli scandali che ritmano la nostra vita nazionale e che, secondo il New York Times, fanno apparire la classe politica incapace e fuori dalla realtà, in un paese immerso in una grave crisi economica. Il Guardian ricorda che Monti ha definito «non scusabile» l’insabbiamento in Parlamento della legge contro la corruzione. Ed è come sottolineare la complicità della maggioranza degli eletti.
Per non far perdere il filo ai lettori, i corrispondenti stranieri riassumono le puntate (Berlusconi, Bossi, Lusi…) prima di arrivare alle dimissioni di Renata Polverini. La posizione della presidente della Regione Lazio è considerata strana. Come poteva ignorare le malefatte della sua maggioranza se è nel suo ufficio che è stato deciso l’aumento da uno a quattordici milioni dei fondi assegnati ai partiti?
Altri elementi inducono a concludere che c’è del marcio nel “regno d’Italia”, come fa il corrispondente del quotidiano del pomeriggio parigino. Nicole Minetti, consigliera della Regione Lombardia, accusata di complicità per incitazione di minori alla prostituzione, nel caso Rubygate, sfila in costume da bagno affermando che cosi lavora «all’immagine dell’Italia». E sempre in Lombardia, il governatore, Roberto Formigoni, i cui soggiorni nei Caraibi sono stati pagati da un affarista, rifiuta di fornire spiegazioni. E come non ricordare che il presidente della Regione Sicilia ha più collaboratori di Barak Obama e che quello della Lombardia è pagato meglio di Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite? La rassegna degli scandali e dell’uso eccessivo o abusivo del pubblico denaro in Italia, appare dunque meticolosa e puntuale sulla stampa internazionale.
A chi attribuire le responsabilità? Gli italiani sono rassegnati o complici? Soltanto una ventina di persone, fanno notare i corrispondenti stranieri, hanno protestato davanti alla Regione Lazio. E altre regioni (Campania, Calabria, Sardegna) occupano nel frattempo i giudici italiani. La collera crescente nelle manifestazioni in difesa del lavoro, in vari centri della Penisola, è probabilmente dovuta anche agli scandali, all’indignazione per l’abuso del denaro pubblico. In quanto alle responsabilità della classe politica, c’è chi le attribuisce in parte all’arrivo, con Berlusconi, nei posti pubblici di persone formatesi nel mondo dell’industria e del commercio, senza quindi una coscienza politica. E c’è chi vede una delle cause nel forte decentramento, con la conseguente autonomia delle amministrazioni locali, lasciate a se stesse, senza controlli. Il risultato è che nello stesso momento in cui Monti mette a posto i conti, Batman li saccheggia.
La Repubblica 28.09.12