I tre presidenti italiani di maggior prestigio internazionale, quello della Repubblica, Giorgio Napolitano, quello del Consiglio, Mario Monti e quello della Banca europea, Mario Draghi, condividono, in questi giorni, la stessa forte preoccupazione per il nostro Paese. Il timore che, dopo la cospicua riduzione del divario di interessi tra i bond italiani e quelli tedeschi e il varo deciso a Francoforte dello scudo antispread, in Italia, ci si possa illudere su un definitivo superamento della crisi finanziaria dello Stato. Una eventualità che non è totalmente scomparsa, invece, sull’orizzonte del nostro futuro. Così, tra l’altro, si spiegano i tre contemporanei allarmi che, da Roma, da New York e da Berlino, oggi, hanno lanciato i tre presidenti.
La Stampa 26.09.12
Napolitano ha espresso una condanna durissima per i vergognosi esempi di corruzione e di immoralità pubblica che alimentano, con la giustificata indignazione dei cittadini, la cosiddetta «antipolitica». Monti, sia pure con il suo tipico linguaggio sobrio e allusivo, ha sollecitato l’aiuto dell’opinione pubblica perché esiga una diversa «qualità» dei loro governanti.
Draghi ha ricordato che, senza l’impegno concreto e persistente al risanamento e alla riforme delle classi politiche nazionali, non sarà sufficiente l’opera della Bce per salvare sia l’unità dell’Europa, sia la sorte dell’euro.
Le diverse responsabilità istituzionali, certamente, hanno indotto i tre presidenti a manifestare la loro apprensione con forme differenti, ma il fondamento dei timori è identico: il rischio che l’Italia, dopo aver faticosamente risalito la china della credibilità internazionale, dopo aver recuperato la stessa dignità della sua immagine sul palcoscenico del mondo, dopo aver di nuovo riscosso la fiducia sulla serietà dei suoi impegni, possa ripiombare nel discredito e nel disprezzo dei suoi partner continentali e d’oltreoceano.
Si coglie con evidenza, in questi giorni, l’amarezza e, persino, un certo disorientamento di Monti e dei ministri del suo governo. Come se lo scandalo della Regione Lazio, con i terribili danni mediatici di quelle squallide foto di festini, col contorno di maschere umane e suine, avesse reso, di colpo, vani tutti gli sforzi che, da mesi, si stanno facendo, in tutte le sedi del potere internazionale, per convincere i nostri interlocutori che l’Italia ha compiuto una svolta definitiva, irreversibile e profonda nei suoi comportamenti pubblici. Come se tutti i dubbi sul «dopo Monti», l’interrogativo che all’estero pongono con trepidazione al presidente del Consiglio, avessero avuto una risposta improvvisa ed eloquente. Come se il futuro italiano si fosse svelato ai loro occhi, dietro quelle maschere ridanciane e spudorate, diffuse, con malizioso compiacimento, sui giornali, le tv e gli schermi di Internet in tutto il mondo.
A quasi un anno dall’inizio della durissima prova a cui è stato sottoposto il nostro Paese, si è ormai capito che l’immagine dell’Italia, la percezione che in Europa si ha del nostro paese e dei nostri governanti, condizioni pesantemente sia i mercati finanziari, sia le istituzioni europee. E’ quell’immagine che rende credibili gli impegni di risanamento dei nostri conti pubblici. Quell’immagine fa sperare che le riforme approvate o solo annunciate abbiano veramente effetti concreti sull’economia italiana. Quell’immagine garantisce che anche le parti sociali abbiano compreso l’esigenza di rinunciare alle difese corporative e accettino di cambiare passo, per salvare il futuro dei giovani, le vere vittime di anni di dissipazione pubblica e di egoismo privato.
Le preoccupazioni di Monti e del suo grande «lord protettore», Giorgio Napolitano, sono condivise anche dal presidente della Bce, il quale le inserisce pure in un quadro europeo che mostra sintomi di inquietante allentamento degli impegni promessi. Draghi nota le titubanze e gli affannosi negoziati del premier spagnolo, Mariano Rajoy, soprattutto con la Merkel, per evitare di chiedere quegli aiuti all’Europa che lo costringerebbero a imporre ai suoi connazionali una medicina ben più amara di quella che già stanno sorbendo. Ma ha accolto, con allarme, pure le sparate propagandistiche di Berlusconi sull’abolizione dell’Imu, in caso di una nuova vittoria elettorale del centrodestra italiano. Un segnale di come l’imminenza della campagna elettorale nel nostro paese possa spezzare il precario accordo della «strana maggioranza» che sostiene Monti sulla necessità di non abbandonare la strada del rigore finanziario.
I timori dei tre presidenti sono fondati sull’esperienza di chi sa come la fiducia si conquisti con molta fatica e la si perda con molta facilità. I sacrifici che in questi mesi stanno facendo gli italiani non meritano di essere sprecati.
La Stampa 26.09.12
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