attualità, politica italiana

"La mangiatoia degli ex missini", di Filippo Ceccarelli

Domandina innocente, ma fino a un certo punto. Come mai gli ex missini sono, o appaiono, o comunque risultano, in tutte queste storie, i più famelici? Quale misteriosa energia spinge questi attempati giovanotti? Sono cresciuti con il mito della Patria, dell´Ordine, della Gerarchia, dell´Onore, della Tradizione e via dicendo. E ora perché sono lì ad abboffarsi senza requie nei ristoranti di lusso? Quale maligno incantesimo, quale invincibile demonio li obbliga oggi a smaniare e a vendersi l´anima e la reputazione per una casa con un buon indirizzo o per una villa, un Rolex d´oro, una macchina di alta cilindrata, un autista servizievole, uno champagne millesimato, una vacanza esotica, una consulenza alla Rai, una escort che lo è, ma non lo sembra?
Quando Francone-Batman rivendica di sentirsi «il federale» non viene più nemmeno in testa quella fantastica pellicola con Ugo Tognazzi (1961). E a guardare tanti suoi ex camerati, quegli stessi che in gioventù rischiavano o prendevano le botte nelle scuole o sotto casa, si resta attoniti come dinanzi a un sogno che è svanito.
Adesso fanno anche un po´ ridere gli effetti del risveglio. Però il ripudio degli ideali, la secolarizzazione nera, come quella bianca e quella rossa, si rivela col tempo una faccenda molto seria e anche un po´ triste. Ma quale fascismo! Questi che saturano le cronache con i loro grossolani desideri hanno in realtà acchiappato il peggio dei loro nemici, quegli stessi che per anni e anni li avevano rinchiusi in un recinto per appestati, o li avevano seppelliti nelle catacombe a lucidare mortiferi labari e polverose reliquie; prima che il Cavaliere gli restituisse la vita all´aria aperta, ma sempre stando bene attento che ai nuovi alleati un po´ rimanesse appiccicato il complesso d´inferiorità, che nel caso specifico ha tuttora e a buon ragione il nome di «impresentabilità».
No, non è nostalgia, «ah, i buoni fascisti di una volta!». E´ che ora la compromissione dei post-missini in ciò che un tempo definivano «il regime» s´è intensificata e accelerata, e la trasformazione non solo li ha visibilmente e definitivamente stravolti, ma li sta anche perdendo, forse per sempre.
Famelici, sì. «È ora famelica, l´ora tua, matto./ Strappati il cuore» (Ungaretti). E se pure non esiste un attendibile strumento che misuri il primato della bulimia di potere degli ex missini rispetto ai leghisti, per dire, o ad altri eroi dell´appropriazione selvaggia. Ma certo a Roma, con Alemanno, il processo è vistoso, asfissiante, spesso ridicolo perché al tempo stesso sorcio e tracotante.
Fecero impressione, quando fu eletto, i saluti romani, ma oggi francamente spaventano di più le parentopoli Ama e Atac, gli sprechi pazzeschi, le arcane consulenze, i capricci di elicotteri acquistati, i «Punti verdi» di sospetto lucro a schermo ecologico, gli orrendi e costosi alberi di Natale commissionati ad agenzie amiche, poi ritirati e ripiantati in periferia, gli uffici di comunicazione che proliferano improbabili professionalità, a loro volta da girare ad altri enti a prova di elezioni ormai date per perse. E gli incredibili videoclip di santificazione del sindaco, i sogni di bolidi sfreccianti, i pomposi Stati Generali e milionari, gli ex banditi della Magliana e gli ex terroristi dei Nar «sistemati» su comode poltrone.
La tentazione è che si tratti di fame antica, atavica, ancestrale. Una sorta di risarcimento che lega i poveri pasti dei padri epurati, le minestre degli enti di assistenza, oppure i «ranci» militareschi, al massimo le porchettate nel ristorante vicino al Luna Park all´odierno raffinato magna-magna, agli smoking, ai Suv, ai red carpet, alle hostess e ai buttafuori con l´auricolare in vista, insomma all´odierna e ostentissima pacchia.
L´inventore della «Festa dei nonni», il giovanissimo Samuele Piccolo, recordman di preferenze al Consiglio comunale, è finito in prigione con qualche parente. Durante la perquisizione agli uffici del clan volavano i documenti dalla finestra e gli armadi sigillati dalla Guardia di finanza sono stati violati. Si è poi scoperto che i Piccolo si erano anche agganciati alla cabina dell´Enel per recuperare elettricità.
In Campania ci sono esponenti, come l´onorevole Landolfi, sotto accusa per avere avuto impicci con la Camorra; mentre da qualche mese l´onorevole Laboccetta è nei guai per i suoi stretti rapporti con il mondo delle società del gioco d´azzardo. Ma dietro le questioni giudiziarie tuttora aperte, per gli ex missini del Pdl ma anche per Fini e per quelli che l´hanno seguito nel Fli, s´intravede un andazzo di villana ostentazione, una voglia pazza o forse addirittura un destino di edonismo disperato e a buon mercato.
Vita comoda, case all´estero, viaggi esotici, servizi fotografici patinati, le carte di credito della Rai utilizzate per le spesucce dall´onorevole Rositani, i premi Almirante in prima serata, l´«Ignazio Jouer» di Fiorello, le poltroncine bianche di Vespa, l´amichetta che presenta il 150°, le fiction futuriste, i quotidiani che durano mesi, l´imitatrice che la Polverini («A´ bellaaa!») ha voluto portarsi a pranzo in regione, le sfilate di moda baby, i compleanni con Novella2000, le maxi-torte, Malgioglio e la principessa Borghese.
Peppino Ciarrapico, in fondo, insediato com´era nel formaggio dell´andreottismo all´ultimo stadio, era un profeta della trasformazione degli «esuli in Patria» in gaudenti uomini di potere, e più in generale del percorso che dal trittico «Dio Patria e Famiglia» inesorabilmente li avrebbe convertiti, o adeguati, o perfino addomesticati lungo l´asse degeneratasi in: «Io Patrimonio e Tengo Famiglia».
Hai voglia poi a intitolare qualche strada «via Almirante». E hai voglia a invocare le foibe e intanto prendersela con Berlusconi. Il vuoto di ideali si è riempito di soldi, voglie, esibizionismo, vanità. In altre parole si è colmato di nulla, del Nulla. La fine della diversità è l´inizio della fine. Francone-Batman, Polverini e gli altri ex camerati non possono farci nulla. Dopodomani, d´altra parte, non importerà a nessuno sapere chi vinse il campionato di voracità, avendolo perso l´intero paese.
La Repubblica 21.09.12