Giorno: 27 Settembre 2012

"Da noi la destra non può votare", di Tommaso Giuntella

Tutto ci saremmo aspettati nella storia del centrosinistra italiano fuorché un dibattito sull’opportunità che alle primarie del centrosinistra votino solo gli elettori del centrosinistra. Chiariamoci subito, non è una questione di regole. Potremmo dilungarci per anni nello studio di meccanismi e arrivare a giustificare le posizioni più originali e i loro opposti, ma non ne verremmo mai a capo. Le primarie, mai come in questa fase, mai come in questo Paese, sono uno strumento della dialettica di una comunità politica. Non è una questione normativa, è una questione etica, ma ancora prima una questione di buon senso. Viviamo un tempo di estrema confusione, nel quale siamo arrivati a immaginare un controsenso logico quale la contrapposizione tra società civile e società politica. Una distanza immaginaria che è percepita e che anche solo nella percezione va colmata, prima di tutto da un partito che aspira a governare il Paese come perno di una coalizione di democratici e progressisti. In questo contesto l’atto politico del partito democratico di Bersani, l’apertura delle primarie ad altri esponenti del Pd previa …

"Da noi la destra non può votare", di Tommaso Giuntella

Tutto ci saremmo aspettati nella storia del centrosinistra italiano fuorché un dibattito sull’opportunità che alle primarie del centrosinistra votino solo gli elettori del centrosinistra. Chiariamoci subito, non è una questione di regole. Potremmo dilungarci per anni nello studio di meccanismi e arrivare a giustificare le posizioni più originali e i loro opposti, ma non ne verremmo mai a capo. Le primarie, mai come in questa fase, mai come in questo Paese, sono uno strumento della dialettica di una comunità politica. Non è una questione normativa, è una questione etica, ma ancora prima una questione di buon senso. Viviamo un tempo di estrema confusione, nel quale siamo arrivati a immaginare un controsenso logico quale la contrapposizione tra società civile e società politica. Una distanza immaginaria che è percepita e che anche solo nella percezione va colmata, prima di tutto da un partito che aspira a governare il Paese come perno di una coalizione di democratici e progressisti. In questo contesto l’atto politico del partito democratico di Bersani, l’apertura delle primarie ad altri esponenti del Pd previa …

«Un giorno in più non cambia». Resa dei conti con Tajani. Polverini non si dimette e nomina dieci dirigenti", di Francesco Grignetti

La Governatrice del Lazio Polverini non ha assolutamente dato le annunciate dimissioni. Anzi, ha convocato la sua Giunta e proceduto a decisioni importanti come la nomina di dieci direttori generali. Di più: riprende le fila della politica regionale, regola alcuni conti politici e ritira le deleghe di assessori fedeli a Tajani. Dimenticate la conferenza stampa di Renata Polverini. La Governatrice del Lazio, a dispetto delle parole urlate, non ha assolutamente dato le annunciate dimissioni. Anzi, ha convocato la sua Giunta e proceduto a decisioni importanti come la nomina di dieci direttori generali, prorogando alcuni in scadenza e chiamando alcuni esterni, pescando, al solito, tra i sindacalisti dell’Ugl. Di più: riprende le fila della politica regionale, regola alcuni conti politici e sbatte fuori dalla Giunta gli assessori fedeli ad Antonio Tajani. In gergo si chiama «ritiro delle deleghe». Lei ne parla così da Bruno Vespa: «Prima taglio gli assessori, poi mi dimetto. I consiglieri non li posso tagliare, ma la mia giunta la posso diminuire e non è necessario lo stesso numero di assessori per l’amministrazione …

«Un giorno in più non cambia». Resa dei conti con Tajani. Polverini non si dimette e nomina dieci dirigenti", di Francesco Grignetti

La Governatrice del Lazio Polverini non ha assolutamente dato le annunciate dimissioni. Anzi, ha convocato la sua Giunta e proceduto a decisioni importanti come la nomina di dieci direttori generali. Di più: riprende le fila della politica regionale, regola alcuni conti politici e ritira le deleghe di assessori fedeli a Tajani. Dimenticate la conferenza stampa di Renata Polverini. La Governatrice del Lazio, a dispetto delle parole urlate, non ha assolutamente dato le annunciate dimissioni. Anzi, ha convocato la sua Giunta e proceduto a decisioni importanti come la nomina di dieci direttori generali, prorogando alcuni in scadenza e chiamando alcuni esterni, pescando, al solito, tra i sindacalisti dell’Ugl. Di più: riprende le fila della politica regionale, regola alcuni conti politici e sbatte fuori dalla Giunta gli assessori fedeli ad Antonio Tajani. In gergo si chiama «ritiro delle deleghe». Lei ne parla così da Bruno Vespa: «Prima taglio gli assessori, poi mi dimetto. I consiglieri non li posso tagliare, ma la mia giunta la posso diminuire e non è necessario lo stesso numero di assessori per l’amministrazione …

