La mirabile di sintesi è di uno che ci è cresciuto in mezzo: «Sono passati dal me ne frego d’opposizione al me ne frego di tutto. Anzi, me frego tutto». Potrebbe finire qui la storia della destra romana arrivata al Campidoglio (con Gianni Alemanno nel 2008) e in Regione (con Renata Polverini nel 2010) dopo un’esistenza ai margini politici ed esistenziali. Un’occasione irripetibile rottamata da sé in una gestione non indimenticabile della cosa pubblica e nello spettacolare e impadellato saccheggio dei denari regionali. Lo chiamavano sistema laziale poiché sindaco e governatrice provengono dai ranghi missini, e c’era qualcosa di particolarmente evocativo – i colli fatali e paccottiglia varia – e particolarmente affascinante nella rivincita dei fuoriusciti dalle catacombe, grazie anche a Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. Ma se davvero era un sistema, e i dubbi abbondano, era un sistema basato su una persona: Andrea Augello.
Cinquantuno anni, prodotto del Msi, senatore del Pdl, gran galantuomo, gran conoscitore della capitale e della politica, Augello è stato il superbo organizzatore della campagna elettorale di Alemanno e Polverini. Oggi ci va giù con la schiettezza di chi è amareggiato: «Il sindaco non ha dato segnali di discontinuità reale». E sui camerati di merende: «E’ andato tutto ben al di là di quello che potevamo temere, conoscendo i personaggi. È un capitolo che conclude l’illusione di riprendere in mano la faccenda con strumenti ordinari. Ne servono di straordinari, bisogna sospendere il presepe di cariche nel partito, formare una squadra stretta come in campagna elettorale, cercare di giocarsi la partita nel tempo che rimane, se basterà». Non basterà, e lo sa anche Augello sebbene non lo dica. Negli occhi dei romani si riflette una classe dirigente crassa, sventata, famelica, inesperta. «Quelli di sinistra – dicono oggi i ragazzi della destra irriducibile di Colle Oppio sono stati abituati sin da ragazzi a gestire qualcosa, e quando rubano lo fanno con stile, con contegno, e non radono al suolo come abbiamo fatto noi».
La semina era cominciata a inizio anni 90 in una convivenza anche aspra fra destra sociale e destra protagonista, due anime di pretesa durezza e purezza, e fiorita nel più produttivo associazionismo, nelle periferie, all’università. Poi è arrivata la vendemmia, e s’è alzato il gomito. Questo popolo prima emarginato, pervaso di rabbia e senso d’inferiorità, ha dato sfogo a un bulimia monumentale, ha trasformato le occasioni conviviali – cioè la sede dell’affare e della congiura da Giulio Cesare fino a La Russa-Gasparri-Matteoli che si vedevano dal Caccolaro per tramare contro Gianfranco Fini – in una crapula liberatoria. «Sembriamo quelli che uscivano dai lager digiuni da così tanto che s’abbuffavano fino a morire d’indigestione», dice un anonimo ex An. E non è stato nemmeno uno show sfavillante, tutta roba minore, foto su Parioli Poket, ristoranti del viterbese. Non gli pareva vero – spifferano in comune – di ricevere telefonate di amici degli amici che caldeggiavano Andrea Carandini («E’ un piacere sapere che soffre»), uno da cui erano sempre stati snobbati. Un orizzonte semplicemente contenuto fra il senso di rivincita e lo champagne tracannato dalla scarpetta.
«No! Mi rifiuto! Quelli non sono di destra! Col cavolo! Sono solo ladri! Sapete quanto ci soffro? ». L’ex governatore del Lazio, Francesco Storace, ora leader della Destra, se la cava così sebbene Franco Fiorito fosse stato suo uomo. E non importa se lui fu il prequel del sistema Lazio conquistando la Regione, e un prequel dissolto nella storiaccia dello spionaggio ad Alessandra Mussolini. Storace rivendica la bontà (controversa) della sua presidenza, e della Polverini dice che è «un bravissimo governatore e l’altro giorno si è dimostrata tosta. Abbiamo tagliato 20 milioni di spese in poche ore». È convinto sia un segnale sufficiente. Anche per la destra «rovinata da Gianfranco Fini». Su Alemanno il giudizio è sanguinoso: «In quattro anni non si ricorda una sola sua opera degna di menzione». Forse perché il sistema Lazio non è mai cominciato. E intanto la destra romana sta finendo.
