Cassa integrazione in deroga per superare la fase di transizione e aiuti europei in funzione anticrisi per “sterilizzare” il mercato comunitario. La “proposta indecente” che l’amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne si accingerebbe a mettere sul tavolo del governo nell’incontro di sabato con il presidente del consiglio Mario Monti presenta più di un’incognita, sia in tema di copertura finanziaria sul possibile accesso a nuovi ammortizzatori sociali sia sul fronte della strategia comunitaria.
Nel primo caso, con la cassa integrazione ordinaria e straordinaria agli sgoccioli e già “prenotata” per il prossimo ottobre in diversi siti produttivi, quel che Sergio l’amerikano si accinge a chiedere al governo con il ricatto occupazionale della chiusura di uno o più stabilimenti, è un sostegno nella fase di transizione. Una fase che rischia di prolungarsi ben oltre la fine di quest’anno visto che anche per il prossimo c’è chi vede nero per il mercato dell’auto. E non solo. I modi del top manager, stile uno «che non deve chiedere mai», non devono trarre in inganno visti i sussidi incassati negli Usa e quelli oggi dilazionati in Serbia.
Tuttavia, la cassa integrazione in deroga pone più di un problema ad un governo che proprio ieri ha dovuto correggere i dati macroeconomici nella nota di aggiornamento al Def, prendendo atto di un peggioramento della congiuntura ben oltre le stime primaverili (-1,2%). A fronte di un Pil 2012 crollato del 2,4% e di una crescita negativa per il 2013 dello 0,2%, oltre che al netto dell’impegno al pareggio di bilancio nel 2013 confermato anche ieri, il margine di manovra dell’esecutivo è estremamente ridotto. Tanto più alla luce del decreto sviluppo per 400 milioni di euro che ha fatto ieri un primo giro di tavolo in consiglio dei ministri in vista del varo la prossima settimana.
Tuttavia, se sul piatto della bilancia si mette il milione di posti di lavoro a rischio (tra gruppo Fiat e indotto) per un’eventuale uscita del gruppo dal suolo natìo, si capisce come il governo possa essere tentato di scendere a patti. Magari avendo rassicurazioni circa le preoccupazioni – torinesi ma non solo – di uno svuotamento della testa del gruppo con lo spostamento della progettazione e dei ruoli strategici da Torino a Detroit. Un incontro, quello di sabato, tutt’altro che interlocutorio se il ministro Fornero ha avvertito che «non sarà un monologo ma un dialogo» e il premier Monti si attende un confronto produttivo e significativo.
Più complicata l’altra faccia della medaglia. Nonostante, in questo caso, non ci sia nessuno in Europa – ad eccezione di Monti – in grado di riuscire a portare a casa quella che per Marchionne & Co. sarebbe senza dubbio la partita più grande. Sergio l’amerikano che a Detroit è uno di loro tanto da fare convention oceaniche con i concessionari Chrysler, in Europa si muove come un elefante in una cristalleria. Lo ha fatto con gli altri costruttori automobilistici, tanto da essere quasi messo alla porta dai tedeschi.
Monti è invece un uomo europeo, è un ex commissario alla concorrenza, sa su quali tasti battere e soprattutto l’intesa sul fronte della crescita con il presidente francese Hollande (che pure ha problemi con il gruppo Psa Peugeot) potrebbe portare risultati anche sul mercato europeo dell’auto. Ma Monti, che vede la ripresa, sottolinea che l’incontro con i vertici Fiat avviene «per coincidenza temporale e anche logica» in contemporanea con il confronto con le parti sociali sulla produttività. Marchionne è avvertito.
da Europa Quotidiano 21.09.12
Pubblicato il 21 Settembre 2012