"Regioni da ricostruire", di Vittorio Emiliani

«Vuol dire che con le Regioni si decentreranno anche le bustarelle». Mai previsione di uno dei pionieri del regionalismo (non sto a far nomi, sono passati decenni) fu più azzeccata. «Ma vedrai che gli esempi virtuosi di certe Regioni finiranno per contagiare le altre…». Mai previsione fu meno azzeccata, purtroppo. C’è una furente indignazione attorno ai protagonisti dello scandalo alla Regione Lazio, dove il presidente sostiene di non aver neppure percepito l’odore di quella fiumana di soldi finita ai gruppi consiliari e da qualcuno – come Francesco Fiorito – utilizzata nel modo più insultante per i cittadini. E c’è subito chi propone: torniamo allo Stato centralista e ai suoi controlli. Lo Stato delle Regioni (lasciamo perdere quello federale che non è mai nato, concepito dalla Lega per rompere l’unità del Paese) non ha fatto molto perché ora, nel pieno dell’indignazione, non si butti via, assieme all’acqua sporca (parecchia), la creatura partorita nel 1970. Sarebbe una assurdità. Ma perché tutto ciò è successo? Come ha scritto lucidamente lo studioso dell’amministrazione (ora deputato del Pd) Guido Melis, …

"Regioni da ricostruire", di Vittorio Emiliani

«Vuol dire che con le Regioni si decentreranno anche le bustarelle». Mai previsione di uno dei pionieri del regionalismo (non sto a far nomi, sono passati decenni) fu più azzeccata. «Ma vedrai che gli esempi virtuosi di certe Regioni finiranno per contagiare le altre…». Mai previsione fu meno azzeccata, purtroppo. C’è una furente indignazione attorno ai protagonisti dello scandalo alla Regione Lazio, dove il presidente sostiene di non aver neppure percepito l’odore di quella fiumana di soldi finita ai gruppi consiliari e da qualcuno – come Francesco Fiorito – utilizzata nel modo più insultante per i cittadini. E c’è subito chi propone: torniamo allo Stato centralista e ai suoi controlli. Lo Stato delle Regioni (lasciamo perdere quello federale che non è mai nato, concepito dalla Lega per rompere l’unità del Paese) non ha fatto molto perché ora, nel pieno dell’indignazione, non si butti via, assieme all’acqua sporca (parecchia), la creatura partorita nel 1970. Sarebbe una assurdità. Ma perché tutto ciò è successo? Come ha scritto lucidamente lo studioso dell’amministrazione (ora deputato del Pd) Guido Melis, …

"Primarie, così si calpestano i diritti dei progressisti", di Michele Prospero

A destra ora c’è chi reclama il diritto (sic!) di votare alle primarie con l’avvertenza che però, se Renzi non dovesse spuntarla nei gazebo, alle urne del 2013 tornerà all’ovile e quindi non sosterrà mai Bersani. Parrebbe uno stralunato episodio della commedia all’italiana e invece è una tragedia che rivela la corruzione ideale di oggi. Davvero può configurarsi il diritto di ciascuno di entrare nel campo avverso per alterarne gli equilibri e portare scompiglio? Tanti nemici del Pd pensano di approfittare delle primarie per tentare il colpo grosso. Ai padroni dei media stuzzica l’idea di sospendere i rifornimenti che finora hanno concesso al comico genovese per dirottarli verso il «Grillo interno» (la definizione è di Pietro Ichino) che può far saltare il gioco con un repertorio anch’esso ispirato all’antipolitica. Spaventano molto i partiti con una cultura autonoma perché sono liberi dai pesanti condizionamenti di media e denaro. Un foglio che sostiene i referendum sull’articolo 18, e sogna una coalizione dei non allineati con Grillo e Landini dentro, ha scelto il cavallo su cui puntare per …