«La politica deve cambiare. Mi pare che la situazione sia arrivata a un punto insostenibile, credo che la Polverini stessa abbia fatto un gesto che va comunque sottolineato». Per Pier Luigi Bersani, che chiude a Milano la festa democratica, è inevitabile parlare della situazione del Lazio, che definisce «un caso drammatico», e delle dimisioni della presidente. Il segretario dei Democratici ribadisce che lo scandalo della Regione Lazio pone l’urgenza dell’adozione di «nuove regole». «Non a caso noi facciamo le primarie, perché questo tema del rapporto tra politica e società è il problema numero uno. È essenziale che le istituzioni riacquisiscano credibilità nei confronti dei cittadini dice Quello che serve è una terapia d’urto».
Un tema che richiama anche le primarie, per le quali a breve, il 6 ottobre, il Pd fisserà oltre ai tempi le proprie regole. A partire dall’albo non gradito ai renziani, ma che per Bersani è semplicemente «un registro normale di chi va a votare», «una norma anti-Batman, non anti-Renzi». «Renzi aggiunge fa bene ad aver fiducia. Le regole non sono da cambiare ma da fare, perché facciamo le primarie insieme agli altri. E fa bene ad aver fiducia perché l’albo è una norma anti-Batman». Il Patto dei democratici e dei progressisti, ovvero la Carta d’intenti cui aderire per partecipare alla consultazione, verrà firmato il 13 ottobre. Ma, prima di arrivare a quella data, sono già in calendario una serie di incontri di confronto sulla piattaforma, mercoledì prossimo con gli amministratori locali, l’8 ottobre con i movimenti della società civile. E Bersani, dopo lo scandalo dei rimborsi che ha travolto la Regione Lazio, intende riunire già stasera anche i presidenti regionali e i capigruppo del Pd per «discutere di costi, trasparenza e terzietà dei controlli: perché è chiaro dice che bisogna fare un salto di qualità». Serve «una terapia d’urto su un problema generale, come ha detto il presidente dell’Emilia-Romagna Vasco Errani continua poi perché laddove si consentono deviazioni così macroscopiche dalla trasparenza e persino dal buonsenso, è chiaro che si finisce per mettere tutti nel mucchio». Ancora: «C’è un colpo di reni da dare su tutto il sistema, anche a livello politico e istituzionale». Riguardo la possibilità che lo scandalo si possa estendere ad altre regioni, Bersani replica che in «questa curiosa Italia» si oscilla tra «una spesa per la gestione di un Consiglio regionale, con annessi e connessi, come quello dell’Emilia-Romagna di 8 euro per abitante ai 18 del Lazio. Bisogna superare questa cosa, non è ammissibile, non c’è autonomia regionale che tenga. Bisogna intanto darsi regole pari e controlli terzi. E vedere di fare interventi seri per ridurre i costi». Da qui l’incontro di stasera per fissare regole e paletti.
GOVERNO COMPATTO
Si va delineando intanto il recinto dell’alleanza dei progressisti: dentro Nichi Vendola (Sel) e Riccardo Nencini (Psi), fuori l’Idv di Antonio Di Pietro. «Al prossimo giro ci vuole un governo compatto che non abbia problemi in casa perché ci sono già troppi problemi fuori»: inizia così il segretario del Pd parlando di alleanze e del rapporto con l’Idv. «Credo che la palla sia di là continua Da mesi io mi pongo un problema che rimane quello: le alleanze non si improvvisano, richiedono coerenza. Non intendo andare a dire agli italiani chiarisce che improvvisamente scoppia la pace, dopo che hanno visto mesi di guerra, non fatta da noi: non si può chiedermelo. Io non ho mai detto una frase men che rispettosa nei confronti dell’Idv». Dichiarazioni cui replica a stretto giro Di Pietro: «Noi non abbiamo fatto né una dichiarazione di guerra né una dichiarazione di pace, abbiamo proposto una piattaforma programmatica insieme a Sel e vogliamo sapere se il Pd ci sta oppure no. La ragione per cui i nostri rapporti politici si sono interrotti prosegue è solo perché il Pd ha deciso di appoggiare il governo Monti anche quando ha fatto provvedimenti iniqui come quelli a danno dei lavoratori. Provvedimenti dai quali abbiamo preso in maniera netta le distanze».
E del governo Monti, appunto, parla anche Bersani, a partire dal fatto che l’Udc di Casini ne vorrebbe la replica: Monti è «una persona importante anche per le prospettive del Paese» ma è «meglio lasciarlo fuori dalla contesa elettorale», spiega il segretario Pd. «In questo momento dice poi è un riferimento anche per lo sguardo internazionale che c’è su di noi. E credo che lo si debba preservare dalla contesa politica». In altri termini: «Alle prossime elezioni l’Italia farà quel che fanno altri Paesi normali nelle democrazie occidentali: sceglierà una maggioranza in grado di esprimere un governo. Dopodiché chiude credo che Monti sia un profilo prezioso, una persona importante anche per le prospettive del Paese».
Resta alta l’attenzione del Pd anche sul caso Fiat, «una questione che rimane aperta anche dopo l’incontro tra Marchionne e il governo», ricorda Bersani. Il punto è che Fiat «deve chiarire se è in grado di investire in innovazione dice Se è in condizione di dare una prospettiva agli stabilimenti o se invece bisogna pensare a qualcos’altro». In gioco, tra dipendenti diretti e indotto, c’è il futuro lavorativo di 1 milione di persone. E «immaginare un’altra stagione di ammortizzatori costosi per i lavoratori e per lo Stato, senza una prospettiva produttiva certa diventerebbe un problema molto serio». In altre parole: «Gli ammortizzatori servono nella transizione verso il rilancio. E sono queste settimane il tempo giusto per valutare la situazione. Se si fanno passare i mesi si arriva tardi e male».
L’Unità 25.09.12
Pubblicato il 25 Settembre 2012