La Stampa 19.09.12
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“Lazio, con Polverini decuplicati i soldi al Consiglio”, di Jolanda Bufalini e Angela Camuso
Il cataclisma politico che si è abbattuto su Renata Polverini e sul Pdl del Lazio è ben lontano dall’essere finito. Tanto che per i vertici nazionali del partito è ancora allarme rosso, l’inchiesta potrebbe allargarsi ad altri esponenti Pdl, e preferiscono tenersi defilati lasciando la patata bollente a Renata Polverini. Ieri è stato interrogato Francesco Angelucci, commercialista del gruppo Pdl mentre quasi certamente oggi si svolgerà l’interrogatorio di Fiorito. Intanto emergono nuovi particolari sulla frenetica attività immobiliare dell’ex sindaco di Anagni: 4 o 5 case a Roma, altrettante ad Anagni, una a Tenerife che, rivela un servizio del Tg di Mentana su la 7, Fiorito l’avrebbe ereditata dal padre. Ma è proprio nella località spagnola che Francone ha scelto di aprire 5 dei 12 conti personali alimentati dai soldi deio contribuenrti. La casa a Punta Rossa, la località più esclusiva del Circeo, è stata acquistata con un mutuo acceso con la filiale Unicredit di piazza dell’Industria a l’Eur. Un bel conto su cui arrivavano le tre indennità cumulate dal capogruppo, che è anche presidente della commissione bilancio e tesoriere, oltre che il contributo per le relazioni con l’elettorato. Entrate che gli consentivano di staccare assegni dalle cifre molto importanti, ce n’è uno di 36.000 euro di cui non si conosce il destinatario. Negli affari Fiorito avrebbe coinvolto anche la mamma, Anna Tintori, cointestataria di un conto ad Anagni, sempre presso la filiale Unicredit. La signora, però, non avrebbe mai fatto alcuna operazione. Tutti motivi di preoccupazione che hanno portato, ieri, una parte di ex An (La Russa, Meloni, Rampelli) a riunirsi a lungo alla Camera. Intanto la presidente che ha incassato il sostegno di Alfano e l’incoraggiamernto di Berlusconi ha chiesto che il capogruppo Pdl alla Regione lasci l’incarico: «Battistoni è coinvolto, suo malgrado, nella vicenda giudiziaria e il partito dovrebbe essere liberato da questi problemi». Alla Pisana, intanto, è in corso la guerra dei numeri.
I NUMERI DEI TAGLI
Polverini ha annunciato 20 milioni di tagli ma il taglio vero si limiterebbe a 10 milioni perché altri 10 sono relativi al progetto ora abbandonato di costruire una nuova palazzina. Sostiene il capogruppo Pd Esterino Montino: «l’anno prossimo non ci sarà un’altra palazzina da definanziare».
CONSULENZE E ASSESSORI
Non solo, le consulenze di cui si avvale la giunta, costano 50 milioni l’anno di cui 30 per la sola sanità. Costano 5 milioni ogni anno gli assessori esterni, privi di mandato elettorale ma beneficiati con un vitalizio e, sostiene Vincenzo Maruccio, capogruppo Idv, «Polverini li ha nominati con un decreto e con un decreto potrebbe revocarli». Fra le proposte dell’opposizione, inoltre, c’è l’abolizione delle indennità di funzione, non prevista dall’odg Polverini.
CORRESPONSABILITÀ
Un altro capitolo riguarda l’estraneità della «zarina» alle allegre malefatte della sua maggioranza, intanto perché è lei stessa consigliere e poi perché Polverini era in Aula, durante la sessione di bilancio 2011, quando fu bocciata la proposta di dimezzare le 20 commissioni, operazione che si sta facendo adesso sull’onda dello scandalo. Un po’ di conti li fa l’ex presidente del consiglio regionale del
Lazio, Guido Milana: nel 2009 i contributi ai gruppi consiliari erano di 1.836.150, oggi sono di 9.217.000 per soli sei mesi. Il bilancio del consiglio nel 2009 era di 70 milioni, nel 2011 è di 13 milioni. Il contributo ai gruppi consiliari, dunque, è aumentato di 10 volte. E su questo generoso largheggiare Francone Batman Fiorito ha costruito la sua fortuna in capitali e, forse, in beni immobili . Ma il problema non finisce qui. Solo tre gruppi: Radicali, Pd e Sel hanno pubblicato on line il loro bilancio. Si può leggerli con l’amaro in bocca ma, almeno, si tratta di conti certificati. Fra i conti di cui non si sa nulla c’è quello della Lista Polverini, ora la presidente promette che lunedì il bilancio sarà certificato on line.
In tutta fretta si sta approvando la riduzione dei consiglieri da 70 a 50. Ma il Lazio è stato capofila delle regioni che hanno fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro il provvedimento previsto dalla spending review. Infine c’è il gigantesco capitolo delle società partecipate, Enzo Foschi (Pd), propone all’opposizione di dimettersi dai CdA, come si è fatto per le commissioni.
L’Unità 19.09.12
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